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Covid 19

Rivolta nelle carceri italiane. “Amministrazione penitenziaria incapace di prevedere le proteste”

Situazione esplosiva nelle carceri italiane: i detenuti sono in rivolta in almeno 27 istituti penitenziari dopo la proibizione dei colloqui con i familiari decisa dal governo per impedire la diffusione del coronavirus. Sei i morti finora solo nella prigione di Modena, completamente devastata dai disordini. “Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) – ha detto una fonte a Fanpage.it – ha completamente sottovalutato la portata della protesta”.
A cura di Mirko Bellis
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La devastazione all'interno del carcere di Modena dove sono morti 6 detenuti
La devastazione all'interno del carcere di Modena dove sono morti 6 detenuti
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“La situazione è drammatica perché ci sono istituti penitenziari completamente distrutti”. A rivelarlo è una fonte anonima che a Fanpage.it ha descritto la reale portata dei disordini in almeno 27 carceri italiane. “A Salerno c’è una devastazione totale così come a Modena. Ma anche a Frosinone, Foggia, Milano Opera, Pavia, Alessandria, Padova e in altre decine di carceri si registrano violenze”. Da due giorni, i detenuti stanno protestando contro la decisione del governo di proibire i colloqui con i familiari per evitare il rischio di contagio da coronavirus all’interno delle prigioni. Una misura pensata per salvaguardare la salute delle persone rinchiuse e che invece ha dato il via alle rivolte che si stanno ormai allargando in tutti gli istituti penitenziari italiani.

Il 2 marzo è entrato in vigore il decreto-legge n.9, che all’articolo 10, comma 14, stabilisce che “sino alla data del 31 marzo 2020 i colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati sono svolti a distanza, mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l’amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica”. Nonostante il decreto riguardi solo le carceri delle regioni maggiormente colpite dal Covid-19 (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), le proteste si sono diffuse anche al resto d’Italia. “Questi disordini erano facilmente prevedibili – continua la fonte – e i vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) dovevano mettere in atto tutte le misure per impedirli. Anche gli annunci di amnistia che sono stati fatti negli ultimi giorni hanno avuto il loro peso nel diffondere le rivolte. È stato buttare benzina sul fuoco”.

Nel carcere di Modena, in particolare, si registra il peggior bilancio con 6 morti tra i detenuti. “Tre sono morti prima del trasferimento – ha spiegato Francesco Basentini, il direttore del Dap – e altri 3 nelle carceri dove erano stati trasferiti”. Secondo quanto ha riferito il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, due detenuti hanno perso la vita in seguito ad un'overdose da psicofarmaci sottratti dall’infermeria delle carceri di Verona e Alessandria. Gravi disordini si registrano a San Vittore (Milano) e a Rebibbia (Roma). “L’amarezza più grande – sottolinea il nostro interlocutore – è non avere dal Dap ancora i dati certi su quanto sta succedendo negli istituti di pena”. Sul fronte sanitario, mentre non si registrano contagi tra i detenuti, c’è un caso tra gli agenti penitenziari: nella casa circondariale di Vicenza una guardia carceraria è risultata positiva al coronavirus. “A Foggia siamo già in emergenza assoluta – è il rammarico della nostra fonte – alcuni detenuti sono evasi e adesso li stanno riprendendo”.

Assieme alle proteste crescono anche le critiche nei confronti dei vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e dello stesso ministro di Giustizia, Alfonso Bonafede. È molto duro il Sappe, il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria che in una nota ha chiesto le dimissioni di Bonafede e Basentini. “Alfonso Bonafede, Ministro della Giustizia, e Francesco Basentini, capo dell’Amministrazione Penitenziaria, devono essere avvicendati – afferma Donato Capece, segretario generale del principale sindacato dei Baschi Azzurri – sono settimane che chiediamo di incontrarli proprio per studiare strategie di contrasto alle crescenti violenze in carcere ma di loro non c’è nessuna traccia”. Alfonso Bonafede, da parte sua, ha ribadito che i provvedimenti persi dal governo hanno “la funzione di garantire la tutela della salute dei detenuti e tutti coloro che lavorano nella realtà penitenziaria”. Allo stesso modo, il ministero della Giustizia ha voluto puntualizzare che “deve essere chiaro che ogni protesta attraverso la violenza è solo da condannare e non porterà ad alcun buon risultato”. Per quanto riguarda i colloqui con i detenuti, il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, ha chiesto agli istituti penitenziari di creare uno spazio pre-triage da destinare al controllo prima dell'accesso al penitenziario. Si parte dalla misurazione della febbre e nei casi dubbi si fa anche il tampone. Il Dap, inoltre, ha invitato gli istituti a rivolgersi alla Protezione civile per avere tensostrutture da destinare a questo scopo, così come mascherine e guanti. L'installazione è già cominciata in Lombardia, dove in tutto sono state assegnate 20 tensostrutture, anche altre regioni (come l'Emilia Romagna) si sono attivate per averne a disposizione.

Per quanto riguarda invece la sospensione dei permessi premio e della semilibertà, il Dap ha chiesto ai tribunali di sorveglianza di valutare caso per caso. Ma ci sono uffici giudiziari che hanno scelto la linea dura, come Milano, che ha sospeso tutte le semilibertà. Contrario all’ipotesi di sconti di pena per i detenuti anche il nostro interlocutore che avverte: “Per risolvere le proteste nelle carceri non c’è bisogno di nessuna amnistia, che sarebbe la resa dello Stato. L’unica soluzione – conclude – è che l’amministrazione penitenziaria si metta a lavorare senza indugi per calmare gli animi”.

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