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Morto Leoni Lautizi: sopravvissuto alla strage di Marzabotto, vide i nazisti uccidere mamma e nonna

È morto a 83 anni Franco Leoni Lautizi, uno dei sopravvissuti alla Strage di Marzabotto. Nel 1944 Lautizi, che all’epoca aveva sei anni, vide morire davanti a sé la nonna e la madre incinta: a ucciderle i nazisti che in quei giorni sterminarono i civili nelle montagne intorno a Marzabotto sull’Appennino bolognese.
A cura di Susanna Picone
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Franco Leoni Lautizi, uno dei sopravvissuti alla Strage di Marzabotto, è morto. A darne notizia è il Comune di Rimini, che saluta un "testimone instancabile delle pagine più drammatiche della storia del nostro Paese, grazie alla sua attività con l'Associazione nazionale vittime civili di guerra, per anni dipendente del Comune di Rimini”. Franco Leoni Lautizi aveva 83 anni, all’epoca della strage di Marzabotto era solo un bambino. Aveva sei anni quando alla fine dell’estate del 1944 vide morire davanti a sé la nonna e la madre incinta, che era riuscita a salvarlo dai nazisti, che in quei giorni sterminarono i civili nelle montagne intorno sull'Appennino bolognese. “Dodici famigliari, duecentosedici bambini, settecentosettanta civili – raccontava Leoni Lautizi – furono sterminati tra il 29 settembre e il 5 ottobre del '44, a Marzabotto, dove vivevo con la mia famiglia. Io avevo 6 anni e fui uno dei soli otto bambini scampati a quel terribile massacro dove, però, avevo perso tutti”. Le truppe tedesche delle SS colpirono prima la nonna, uccisa da pallottola in testa, poi la mamma che stava per partorire. Si nascosero dietro il pagliaio “ma la paglia, purtroppo, non ferma i proiettili”. “Non morì subito e quelle ore che passai in solitudine con lei non le dimenticherò per tutta la vita; dalle due e mezza del pomeriggio a sera nessuno poteva infatti venire a soccorrerci – gli uomini erano scappati per resistere nel bosco – e io e mia madre rimanemmo soli. Ho nelle orecchie le sue urla strazianti, che non sembravano nemmeno provenire da un essere umano, un dolore fisico immenso che nulla era di fronte agli occhi che raccontavano la consapevolezza di una persona che aveva perso, e stava perdendo, tutto. Nonostante questo ebbe il coraggio di tenermi per mano, parlarmi e consolarmi, facendomi arrivare vivo fino all'arrivo dei primi soccorsi. Nonostante le terribili ferite riuscivo a sentire la gente che parlava e di fuori, scavare le buche per seppellire mia nonna, mia mamma, e anche me; mi davano per spacciato”, il suo ricordo straziante.

"Rimini e l’Italia perdono un testimone prezioso e una persona straordinaria" – A ricordare Lautizi, descritto come una persona dolce e serena, il vicesindaco di Rimini, Gloria Risi: "Mi sono sempre chiesta come una persona con alle spalle un trascorso così drammatico e pieno di sofferenza, costretto a vivere sulla sua pelle l'efferatezza della guerra e a vedere coi suoi occhi come l'odio posso spingere l'uomo alle azioni più impensabili, potesse invece essere così dolce, sensibile, serena”. Quella di Franco – ricorda il vicesindaco – è stata una infanzia distrutta, “segnata indelebilmente dalla sofferenza che proseguì anche nel dopoguerra, tra affidamenti, orfanotrofi, nuovi dolori”. Poi a Rimini il secondo tempo della sua vita dove “trova la forza di compiere il passo più difficile e meno dovuto: quello di raccontare”. Negli anni Lautizi ha portato la sua testimonianza nelle scuole, parlando con i più giovani. “Con la scomparsa di Franco, Rimini e l’Italia perdono un testimone prezioso e una persona straordinaria”, il cordoglio della vice del sindaco di Rimini.

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