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Elezioni politiche 2018

Cos’è la flat tax del centrodestra e perché è un’assurdità

Forza Italia è tornata a proporre il suo cavallo di battaglia, la flat tax, questa volta sostenuta fortemente anche dall’alleata Lega di Matteo Salvini. Ma questa proposta è realizzabile oppure è il solito specchietto per le allodole da campagna elettorale?
A cura di Charlotte Matteini
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La flat tax è tra le proposte al centro del dibattito pubblico in queste settimane di campagna elettorale. Lanciata prima dalla Lega di Matteo Salvini (che la vorrebbe al 15%) e poi da Forza Italia di Silvio Berlusconi (che invece la vorrebbe al 23%), la flat tax è stata inserita nel programma di coalizione condiviso siglato dai leader di centrodestra pochi giorni fa. "Riforma del sistema tributario con l’introduzione di un’unica aliquota fiscale (Flat tax) per famiglie e imprese con previsione di no tax area e deduzioni a esenzione totale dei redditi bassi e a garanzia della progressività dell’imposta con piena copertura da realizzarsi attraverso il taglio degli sconti fiscali", si legge nel capitolo dedicato alle riforme fiscali. Ma questa flat tax come funziona? Ma soprattutto, la flat tax può davvero essere introdotta nel nostro ordinamento? La risposta alla seconda domanda è no, per una lunga serie di motivi.

Che cos'è la flat tax e come funziona

La flat tax in sostanza prevede il pagamento di un forfait basato su un'unica aliquota fiscale fissa su redditi da lavoro e da società di capitali, dunque è un sistema che non prevede la proporzionalità ma non la progressività fiscale con aliquote differenziate per scaglioni di reddito. Per fare un esempio, con l'introduzione della flat tax si passerebbe dall'attuale Irpef (Imposta sui redditi delle persone fisiche) basato su 5 aliquote crescenti con no tax area fino a 8.000 euro di reddito annuo, a una sola aliquota forfettaria (al 15% o 23%) uguale per tutti, indipendentemente dal reddito dichiarato. In sostanza, correttivi e deduzioni per le fasce meno abbienti a parte, un impiegato che guadagna 30.000 euro lordi all'anno pagherebbe la stessa aliquota di un manager che percepisce 200.000 lordi l'anno.

La flat tax non è una strampalata proposta di Berlusconi e Salvini, ma è stata ideata per la prima volta negli anni '50 dall'economista e premio Nobel statunitense Milton Friedman e nel corso del ventunesimo secolo alcuni stati basano il proprio sistema fiscale sul principio della flat tax, ad esempio i paesi baltici (Estonia al 24%, Lettonia al 25%, Lituania al 33%), la Russia ha una flat tax al 13%, l'Ucraina al 15%, la Romania al 16%, la Macedonia al 12%, l'Albania e la Bulgaria al 10%. La Slovacchia per qualche anno ha introdotto una flat tax al 19%, ma nel giro di pochi anni ha dovuto tornare sui propri passi ripristinando il sistema fiscale ad aliquote progressive. Attualmente anche in Italia vige già una sorta di flat tax, l'Ires, che tassa i redditi delle società al 24% e si basa su un'unica aliquota fiscale.

Quanto costerebbe la flat tax all'italiana e a chi converrebbe

Presentando la proposta, il leader di Forza Italia ha dichiarato: “Abbiamo calcolato che il primo anno ci saranno entrate minori dell’erario per 30 o 40 miliardi, ma andiamo a recuperare tra gli 87 e i 130 miliardi, quindi calcoliamo che entreranno almeno 40 miliardi di tasse in più derivanti dalla non evasione e dalla non elusione”. Tecnicamente l'abbassamento della pressione fiscale potrebbe aumentare il gettito per l'erario andando a diminuire l'evasione fiscale, ma dati alla mano le previsioni di Berlusconi sono piuttosto ottimistiche. Nel 2014 LaVoce calcolò che una flat tax al 20% con no tax area fino a 13 mila euro costerebbe intorno ai 95 miliardi in mancate entrate. Anche alzando l'aliquota al 23% e non prendendo in considerazione la proposta salviniana del 15%, non si arriverebbe comunque ai 30-40 miliardi ottimisticamente paventati dal leader di Forza Italia.

Stando invece ai calcoli dell’Istituto Bruno Leoni, che da anni propone una flat tax al 25% e ha criticato aspramente la proposta del centrodestra, la misura avrebbe un costo di circa 70 miliardi di euro. "Se, ottimisticamente, tutti i 230 miliardi emergessero alla dogana di Lugano e lo Stato italiano potesse dunque tassarli al 20 o al 15 per cento con una maggiorazione, potrebbe arrivare a incassare un massimo di 50 miliardi”, spiegava LaVoce, basando comunque i propri calcoli sulla tassazione attualmente in vigore. Con la flat tax, anche si riuscisse ad azzerare completamente l'evasione fiscale, il recupero sarebbe di gran lunga inferiore perché l'aliquota da applicare sarebbe di molto inferiore.

