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Opinioni

Caro Presidente Mattarella, al discorso di fine anno ricordi i morti sul lavoro

Il 2015 è record di morti bianche. Un suo richiamo può fare molto. Perché ora l’emergenza è sotto gli occhi di tutti.
A cura di Michele Azzu
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Caro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a lei rivolgo questo ultimo articolo del 2015. Con la speranza lo possa leggere prima del suo discorso di fine anno – che tanti italiani vedranno in tv nelle ore che precedono i festeggiamenti. Di cosa parlerà nel suo discorso, presidente? Probabilmente dei primi timidi segnali di ripresa che fanno sperare in meglio per il 2016.

Sono certo che troverà modo di citare anche i poveri e coloro che ancora soffrono per le conseguenze della crisi economica. Penso ai più giovani che vivono la piaga della disoccupazione giovanile, ormai stabile al 40%, e sono costretti ad emigrare fuori dal nostro paese. Sono tanti i temi che meriterebbero di stare nel suo primo discorso di fine anno. Eppure, non è di questo che voglio parlarle.

Caro presidente, nel suo discorso mi auguro troverà modo di parlare del dramma dei morti sul lavoro. Perché quest’anno, il 2015, purtroppo ha segnato il record che non avremmo voluto vedere: quello delle morti bianche che crescono per la prima volta dopo 10 anni. Almeno, ufficialmente. Perché è la prima volta in cui una crescita viene registrata sia dall’Osservatorio Indipendente di Bologna, sia dall’Inail.

Negli anni passati, infatti, questi due istituti si erano trovati spesso in disaccordo: il primo, un sito internet gestito grazie allo sforzo volontario dell’operaio in pensione, e pittore ed attivista, Carlo Soricelli, da anni registra dati in contrasto a quelli dell’istituto nazionale. Ma non sono solo i dati, caro presidente, c’è l’attualità. Il 18 dicembre, ad esempio, in provincia di Catanzaro sono morti due operai, a distanza di pochi chilometri e poche ore.

Gregorio Muzzi di 39 anni è precipitato da una grondaia di un palazzo in costruzione, Leonardo Caruso di 40 anni è caduto in un pozzo per la lavorazione dei marmi. Incredibile pensare a due morti così vicine nello stesso giorno. A La Spezia, invece, il 29 novembre scorso il meccanico Nino Barani si è visto rifiutare un ricorso per un infortunio sul lavoro risalente al 1975. Ha dovuto attendere 40 anni. Ma Barani era già morto nel 2010, a 88 anni.

PER LA PRIMA VOLTA GLI ISTITUTI SONO D’ACCORDO. Torniamo ai dati. Nel 2015 l’Inail conta 988 morti a metà dicembre, che alla fine dell’anno avranno superato i mille. Sono quasi 100 persone al mese che per fare la spesa e pagare l’affitto, muoiono. Ma questo numero non comprende i lavoratori non assicurati con l’Inail e i morti “in itinere”, cioè coloro che muoiono mentre viaggiano per lavoro. Esclusi dal conteggio anche le forze dell’ordine: carabinieri poliziotti, forze armate, finanzieri. Tutte questi esclusi vengono segnalati dall’Osservatorio Indipendente di Bologna, che per il 2015 conta un totale di oltre 1.380 morti sul lavoro.

È la prima volta, si diceva, in cui sia per i siti indipendenti che per gli istituti statistici, si registra una crescita. E importante, perché già ad ottobre erano 101 morti in più rispetto al 2014, secondo quanto riportato dall’Inail. Un incremento del 16%, per cui l’istituto ora cerca di comprendere le ragioni. Eppure gli infortuni sul lavoro sono diminuiti, e così gli occupati in Italia. Perché, allora, a fronte di meno lavoratori e meno infortuni, crescono, e di molto, i morti sul lavoro? Forse, analizzando altri dati possiamo avanzare alcune ipotesi.

