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Vittorio Iacovacci ucciso in Congo, la fidanzata: “Non accetterò zone d’ombra nelle indagini”

Domenica Benedetto, fidanzata 29enne del carabiniere Vittorio Iacovacci ucciso lo scorso 22 febbraio in Congo mentre accompagnava l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, ha ricordato in una lunga intervista il promesso sposo ucciso. “Non accetteremo zone d’ombra nelle indagini”
A cura di Gabriella Mazzeo
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"Vittorio ha fatto bene il suo dovere, sono fiera di lui, ma non possiamo permetterci di perdere così dei rappresentati dello Stato. Vogliamo giustizia e chiarezza". Lo ha detto Domenica Benedetto, la fidanzata 29enne di Vittorio Iacovacci, morto in un agguato il 22 febbraio dello scorso anno in Congo. Con lui è morto anche l'ambasciatore che scortava, Luca Attanasio, e l'autista congolese Mustafa Milambo. In un'intervista con Il Giornale, la 29enne ha raccontato come è cambiata la sua vita da quel terribile giorno di febbraio. La ragazza, che presto avrebbe dovuto sposare Iacovacci di ritorno dal Congo, ha definito la giustizia per quanto accaduto al suo fidanzato il principale obiettivo. "Con la famiglia di Vittorio vogliamo solo questo. Ho fiducia in chi porta avanti l'inchiesta e non posso pensare ad eventuali zone d'ombra in questa vicenda. Lo Stato italiano è stato direttamente colpito e per questo bisogna fare chiarezza". La 29enne punta il dito contro il responsabile della sicurezza del convoglio del Programma alimentare mondiale e contro l'Onu. "Ci sono sicuramente delle cose che non hanno funzionato – ha affermato -, è un dato di fatto. Spero che si possa far luce anche su questo dettaglio, anche se la vedo dura: si parla di immunità per i funzionari del Pam coinvolti e il Congo non collabora".

Durante l'intervista, Benedetto ha ricordato quel tragico agguato che è costato la vita non solo a Iacovacci, ma anche all'ambasciatore Attanasio. Eppure, spiega, Vittorio non avrebbe mai affidato uno spostamento del genere al caso: era molto attento nel suo lavoro e prima di salire in auto aveva già sentito una collega che aveva fatto lo stesso tragitto tempo prima. "Aveva lavorato molto per quella missione e persino l'ambasciatore, che non era un incosciente, si è fidato del Pam. Due ore prima dell'agguato Vittorio era tranquillo. Quella è stata l'ultima volta che gli ho parlato, poi verso le 11 di quella mattina ho iniziato a leggere online le prime notizie sull'ambasciatore ferito. Lo conoscevo troppo bene e ho capito subito: Vittorio non avrebbe mai permesso che colpissero Attanasio. Il suo corpo era l'unica forma di difesa e lo ha usato per proteggere l'ambasciatore".

Un attacco terroristico, su questo la 29enne non ha dubbi, eppure spiega che in attimi concitati come quelli, con l'intervento confusionario dei ranger, i colpi potrebbero essere partiti da chiunque. "Tutto è molto confuso e il fatto che in Congo non ci lascino indagare ulteriormente la dice lunga. A me Vittorio parlava poco del lavoro, non entrava nei dettagli e non ha mai detto che la protezione fosse insufficiente. Si lamentava delle guardie locali spesso, perché si addormentavano durante i turni di notte e per questo aveva insegnato loro a usare la moka per fare il caffè".

Vittorio Iacovacci avrebbe dovuto tornare in Italia dal Congo 15 giorni dopo l'attentato. Con la fidanzata aveva messo insieme la casa dei loro sogni per iniziare una vita insieme. Progetti andati in fumo però nel giro di qualche ora. "Non voglio dimenticare Vittorio – ha raccontato ancora la 29enne -. Mi sembra che sia accaduto tutto ieri e il tempo non ha aiutato a lenire il dolore".

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