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“Non potrò mai perdonare al fascismo di avermi fatto diventare cattivo”. Addio al partigiano Millo

Si è spento ad Ancona, all’età di 97 anni, Paolino Orlandini, nome di battaglia Millo. Tra i simboli della Resistenza, comandò numerose brigate di partigiani e fu tra i primi a entrare nell’Ancona liberata dall’occupazione nazifascista. I funerali si terranno martedì nella sala del commiato del cimitero di Tavernelle (Perugia)
A cura di Giorgio Scura
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ANCONA – "Non potrò mai perdonare al fascismo di avermi fatto diventare cattivo". Era un uomo buono, l'ex partigiano Paolino Orlandini, per tutti Paolo, che si è spento oggi a 97 anni ad Ancona. Durante la guerra era conosciuto come il Comandante Millo.  Un vero e proprio eroe della Resistenza, Paolo Orlandini. Fu comandante di diverse brigate delle forze Antifasciste e fu tra i primissimi ad entrare ad Ancona e Osimo dopo l'occupazione nazifascista.

Il Comandante Millo era nato ad Ancona il 26 gennaio 1924. Ha comandato il Gruppo Cingoli, Distaccamento Frontale, Distaccamento Stacchiotti, Distaccamento Paolo, appartenenti alla V Brigata Garibaldi Marche di Ancona. Medaglia d’argento al valor militare, iniziò la Resistenza il 16 Ottobre 1943 e dopo la liberazione della provincia di Ancona si arruolò nel Corpo Italiano di Liberazione divenendo Comandante del gruppo motociclisti della divisione Cremona fino al 29 aprile 1945.

Nel corso degli anni, ha mantenuto un costante impegno nell’Anpi  e una attenzione particolare verso i giovani e, in particolare, le scuole. Della Presidenza onoraria dell’Anpi della provincia di Ancona, nel 1998 ha pubblicato la sua storia nel libro Da balilla a partigiano. L’ultima sua intervista è stata rilasciata a Gad Lerner e Laura Gnochi per il libro Noi Partigiani. E proprio Gad Lerner ha ricordato la figura di Orlandini e la frase che il partigiano scolpì parlando del ventennio: «Non posso perdonare ai fascisti di avermi reso cattivo». 

Solo qualche tempo fa, in un'intervista al Fatto Quotidiano, Orlandini diceva:

"Il momento è difficile, restare in casa non è facile, eppure l’obbligo di restare a casa mi ha fornito l’occasione per sistemare il mio ricco e corposo archivio personale. In questi decenni ho accumulato migliaia di ritagli di giornale e materiale vario, sono un conservatore, ho sempre accumulato tutto. Tante cose le ho buttate, il cassonetto della ‘carta’ sotto casa è pieno dei miei scarti. Adesso posso dire che lascerò un’eredità più precisa ai posteri. Ricordo giornate difficili e altre epiche. Sono nato e cresciuto in pieno Ventennio fascista, anche se bambino sentivo addosso il peso della libertà tolta. La Resistenza non è nata per caso. Non dimentico gli anni prima del conflitto, passati tra le passeggiate al mare a Portonovo e la scuola. Poi tutto cambiò con l’8 settembre del 1943, l’armistizio e l’arrivo degli Alleati nelle Marche. Ad ottobre, il 16 per la precisione, stavo tornando a casa con la bici quando le sirene antiaeree risuonarono. Ero ragazzo, ma non dimenticherò mai quegli aerei luccicanti sopra il campanile del duomo, la distruzione che ne seguì e la fuga dalla città, dai rastrellamenti: ricordo la marcia a piedi da Ancona ad Osimo con le nostre poche cose, una damigiana di vino e un sacco di grano”.

I funerali si terranno martedì 1 giugno alle 10 nella sala del commiato del cimitero di Tavernelle. La camera ardente, allestita nella casa funeraria Tabossi, sarà aperta domani lunedì 31 maggio dalle 9 alle 19.

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