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Venezia, detenuto telefona alla moglie poi si impicca in carcere: “Sono rovinato, non ne posso più”

Bassem Degachi, 39 anni, aveva iniziato un percorso di recupero: quando due giorni fa è stato arrestato nell’ambito di un’operazione antidroga per fatti risalenti ad anni fa gli è crollato il mondo addosso.
A cura di Davide Falcioni
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Si è suicidato impiccandosi uno dei 27 uomini tratti in arresto nell'operazione antidroga dei carabinieri contro lo spaccio di droga nel quartiere Piave di Mestre, scattata due giorni fa. A togliersi la vita, in particolare, un cittadino tunisino, Bassem Degachi, 39 anni, che da mesi lavorava in semilibertà con la cooperativa sociale "Il cerchio", e aveva intrapreso un percorso di recupero.

Quando gli è stata notificata l'ordinanza di custodia cautelare, l'uomo ha dapprima telefonato alla moglie e poi si è ucciso. Il suo legale, Marco Borella, ha riferito che a settembre si sarebbe dovuta svolgere l'udienza per l'affidamento in prova ai servizi sociali, e ha mosso critiche all'ordinanza eseguita l'altro ieri, che si riferiva a fatti avvenuti nel 2018. Degachi aveva già trascorso in carcere due anni e mezzo, e da un anno era uscito lavorando per la cooperativa.

Inutile il tentativo della moglie di allertare il carcere di Venezia, anche attraverso l'avvocato. "Da un anno lavorava fuori dal carcere, per poi tornarci a dormire la sera – ha raccontato il suo legale, Marco Borella, al Corriere del Veneto -. A settembre avremmo avuto l’udienza per l’affidamento in prova ai servizi sociali. Si è sentito perso. Che senso ha avuto disporre quest’ordinanza per fatti di cinque anni fa?".

Degachi era "una persona corretta, amabile, che si è sempre comportata bene – ha detto il presidente de Il Cerchio, Giorgio Mainoldi -. La notizia del gesto estremo ci ha segnati particolarmente”. Nell’ultima telefonata alla moglie verso mezzogiorno l’uomo avrebbe annunciato di volersi togliere la vita: "Sono rovinato, mi uccido". La donna ha immediatamente allertato il carcere. "Hanno cercato di telefonarmi in studio per farmi parlare con lui – prosegue l’avvocato – Gli avrei detto di stare tranquillo, che non era un problema. Non ha retto all’idea di tornare in carcere. Questa sentenza è arrivata per fatti legati a un passato ormai lontano e quest’uomo stava svolgendo in maniera corretta e precisa il suo lavoro".

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