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Pfas in Veneto, allarme dei medici: “Emergenza ambientale. Rischi per anziani e donne incinte”

La presenza di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle acque venete rappresenta ormai una delle più gravi emergenze ambientali mai affrontate. A dichiararlo, nel corso di una conferenza stampa ieri alla Camera, è stata l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente (Isde) che ha lanciato l’allarme.
A cura di Davide Falcioni
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La presenza di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle acque venete rappresenta ormai una delle più gravi emergenze ambientali mai affrontate. A dichiararlo, nel corso di una conferenza stampa ieri alla Camera, è stata l'Associazione Italiana Medici per l'Ambiente (Isde) che ha lanciato l'allarme e proposto un piano di azioni "per interventi immediati". Gli esperti hanno spiegato che "in Veneto, nelle province di Vicenza, Padova e Verona con la contaminazione da Pfas, acidi usati nei processi industriali e poi sversati per decenni nel suolo e nelle falde acquifere, è in atto una delle emergenze sanitarie ed ambientali più gravi che il nostro Paese abbia mai dovuto affrontare". Una situazione che rende necessaria "la mappatura completa dei pozzi privati, una Legge Nazionale che obblighi a dosare le Pfas prima che i fanghi di depurazione siano sparsi sui terreni agricoli come fertilizzanti, studi epidemiologici ben fatti a disposizione della comunità scientifica e che il limite di Pfas nell'acqua sia pari a zero".

L'Isde denuncia mancanze anche da parte della Regione Veneto, che non ha previsto nessuna sanzione verso i possessori di pozzi inquinati, che non sono neppure obbligati a chiuderli. Il presidente di Isde Veneto, Vincenzo Cordiano, ha detto che "le analisi degli alimenti della Regione Veneto sono state pubblicate senza indicare il punto in cui sono stati eseguiti i prelievi, creando confusione". Per questo, ha aggiunto, "sono necessari studi epidemiologici ben fatti, come ribadito dagli stessi consulenti della procura di Vicenza nel processo in corso alla Miteni di Trissino per il decennale sversamento in falda degli scarti di produzione". Secondo Cordiano "il piano regionale di controllo sanitario non può essere considerato tale poiché partecipa solo il 60% dei 70.000 invitati ed esclude i soggetti sotto i 10 e sopra i 65 anni, donne in gravidanza e neonati".

Per l'Isde "si corre il rischio di un enorme spreco di risorse senza che vengano realmente tutelate le fasce più a rischio dei potenziali effetti tossici degli interferenti endocrini". Per l'istituto i limiti di 100 ng/l per tutte le Pfas previsti in Europa nell'accordo preliminare sulla direttiva acque "sono altissimi". Cordiano ha osservato che "basta un solo nanogrammo per litro nell'acqua di Pfoa (acido perfluoroottanoico), una delle molecole più tossiche, per raggiungere nel sangue, nel giro di un paio di anni, concentrazioni potenzialmente tossiche specie per neonati, gravide e anziani".

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