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Operazione in carcere a Prato, perquisiti 127 detenuti. Indagati anche 3 agenti per aggressione a killer Denisa

Maxi operazione nel carcere di Prato, dove entravano telefoni e droga. Coinvolti quattro agenti penitenziari e perquisiti 127 detenuti anche per reati di mafia. Indagati anche tre agenti l’aggressione in carcere fatta a Vasile Frumuzache, reo confesso dei due delitti di Ana Maria Andrei e Denisa Maria Adas.
A cura di Ida Artiaco
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Una vasta operazione è stata condotta nel carcere La Dogaia di Prato contro l'ingresso di telefoni cellulari, ma anche smartwatch e schede telefoniche, e droga ai detenuti dei reparti Alta Sicurezza e Media Sicurezza, anche per reati mafiosi.

L'inchiesta, coordinata dalla Procura e cominciata a luglio 2024, fa emergere forme corruttive per quattro agenti penitenziari e anomali contatti tra altri quattro agenti e addetti alle pulizie. In totale sono stati perquisiti 127 detenuti, di cui 27 sono indagati.

Nonostante le limitazioni per l"‘Alta Sicurezza" dove ci sono criminali di tipo mafioso con ruoli di capo, questi godevano di privilegi fra i quali la libertà di movimento nel reparto. Le indagini hanno messo in luce che nei reparti circolavano schede telefoniche con intestatari fittizi, attivate in negozi di telefonia di Roma e Napoli, cellulari collegati alla rete telefonica e a Internet, che servivano ai detenuti per comunicare con l’esterno. I dispositivi e la droga entravano nel carcere in tanti modi diversi: per esempio attraverso i colloqui in plichi destinati ai detenuti, per posta, tramite personale in servizio nel carcere e gli stessi appartenenti alla polizia penitenziaria, alcuni ritenuti dalla Procura a libro paga con compenso di alcune migliaia di euro.

Durante l'operazione sono stati schierati 60 poliziotti in assetto antisommossa. Per scovare i numerosi dispositivi nascosti nel penitenziario sono state usate anche apparecchiature tecniche rilevatrici di onde elettromagnetiche. I cellulari erano nascosti in doppifondi creati artigianalmente nelle pentole, all'interno di elettrodomestici, nei sanitari del bagno, dentro buchi nei muri, sotto i wc, all'interno dello sportello di frigoriferi, in doppifondi nelle cartelline portadocumenti di plastica, nei piedi dei tavoli, sulla persona inserendoli nella cavità anale. “

Sempre nel carcere di Prato, tre agenti risultano indagati per l'aggressione in carcere fatta a Vasile Frumuzache, reo confesso dei due delitti di Ana Maria Andrei e Denisa Maria Adas. Si tratta di un un 24enne originario di Caserta, un 40enne di Belvedere Marittimo (Cosenza), un 45enne di Napoli. Saranno interrogati dalla procura di Prato per i reati di rifiuto di atti d'ufficio e di lesioni colpose.

Nonostante le direttive impartite dalla Procura al comandante del carcere e l'assicurazione che si era provveduto a garantire la sicurezza di Frumuzache, il 6 giugno un detenuto fu "lasciato del tutto libero di versargli un pentolino di olio bollente, intriso di un bicchiere di zucchero, sul volto e sugli arti" ustionandolo. "È un dato di fatto – ha spiegato il procuratore Luca Tescaroli – che non si è riusciti ad assicurare il richiesto controllo e protezione nei confronti del Vasile Frumuzache, poche ore dopo il suo ingresso in carcere".

Sempre Tescaroli ha spiegato che "la struttura carceraria pratese è caratterizzata, per un verso, da un apparente massiccio tasso di illegalità e dalla estrema difficoltà di assicurare la sicurezza passiva dei detenuti e, per altro verso, da un'insufficienza di personale per quanto riguarda il ruolo degli ispettori e dei sovraintendenti (ruoli caratterizzati, rispettivamente, da una carenza di organico del 47% e del 56,52%), dalla estrema difficoltà di avere interlocutori in seno alla struttura stante l'assenza e il continuo ricambio delle figure direttive, da molteplici disagi e malattie mentali di vari detenuti, da plurimi suicidi (nel secondo semestre del 2024 se ne sono registrati due) e dalla scarsità delle possibilità di lavoro”. Queste condizioni, viene spiegato, rendono impossibili la prevenzione speciale, la rieducazione della pena “e la dignità stessa dei detenuti”.

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