CRESCONO I MORTI FRA I LAVORATORI ANZIANI. I numeri parlano di un forte aumento dei morti fra i lavoratori over 60: crescono di quasi il 40%. Un dato preoccupante, che si accompagna al fatto che il comparto agricoltura da solo prende il 33.8% del totale dei morti. Fra questi, sono tantissimi gli incidenti fatali dovuti ai trattori. “Sono oltre il 20% del totale, praticamente un morto su cinque”, scrive Soricelli sull’Osservatorio. Proprio Soricelli, da anni chiede che il governo adotti un disegno di legge per rendere obbligatori maggiori protezioni sui trattori.

Crescono i morti fra i lavoratori anziani, proprio nell’anno in cui, a causa degli effetti della riforma Fornero, si è registrato l’aumento dell’occupazione principalmente per gli over 50. Come dire: sempre più persone anziane sono tornate a lavorare nel 2015, e sempre più persone anziane sono morte sul lavoro nel 2015. E questo accade principalmente nell’agricoltura e nell’edilizia, che da soli contano oltre il 50% dei morti sul lavoro in Italia.

GLI INCIDENTI FATALI SI RIPETONO IDENTICI. Gli incidenti sui trattori e nell’edilizia accadono sempre, di continuo. Ma questo vale per tutti gli incidenti fatali sul lavoro: gli episodi si ripetono quasi identici sugli stessi luoghi di lavoro, a distanza di pochi anni. È successo nei cantieri della metro di Roma, dove si contano due operai morti entrambi per la caduta in un pozzo: Bruno Montalti nel 2011 e Luigi Ternano nel 2012. Incidenti fatali simili si sono ripetuti più volte negli stabilimenti ittici di Molfetta in Puglia, dove l’anno scorso sono morti due operai, padre e figlio, annegati tragicamente in una cisterna di liquami.

Poco lontano dalla Truck Center, in cui nel 2008 morirono cinque operai asfissiati dalle esalazioni tossiche. Incidenti simili fra loro sono capitati anche all’Ilva di Taranto, dove negli ultimi 4 anni si contano tre morti: Claudio Marsella e Francesco Zaccaria, entrambi di 29 anni, Ciro Moccia di 42 anni. E i controlli attuali scoprono situazioni allarmanti: “Nel 2014 i circa 350 ispettori Inail hanno controllato 23.260 aziende, l’87.5% delle quali sono risultate irregolari”, riporta una nota stampa dell’istituto.

Torno a rivolgermi a lei, presidente Mattarella. Pochi giorni fa anche Papa Francesco ha lanciato un appello sulle morti sul lavoro: “Non pochi operai hanno anche perso la vita in questo lavoro. Li ricordiamo tutti”. Da parte della politica, invece, in questi ultimi anni c’è stata poca attenzione: “Hanno sempre ignorato questi dati”, spiega Carlo Soricelli. Che aggiunge: “Sono contento del lavoro volontario svolto in questi otto anni, è stata dura, ma ormai tutti riconoscono il problema”.

Ci sono voluti anni per riconoscere questo problema, caro presidente, e ora i numeri dell’emergenza sono sotto gli occhi di tutti. Il dramma dei morti sul lavoro ha raggiunto proporzioni preoccupanti. Il suo predecessore, Giorgio Napolitano, ha più volte richiamato l’attenzione della politica su queste vicende, definendo le morti bianche una “piaga sociale”.

Mi auguro che lo faccia anche lei, presidente, nel suo primo discorso di fine anno che chiude il 2015 record di morti sul lavoro. Un suo richiamo potrebbe risvegliare qualche coscienza, oltre ad essere di conforto alle famiglie di chi è andato a lavorare e non è tornato più a casa. Perché non è degno di un paese civile, e non è degno dell’Italia.

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Michele Azzu è un giornalista freelance che si occupa principalmente di lavoro, società e cultura. Scrive per L'Espresso e Fanpage.it. Ha collaborato per il Guardian. Nel 2010 ha fondato, assieme a Marco Nurra, il sito L'isola dei cassintegrati di cui è direttore. Nel 2011 ha vinto il premio di Google "Eretici Digitali" al Festival Internazionale del Giornalismo, nel 2012 il "Premio dello Zuccherificio" per il giornalismo d'inchiesta. Ha pubblicato Asinara Revolution (Bompiani, 2011), scritto insieme a Marco Nurra.
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