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Matteo Messina Denaro

Perché l’autista di Matteo Messina Denaro ha rinunciato al ricorso contro il carcere

I pm contestano a Giovanni Luppino i reati di procurata inosservanza della pena e favoreggiamento aggravati dall’avere agevolato la mafia.
A cura di Biagio Chiariello
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L'arresto dell'autista di Matteo Messina Denaro
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Ha rinunciato al ricorso contro la custodia cautelare in carcere davanti al tribunale del Riesame Giovanni Luppino, arrestato insieme a Matteo Messina Denaro il 16 gennaio, accusato di essere l’autista del capomafia. Quel giorno infatti lo aveva accompagnato alla clinica ‘La Maddalena' di Palermo, dove la latitanza del boss è terminata. Luppino deve rispondere di procurata inosservanza della pena e favoreggiamento aggravati dall'avere agevolato la mafia.

In vista dell’udienza al Riesame, la Procura aveva depositato agli atti, tra l’altro, una foto trovata nel cellulare dell’indagato che ritrae la Giulietta del capomafia parcheggiata davanti casa dello stesso Luppino il 25 dicembre scorso.

Una circostanza che smentisce la tesi difensiva dell’indagato che ha raccontato, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, di aver conosciuto Messina Denaro sei mesi prima col nome di Andrea Bonafede e di averlo rivisto solo la mattina dell’arresto, quando il capomafia, sempre sotto falso nome, si sarebbe presentato a casa sua per chiedergli un passaggio per la clinica Maddalena.

"La versione dei fatti fornita dall’indagato è macroscopicamente inveritiera, non essendo credibile che qualcuno, senza preavviso, si presenti alle cinque del mattino a casa di uno sconosciuto per chiedergli la cortesia di accompagnarlo in ospedale per delle visite programmate, in assenza di una situazione di necessità e urgenza”, aveva scritto  il gip di Palermo Fabio Pilato nell’ordinanza di custodia cautelare a carico di Luppino.

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Giovanni Luppino, 59 anni, non era mai stato coinvolto in operazioni antimafia. La sua attività principale infatti era coltivare la terra e, negli ultimi anni, si era dedicato al commercio delle olive del tipo "cultivar Nocellara del Belìce". Ma nonostante la sua posizione di incensurato, la versione fornita agli inquirenti non ha convinto:

“È noto che il ruolo di autista costituisce compito estremamente delicato e strategico nell’organizzazione interna di Cosa Nostra, soprattutto, per le esigenze di cautela e protezione dei capi mafia. Ne consegue che l’incarico viene assegnato a persone di massima fiducia, in grado di garantire segretezza, sicurezza ed affidabilità degli spostamenti – scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare visionata dall’Adnkronos -. Una simile funzione tocca il massimo livello di accortezza se poi il soggetto accompagnato sia addirittura il vertice assoluto dell’organizzazione criminale, costretto a destreggiarsi in un trentennale stato di latitanza”.

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