Ma a chi gioverebbe questa misura che il ministro dell'Economia Padoan ha definito "la bacchetta magica o la fatina blu, una proposta miracolosa, spesso divertente da ascoltare. Ma senza coperture"? Ebbene, conti alla mano la flat tax favorirebbe i ricchi e non le persone meno abbienti. Prendendo a paragone i dati del Mef dell'anno 2016, i contribuenti Irpef sono circa 41 milioni. Di questi, 12,2 milioni di contribuenti hanno un'imposta Irpef pari a zero perché rientrano nella no tax area o usufruiscono di detrazioni in grado di azzerare l'imposizione fiscale e dunque non trarrebbero dalla flat tax alcun beneficio. Il 45% dei contribuenti dichiara solo il 4,5% dell'Irpef totale e si colloca nella classe fino a 15mila euro (i redditi tra gli 8.000 euro e i 15.000 vengono già tassati al 23%). Nella fascia tra i 15mila e i 50mila euro si posiziona il 49% dei contribuenti, che dichiara il 57% dell'Irpef totale, mentre solo il 5,2% dei contribuenti dichiara più di 50.000 euro, versando il 38% dell'Irpef totale.

Perché la proposta del centrodestra è un'assurdità

Sebbene la flat tax sia stata ideata da un economista di indubbia fama e sebbene sia stata introdotta in vari paesi europei e dell'extraeuropa, la flat tax in salsa italiana proposta dalla coalizione di centrodestra è irrealizzabile. Partendo dal presupposto che la Costituzione italiana, all'articolo 53, prevede che il sistema fiscale sia basato su criteri di progressività della tassazione in ragione della capacità contributiva di ogni singolo cittadino, con qualche (pesante) aggiustamento a livello di no tax area e deduzioni anche la flat tax potrebbe diventare "costituzionale". La proposta del centrodestra, però, viene però inserita all'interno di un lisergico programma che prevede da un lato un drastico abbassamento della pressione fiscale e dall'altro non un taglio della spesa pubblica, ma un pesante aumento della stessa, soprattutto a livello pensionistico, condizione che di fatto la rende inapplicabile e irrealizzabile e che porterebbe allo sforamento del Patto di Stabilità europeo recepito in Costituzione.

Per quale motivo la flat tax è così osannata dal centrodestra? Il funzionamento del sistema fiscale ad aliquota unica si basa su una teoria economica elaborata dall'economista Laffer. Secondo la teoria della curva di Laffer, una riduzione dell'imposizione fiscale genererebbe una crescita del gettito fiscale. A livello teorico, dunque, la flat tax contribuirebbe a ridurre l’evasione fiscale e a spingerebbe la crescita economica di un Paese, tuttavia le esperienze estere evidenziano anche un pesante impatto per l'erario e un aumento del deficit nel medio termine.

Prendiamo il caso della Slovacchia, unico Paese ad aver introdotto la flat tax e al contempo aver adottato l'Euro. Come spiega un articolo del Sole 24 Ore, "la Slovacchia è l’unico paese dell’ex blocco sovietico ad aver introdotto la flat tax e ad aver adottato al contempo l’euro. Nonostante il Fondo monetario internazionale avesse messo in guardia il governo slovacco suggerendo una introduzione graduale della flat tax nell’arco di tre anni, la Slovacchia è partita a tutto gas nel 2004 con un’aliquota unica al 19% per reddito ed imprese. A distanza di quattro anni dall’introduzione dell’euro e a nove anni dell’entrata in vigore della flat tax, il nuovo governo di centrosinistra ha fatto un’inversione ad U, reintroducendo le aliquote fiscali progressive come parte dell’austerity tornata in auge. Tale decisione ha favorito l’incremento del gettito fiscale dal 34% del Pil nel 2012 al 40% nel 2015. Non sono mancati i segnali di ripresa anche da tutti gli altri indicatori economici. Uno dei problemi principali sarebbe proprio quello di far quadrare i bilanci. Il Fiscal Compact impone ai governi di mantenere in pareggio o avanzo la posizione di bilancio della pubblica amministrazione e al tempo stesso di ridurre il rapporto debito/Pil. Storicamente i paesi che hanno introdotto la flat tax hanno registrato un notevole incremento del deficit per lo meno a breve termine".

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