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Opinioni

Ripartono le trivelle mentre i giovani manifestano per il clima: “Il regalo avvelenato di Cingolani”

Mentre i giovani protestano per salvare il Pianeta, lo stesso giorno, le multinazionali petrolifere riprendono a trivellare. Il termine ultimo per approvare il PITESAI con cui lo Stato avrebbe dovuto selezionare quali trivellazioni e procedimenti amministrativi annessi confermare era il 30 settembre e Roberto Cingolani lo ha fatto scadere. Oggi dice: “Non rilascerò nessun nuovo permesso di ricerca”. Ma non può farlo, come ci spiega un professore di diritto costituzionale, Enzo di Salvatore. “Un regalo avvelenato”, a detta di Bonelli dei Verdi che non diminuisce i costi delle bollette né arricchisce lo Stato. Un grande bluff, denunciano le associazioni.
A cura di Stela Xhunga
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Mentre i giovani protestano per salvare il Pianeta, lo stesso giorno, le multinazionali petrolifere riprendono a trivellare. Il termine ultimo per approvare il PITESAI, il cosiddetto Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee che avrebbe dovuto selezionare quali progetti di trivellazione confermare e quali bloccare, era il 30 settembre, e Roberto Cingolani lo ha fatto scadere. Risultato? Da oggi ripartono indistintamente le 63 trivellazioni sospese dallo Stato e tutti i procedimenti amministrativi che ancora non si erano conclusi col rilascio dei permessi di ricerca.

Cingolani mente sapendo di mentire e Draghi non ha fatto nulla per impedirlo

"Non rilascerò nessun nuovo permesso di ricerca" assicura ai microfoni oggi il ministro della Transizione ecologica, ma è davvero così?  Assolutamente no, spiega a Fanpage.it Enzo di Salvatore, Professore di Diritto costituzionale presso l'Università di Teramo e coofondatore del Coordinamento Nazionale No Triv:

"Di fatto Cingolani non dice la verità, per due motivi. Il primo è che omette di dire che ripartono tutte le trivellazioni sospese che non necessitano di nuovi permessi, ma necessitavano semmai del PITESAI. Il secondo è che lui non può fare ciò che ora promette di fare, cioè bloccare un procedimento amministrativo che autorizzi una nuova trivellazione. Non è una sua facoltà. Sarebbe anzi grave se il Ministro si rifiutasse di applicare la legge. Quello che doveva fare era approvare il Pitesai, entro i termini di legge, non può disporre della legge lui".

Nel comunicato ufficiale, il ministro, dopo avere implicitamente riconosciuto che a partire dal 1° ottobre le compagnie petrolifere potranno riprendere le ricerche, precisa che le società petrolifere comunque non lo faranno pur potendolo fare:

Quindi ora siamo passati da una sospensione prescritta dalla legge a una sospensione promessa dalle multinazionali… Caspita che conquista. Siamo onesti: qui si tenta di mettere una pezza su tutto, ma la pezza è peggio del buco.

E il premier Draghi, che meno di 24 ore fa ha detto a Greta Thunberg "avete ragione, agiremo adesso", ha delle responsabilità al riguardo? Avrebbe potuto fare qualcosa per evitare che le trivellazioni ricominciassero con un sostanziale silenzio assenso?

"Il Governo Draghi avrebbe dovuto adottare un decreto legge che prorogasse, ancora, il termine entro cui presentare il Pitesai. Invece tutto quello che ora accadrà non è coperto dalla legge".

Le trivelle

Le trivellazioni influiscono sugli importi della bolletta al massimo per il 50%. Intensificare le trivellazioni serve ad aumentare il profitto delle multinazionali e delle grandi industrie, non serve ad abbassare i costi di utenza dei comuni cittadini, aggiunge il professore Di Salvatore, né con le royalties lo Stato ci guadagna granché:

"Con la fine della moratoria e la mancata attuazione del  PITESAI, lo Stato rinuncia anche a rinegoziare le royalties. Dai 63 progetti in essere e tutte le trivellazioni in mare e in terraferma cui è sottoposto il nostro Paese, lo Stato percepisce qualcosa come 350 milioni di euro all'anno, praticamente il costo di una campagna elettorale. Anzi, il costo del referendum sulle trivelle. Briciole".

Senza contare che spesso le società petrolifere non pagano le royalties perché "fatalmente" si attengono sotto la soglia minima di produzione, corrispondente a 80 milioni di metri cubi di gas e 50 mila tonnellate di petrolio, al di sopra della quale scatta la l'obbligo del privato di pagare una quota al pubblico.

Il regalo avvelenato di Cingolani ai giovani

Le istanze che con il silenzio-assenso di Cingolani riprendono da oggi minacciano circa 91mila chilometri quadrati di mare e 26mila kmq di terra, con ben 79 istanze solo di ricerca idrocarburi. 

Durissime le parole di Angelo Bonelli, portavoce di Europa verde:

"Questo è il regalo avvelenato del ministro Cingolani alla conferenza sul clima di Milano ed esempio d’ipocrisia di chi ha speso parole finte davanti ai giovani sapendo che mentre parlava la sua inerzia stava riportando le trivelle e l’airgun alla ricerca di idrocarburi nei nostri mari e nelle nostre terre, mentre sempre ieri le aste per le energie rinnovabili andavano deserte".

Un regalo che dietro cui secondo le associazioni  Greenpeace, Legambiente e Wwf si nasconde un grande bluff:

"Abbiamo la netta impressione che qualcuno abbia voluto bluffare per mettere tutti di fronte al fatto compiuto.la proposta di PITESAI presentata con grande ritardo in VAS il 15 luglio scorso, è una scatola vuota, a malapena un ‘documento di indirizzo’ senza alcun impegno serio, coerente con il target di decarbonizzazione al 2050 concordato con l’Europa (…) Troviamo che sia singolare che al Mite nessuno si sia allarmato visto che, dopo la riorganizzazione dei Ministeri del marzo scorso, in questo dicastero convivono sia la direzione che ha redatto la proposta di Piano che quella che deve valutarlo".

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