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Cassazione: “Melania uccisa da Parolisi in impeto d’ira, colpi non dimostrano crudeltà”

Depositate dalla Cassazione le motivazioni della condanna di Parolisi: le 36 coltellate inflitte a Melania Rea indicano che si è trattato di un “dolo d’impeto”, ma “la mera reiterazione dei colpi (pur consistente) non può essere ritenuta” come aggravante di crudeltà.
A cura di Susanna Picone
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L’ex caporalmaggiore Salvatore Parolisi ha ucciso la moglie Melania Rea, a Civitella del Tronto (Teramo) il 18 aprile 2011, durante una “esplosione di ira” nata in seguito a un litigio tra i due coniugi e dovuta alla “conclamata infedeltà coniugale” dell'uomo. A scriverlo sono i giudici della Corte di Cassazione nelle motivazioni depositate oggi della condanna di Parolisi. Lo scorso 10 febbraio i giudici della Prima sezione penale della Corte di Cassazione hanno annullato la condanna in secondo grado di Salvatore Parolisi per l'omicidio della moglie Melania Rea limitatamente all'aggravante della crudeltà, rinviando la Corte d'assise d'appello di Perugia per la rideterminazione della pena. Nel 2013 la Corte d’Assise d’Appello aveva condannato a 30 anni di carcere il marito della giovane mamma di Somma Vesuviana. Secondo i giudici della Corte di Cassazione – si legge nelle motivazioni depositate oggi – le 36 coltellate inflitte da Salvatore Parolisi alla moglie Melania indicano che si è trattato di un “dolo d’impeto” finalizzato a uccidere ma che “la mera reiterazione dei colpi non può essere ritenuta” come aggravante di crudeltà con conseguente aumento di pena.

“Melania Rea uccisa dopo un litigio con Salvatore Parolisi”

Secondo i supremi giudici, dunque, l’omicidio di Melania Rea a Civitella del Tronto è avvenuto “in termini di ‘occasionalità' (dolo d'impeto, non essendo stata mai ipotizzata la premeditazione) dovuta ad una esplosione di ira ricollegabile ad un litigio tra i due coniugi, le cui ragioni fondanti si apprezzano nella conclamata infedeltà coniugale del Parolisi”. “Le modalità esecutive”, scrivono ancora i giudici della Suprema corte, “alimentano la considerazione di un'azione lesiva commessa con estrema rapidità, frutto di slatentizzazione di rabbia e aggressività”. Il verdetto è stato esteso dall'ex pm Anticamorra Raffaello Magi della Prima sezione penale della Suprema Corte.

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