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Un tesserino di riconoscimento per i rider: l’idea per combattere caporalato e sfruttamento

Il portavoce dei ciclofattorini di Terni Alessio Badoglio, 49 anni, ha ideato un sistema per identificare i rider: un tesserino verifica le informazioni con il telefonino.
A cura di Dario Famà
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Da Terni arriva l'idea di introdurre un sistema di tesseramento per riconoscere l'identità dei ciclofattorini e verificare che siano in regola. Potrebbe essere una proposta per tutelare il lavoro dei rider contro le insidie del caporalato, dello sfruttamento e dell'irregolarità e per questo sta suscitando interesse in diverse città italiane.

In tutta Italia è sempre più comune il commercio di account falsi registrati alle piattaforme di consegne: si tratta di un vero e proprio mercato nero delle identità, che non permette ai ciclofattorini onesti di lavorare in piena sicurezza. Capita spesso che ci siano persone non autorizzate a fare i rider, perché sprovvisti di regolari documenti di riconoscimento, ma che riescono comunque ad aggirare i controlli dei grandi colossi del delivery.

Un tesserino di riconoscimento ai rider regolari

Per provare a risolvere questo problema, il Portavoce dei rider di Terni Alessio Badoglio, 49 anni, sta portando avanti una proposta che mira a introdurre una forma di regolarizzazione per chi fa questo lavoro in maniera trasparente. Coadiuvato da Sergio Cardinali e da Stefania Renzi, rispettivamente assessore comunale allo sviluppo e al commercio, l'idea è quella di creare un sistema di tesseramenti, utili a riconoscere l'identità del ciclofattorino. Si sta aspettando il parere del Ministero della Salute e della Regione Umbria per dare il via libera ufficiale all'iniziativa.

"Attivando l'NFC del telefono e appoggiandolo su un apposito codice presente sulla tessera – spiega Badoglio – è possibile controllare i dati anagrafici del rider, verificando che sia effettivamente abilitato". In questo modo, le forze dell'ordine potrebbero effettuare i necessari controlli, cosa che, oggi, non possono fare.

Più tutele per ristoranti e clienti

L'utilizzo di questo sistema, dunque, sarebbe utile anche ai ristoranti, che non sempre sono in grado di capire la vera identità del rider. "L'obiettivo sarebbe obbligare le attività commerciali che si appoggiano ai ciclofattorini ad adottare questo sistema in pieno stile green pass: o mi presenti il tesserino oppure non lavori". L'idea è funzionale anche per tutelare i clienti che ordinano il cibo: "Dobbiamo proteggere anche loro, perché, nei casi di violenza o di incidenti, è fondamentale sapere se quella persona fosse abilitata a lavorare" afferma Badoglio.

La proposta ha creato interesse

L'idea ha suscitato molta curiosità e sono in molti ad interessarsi sempre di più alla vicenda: "Cardinali mi ha riferito che il Prefetto di Roma vorrebbe avere delle informazioni in più al riguardo, per capire se quest'idea sia allargabile al di fuori del comune di Terni" ha confessato il 49enne. Non solo: l'iniziativa ha suscitato l'entusiasmo di tante comunità di rider, che, nel caso andasse in porto, vorrebbero adottare questo sistema. Anche la Polizia locale ha apprezzato la proposta, dal momento che potrebbe verificare più facilmente la regolarità del rider e delle borse con cui effettuano le consegne, utilizzate anche per lo spaccio di sostanze stupefacenti.

I problemi irrisolti delle consegne

Il problema dell'irregolarità nel settore delle consegne è urgente: secondo il portavoce ternano, solo 1 fattorino su 3 è attualmente registrato in Italia. "Spesso gli irregolari si sparpagliano per tutta la città di Terni, prendendosi tutti gli ordini e rendendo impossibile il lavoro ai rider onesti".

Un'altra criticità nel mondo dei ciclofattorini riguarda la poca propensione a denunciare gli infortuni sul lavoro: secondo l'inchiesta della Nidil Cgil "Lavoro digitale e diritti", solo 4 su 10 lo fanno. Il problema è che, spesso, chi fa le consegne non è abilitato, perciò non ha il minimo interesse a comunicare eventuali incidenti o problemi di salute. "Se sei tesserato, sei tutelato, altrimenti non ti rimborsa nessuno" dice Badoglio, che spiega come, durante il Covid, le piattaforme abbiano un minimo rimborsato i rider contagiati. La procedura, però, richiedeva una serie di controlli non solo dello stato di salute, ma anche d'identità con un'apposita verifica del profilo.

Ultima, ma non per importanza, la questione della contrattualizzazione dei fattorini: i sindacati si battono per far ottenere ai rider un trattamento paritario al contratto nazionale collettivo. Secondo il portavoce si tratta di una battaglia sbagliata: "Obbligare una piattaforma di consegne a stipulare un contratto del genere porterebbe al licenziamento di 3/4 dei rider. Non si può fare, non rientrerebbero nelle spese. Solo chi lo fa come secondo impiego vorrebbe un trattamento simile, perché, chi lo fa come primo mestiere, potrebbe guadagnerebbe molto di più".

Insomma, il mondo che gravita intorno ai ciclofattorini ha diversi problemi, non facilmente risolvibili. Attraverso l'identificazione, però, si potrebbero limitare le irregolarità e tendere la mano ai lavoratori onesti, evitando di incappare in situazioni di sfruttamento.

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