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Omicidio poliziotto Agostino, ergastolo per il boss Madonia. Il padre: “Non taglio la barba, ancora tanti misteri”

Ci sono voluti 32 anni per arrivare a una prima sentenza per l’omicidio dell’agente Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio. Rinviato a giudizio per il boss Gaetano Scotto e per un amico del poliziotto, accusato di favoreggiamento. Presente al bunker del carcere di Palermo, come a ogni udienza, il padre del poliziotto, Vincenzo Agostino, con la sua lunga barba bianca: “La verità sulla morte di Nino e Ida è ancora chiusa in qualche palazzo delle istituzioni” ha detto l’uomo.
A cura di Biagio Chiariello
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Ergastolo per il boss Nino Madonia, uno dei fidati della Cupola di Totò Riina, accusato dell'omicidio del poliziotto Nino Agostino, ammazzato il 5 agosto del 1989 con la moglie Ida Castelluccio, sposata appena un mese prima ed incinta di due mesi. La sentenza del giudice Alfredo Montalto arriva dopo quasi 32 anni. Lo scorso 18 gennaio la Procura generale di Palermo aveva chiesto l'ergastolo per l'unico imputato, Nino Madonia. Presente al bunker, come a ogni udienza, il padre del poliziotto, Vincenzo Agostino, con la sua lunga barba bianca, simbolo della lotta alla Mafia. "Una verità importante – ha detto l'uomo, emozionato, mentre usciva dall'aula bunker dell'Ucciardone di Palermo – Ma non taglierò la barba, voglio aspettare la fine del processo nei confronti di Scotto, l'uomo chiave dei rapporti fra la mafia e pezzi deviati delle istituzioni. La verità sulla morte di Nino e Ida è ancora chiusa in qualche palazzo delle istituzioni".

Il delitto Agostino

Il delitto Agostino è rimasto impunito per 32 anni. Del duplice omicidio era imputato anche il boss Gaetano Scotto che, a differenza di Madonia, ha scelto il rito ordinario e quindi era in fase di udienza preliminare. Il gup lo ha rinviato a giudizio. Il processo a suo carico comincerà il 26 maggio 2021. Stessa decisione per il terzo imputato, Francesco Paolo Rizzuto, amico di Nino Agostino, all'epoca 16enne, accusato di aver aiutato i sicari, con il suo silenzio e tante bugie. Oggi è indagato per favoreggiamento aggravato. Dopo una lunga indagine la Procura di Palermo aveva chiesto l'archiviazione ritenendo che non ci fossero elementi idonei ad andare a processo.

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Un mistero durato 32 anni

All'epoca Agostino era ufficialmente solo un poliziotto del commissariato San Lorenzo, ma in realtà avrebbe fatto parte dei Servizi segreti collaborando alle indagini per la cattura dei grandi latitanti di mafia. Per conto di chi, non è ancora ben chiaro. Insieme a Emanuele Piazza, anche lui assassinato, Giovanni Aiello, morto d'infarto due anni fa, Guido Paolilli, agente di polizia e ad altri componenti allora di vertice dei Servizi di sicurezza, Agostino avrebbe fatto parte di una struttura di intelligence che teneva rapporti con alcuni esponenti di Cosa nostra. Rapporti, secondo l'accusa, opachi. Questo il motivo per il quale Agostino avrebbe deciso di allontanarsene poco prima del matrimonio. Una scelta che, secondo gli inquirenti, ha pagato con la vita. "Oggi si inizia a scrivere un pezzo di verità – dice l'avvocato Enza Rando, in rappresentanza di Libera, che si è costituita parte civile nel processo – il diritto alla verità è un diritto umano. Un risultato importante alla vigilia del 21 marzo, la giornata in ricordo di tutte le vittime della mafia".

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