132 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Procura di Torino mette scrittore sotto sorveglianza: tra le “aggravanti” il contenuto del suo libro

La Questura e la Procura di Torino hanno notificato la richiesta di sorveglianza speciale all’attivista e scrittore Marco Boba. Tra le aggravanti volte a giustificare la richiesta di pericolosità sociale, un libro scritto nel 2015 per Eris Edizioni, ‘Io non sono come voi’. La casa editrice: “Gravissimo usare un’opera di finzione come prova”.
A cura di Sarah Gainsforth
132 CONDIVISIONI
Immagine

L’attivista torinese Marco Boba ha ricevuto da parte della Questura e della Procura di Torino una notifica di richiesta di sorveglianza speciale. Tra le aggravanti, il romanzo scritto da Boba nel 2015 per Eris Edizioni, ‘Io non sono come voi'. “Che un romanzo di finzione sia considerato come aggravante e prova di colpevolezza di comportamenti socialmente pericolosi è un precedente gravissimo” afferma Anna Matilde Sali, di Eris Edizioni. “La sorveglianza speciale, una misura preventiva richiesta e applicata più volte a militanti e attivisti di tutti i movimenti – si legge in un post su Facebook pubblicato dalla casa editrice – consiste in un insieme di regole e divieti che vanno a colpire la persona nella propria quotidianità a causa di quella che viene definita “pericolosità sociale”, quindi è un provvedimento che colpisce le persone al di là di uno specifico fatto ma per un comportamento generale”.

Tra le motivazioni del provvedimento emesso nei confronti di Boba, oltre al fatto di essere redattore di Radio Blackout di Torino, è finito anche il suo libro, un romanzo di finzione. Nello specifico, secondo la casa editrice, la prova di colpevolezza starebbe in una frase, detta dal protagonista del romanzo in un dialogo, scelta dagli editori per il retro di copertina: “Io odio. Dentro di me c’è solo voglia di distruggere, le mie sono pulsioni nichiliste. Per la società, per il sistema, sono un violento, ma ti assicuro che per indole sono una persona tendenzialmente tranquilla, la mia violenza è un centesimo rispetto alla violenza quotidiana che subisco, che subisci tu o gli altri miliardi di persone su questo pianeta.”

“Procura e Questura considerano il libro come se fosse un manifesto, una dichiarazione d’intenti dell’autore. Ma è un’opera di finzione – precisa Sali – Non si può usare un’opera letteraria per dimostrare l’irriducibilità dell’autore rispetto ai comportamenti di cui è accusato, e questo senza entrare nel merito dei procedimenti di richiesta di sorveglianza speciale. Un libro non può entrare in tribunale. Al limite, i contenuti possono innescare una battaglia culturale, non una battaglia giuridica. Basarsi su un romanzo di fantasia e non sui fatti non può essere una prassi legittima. Peraltro qui non si tratta nemmeno di un testo autobiografico, si tratta di finzione. È evidente che chi ha deciso di usare il libro come prova non lo ha neppure sfogliato”.

‘Io non sono come voi' è la storia di un uomo che, arrivato a una certa età, non sopporta più la discrepanza tra quello che sarebbe giusto e quello che è possibile fare per ottenere giustizia. Prima di isolarsi da un mondo che sa che non potrà cambiare, in cui non è più possibile emanciparsi attraverso la cultura, il protagonista intraprende un percorso autodistruttivo. Il libro dialoga con quello di Jack London, Martin Eden, in cui il protagonista, un giovane marinaio, tenta di elevare la propria condizione sociale diventando scrittore. “Il protagonista di ‘Io non sono come voi' è come un Martin Eden moderno” dice Sali. “Poiché oggi nessuna scalata sociale ed economica è possibile a partire da una riappropriazione culturale, il protagonista di ‘Io non sono come voi' è destinato a un percorso di autodistruzione – che termina con il suicidio. Ed è evidente che il libro non è un’autobiografia…”.

In questi anni si è più volte invocato il reato di opinione. “In passato cose dette o scritte sono diventate prove. Penso alle vicende di Davide Grasso, di Eddi – commenta l’editrice – Ma si trattava di narrazioni di realtà. Nel caso di Boba invece l’aggravante è addirittura un’opera di finzione. Mi sembra il primo caso di questo genere ed è gravissimo. E se passa, questa prassi potrebbe fare scuola: l’uso da parte dell’ordinamento giuridico di opere di finzione rischia di diventare normale, come sono diventate le condanne per devastazione e saccheggio dopo il G8 di Genova. E le implicazioni, anche per noi editori, sono potenzialmente infinite.”

132 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views