Paola Ballerini, studentessa morta suicida nel 2022: chiuse le indagini, un’infermiera indagata

Voleva aiutare gli altri, dedicarsi alla cura delle persone e costruire un futuro da infermiera. Paola Ballerini, 21 anni, originaria di Cadeo (Piacenza), si era iscritta al corso di laurea in infermieristica a Reggio Emilia. Qui divideva un appartamento con alcune coetanee e si preparava alla discussione della tesi prevista per ottobre 2022. Ma qualcosa, dentro di lei, si era incrinato. Il 10 maggio di quell’anno, Paola si tolse la vita gettandosi dalla Pietra di Bismantova.
A tre anni da quella tragedia, la Procura di Reggio Emilia ha chiuso le indagini preliminari. Sotto inchiesta è finita un’infermiera reggiana di oltre 60 anni, in servizio all’ospedale Santa Maria Nuova. Secondo gli inquirenti, avrebbe avuto un ruolo determinante nel precipitare il malessere della studentessa. A suo carico è stata formulata l’accusa di abuso dei mezzi di correzione e disciplina, aggravata dalla conseguenza della morte della giovane. Paola, infatti, aveva svolto il tirocinio nel reparto di Pediatria proprio sotto la supervisione della professionista, tra il 14 marzo e il 30 aprile del 2022.
La famiglia Ballerini, da subito, ha cercato risposte. La madre Enrica e il padre Francesco hanno consegnato ai magistrati testimonianze, chat, appunti e file trovati nel computer della figlia. In particolare, ha colpito un gruppo WhatsApp intitolato “L’incubo non ha mai fine”, dove Paola e altre tirocinanti raccontavano un ambiente lavorativo carico di pressione, umiliazioni e continue svalutazioni. Un contesto che, a detta dei familiari, ha progressivamente minato la sua serenità, alimentando un senso di inadeguatezza e disperazione.
L’inchiesta, avviata dalla pm Piera Cristina Giannusa e poi proseguita dal collega Francesco Rivabella Francia, è stata recentemente coordinata dal procuratore Calogero Gaetano Paci. Dopo un primo fascicolo contro ignoti, il 15 aprile 2025 le indagini si sono ufficialmente concluse con l’iscrizione dell’infermiera reggiana nel registro degli indagati. Ma non è tutto: la Procura le contesta anche una seconda imputazione, relativa a condotte simili nei confronti di un’altra tirocinante, residente in Val d’Enza, indicata come parte offesa in un procedimento parallelo.

Secondo la ricostruzione, Paola aveva trascorso alcuni giorni con la sua famiglia prima di tornare a Reggio. La mattina del 10 maggio, accompagnata dai genitori alla stazione di Fiorenzuola, avrebbe dovuto recarsi a una riunione legata al tirocinio. Ma invece di salire su quel treno, decise di cambiare rotta. Raggiunse la Pietra di Bismantova sull'Appennino reggiano e si lasciò cadere nel vuoto. Un biglietto lasciato nella sua stanza testimoniava una decisione maturata nel tempo, non frutto di un impulso improvviso.
Furono le coinquiline, non vedendola rientrare, ad allertare i soccorsi. Quando fu ritrovata, per Paola non c’era più nulla da fare. I genitori, in questi anni, non hanno mai smesso di chiedere giustizia e di tenere viva la memoria della figlia. Una giovane descritta da tutti come brillante, determinata, appassionata del proprio percorso, ma logorata da un clima che le aveva spento ogni speranza.
"Abbiamo assistito ai suoi attacchi di panico, al dolore crescente, al terrore di fallire – ha raccontato la madre –. Era monitorata costantemente, umiliata davanti ai pazienti, sminuita nel suo lavoro. Paola non era fragile: era forte, determinata, ma ha creduto che il suo sogno non avrebbe mai potuto realizzarsi. Spero solo che ora, finalmente, cadano i muri di silenzio che hanno coperto quella verità. Nessuno dovrebbe vedere il proprio futuro distrutto in questo modo".