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“A che servono i Greci e i Romani”? La risposta in un nuovo libro, omaggio alla classicità

Il prof. Maurizio Bettini spiega come attraverso gli studi classici possiamo comprendere il mondo attuale, come anche aver padronanza della lingua e della letteratura italiana. Ma urgono cambiamenti didattici per avvicinare gli studenti al mondo greco e latino.
A cura di Silvia Buffo
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William Adolphe Bouguereau- "La giovinezza di Bacco", 1884
William Adolphe Bouguereau- "La giovinezza di Bacco", 1884

Il problema dell'utilità o meno dei classici si ripropone sempre più negli ultimi anni con interessanti interventi da parte di latinisti, grecisti, filologi. In libreria troviamo libri, che sono vere e proprie apologie della classicitità, da "La Lingua geniale" di Andrea Marcolongo a "Viva il Latino. Storie e bellezza di una lingua inutile" di Nicola Gardini. Sono anni in cui il dibattito sull'argomento si fa più acceso, anche a livello scolastico e ministeriale sono in corso proteste e rivalutazioni su come debba essere riformulato il Liceo Classico, che negli ultimi tempi vede un calo più netto delle iscrizioni: indubbiamente si è creato un inevitabile scollamento fra la didattica tradizionale del greco e del latino, che per sua natura richiede uno studio lungo e estremamente analitico, e la ‘velocità' a cui le nuove generazioni sono abituate al giorno d'oggi, alimentata dall'innovazione digitale, che ci porta ad usufruire delle conoscenze con un semplice clic.

Il problema non sono i classici ma la didattica tradizionale, ormai obsoleta

La vita odierna sembrerebbe esser troppo distante rispetto agli studi classici, intesi in senso stretto, eppure possiamo coniugare le esigenze del tempo attuale con la cultura classica, che dovremmo intendere come l'insieme delle nostre origini da riscoprire, un patrimonio da cui attingere ogni qualvolta necessitiamo di comprendere meglio il mondo d'oggi. Lo spiega bene Maurizio Bettini, saggista e scrittore, docente Filologia classica all'Università di Siena, nel suo libro "A che servono i Greci e i Romani", edito da Einaudi. Bisogna impedire che gli studi classici si estinguano come sta avvenendo nei licei e bisogna farlo con nuovissimi metodi didattici che possano essere trainanti di curiosità verso discipline come il greco e latino, ricche di stimoli ma che se trattate con una didattica ormai fuori luogo, rispetto al tempo attuale, rischiano di apparire obsolete.

Studiare i classici per avere padronanza della nostra lingua e della letteratura italiana

Ogni aspetto del mondo attuale è stato edificato millenni prima, basterebbe questa consapevolezza a suscitare amore verso la classicità, la padronanza della nostra lingua sarebbe limitata senza lo studio del latino e del greco, così come comprendere la nostra letteratura: senza lo studio dei Greci e dei Romani non possiamo afferrare fino in fondo le opere di Dante Alighieri, solo per citare il più emblematico poeta della letteratura italiana, così come molti altri scrittori, da Petrarca a Leopardi, spingendoci fino al ‘900, la percezione della letteratura sarebbe di gran lunga ridotta.

Un'ondata di rinnovamento per salvare gli studi classici

Ma secondo il prof. Maurizio Bettini i metodi di trasmissione di questa cultura richiedono rinnovamento, ci si potrebbe approcciare alla cultura classica, non solo con le rigidissime traduzioni, seppur di fondamentale importanza, ma anche attraverso nuove vie, come il teatro, i monumenti, l'eredità della cultura classica nelle opere moderne. Inoltre secondo Bettini anche l’esame di maturità andrebbe riformulato, spostando il focus dalla traduzione in senso stretto alla contestualizzazione storica e culturale del testo. Le vie per riscoprire le nostre radici classiche sono infinite. Il male più assoluto sarebbe quello di fossilizzarsi su metodi di trasmissione del sapere ormai obsoleti. Cultura è anche innovazione.

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