Montemurlo, operai in sciopero aggrediti davanti a sede azienda: titolare e altri li prendono a calci e pugni

A Montemurlo, nel distretto tessile pratese, la tensione è esplosa davanti ai cancelli della stireria Alba Srl, dove da giorni un gruppo di operai, in gran parte bengalesi, afghani e pakistani, manifestava per difendere diritti e posti di lavoro. Martedì 16 settembre, durante il picchetto, si è verificata un’aggressione che ha trasformato la protesta in una scena di violenza.
Secondo quanto denunciato dal sindacato Sudd Cobas, a colpire per prima sarebbe stata la titolare dell’azienda, che avrebbe distrutto i gazebo del presidio sindacale e poi colpito alcuni lavoratori con calci e pugni. Poco dopo è sopraggiunta un’auto con altre persone, scese appositamente per picchiare gli scioperanti. “Un lavoratore è rimasto a terra dopo essere stato colpito più volte. L’hanno dovuto portare via in ambulanza”, hanno riferito i sindacalisti.
Le immagini diffuse dai Cobas mostrano chiaramente i momenti di caos: uomini strattonati, magliette strappate, urla e pugni. Sul posto sono intervenuti i carabinieri e il personale sanitario del 118. Anche la titolare, colta da un malore, è stata soccorsa.
L’episodio richiama da vicino quanto accadde un anno fa, quando a Seano, in circostanze simili, alcuni operai furono aggrediti a bastonate dal titolare di un’altra azienda, in un caso che portò l’apertura di un’inchiesta e misure cautelari. Per i Cobas si tratta di un nuovo capitolo della stessa emergenza: “Ad un anno dall'assalto a bastonate al presidio di Seano, ancora scene di violenza contro chi esercita il diritto di sciopero. Stavolta è successo a Montemurlo, davanti allo stabilimento di via delle Lame”.
I sindacalisti sottolineano che gli operai coinvolti non lavorano per una piccola realtà marginale, ma confezionano e stirano capi destinati a brand della moda di fascia alta: “Cuciono e stirano abiti che nei negozi arrivano a costare quanto un loro stipendio”. Una contraddizione che, secondo loro, svela il lato oscuro del sistema di appalti e subappalti che caratterizza il distretto tessile: aziende che si aprono e si chiudono, cambiando ragione sociale per abbassare i costi e aggirare le regole.
La vicenda della stireria Alba Srl è emblematica. Fino a pochi mesi fa, denunciano i Cobas, i lavoratori erano formalmente assunti da società terze, come Forservice Srls e prima ancora ReStiro Srl. Realtà considerate “società schermo”, che applicavano contratti non corrispondenti alle mansioni reali e costringevano gli operai a straordinari non retribuiti, con condizioni di precarietà estrema. Dopo mesi di proteste, a febbraio si era arrivati a un accordo: assunzione diretta degli operai da parte di Alba Srl, contratti a tempo indeterminato e applicazione del CCNL Tessile Industria.
Un compromesso che sembrava aver segnato una svolta, ma che a primavera ha mostrato nuove crepe. Parte delle macchine da cucire e delle commesse sono state trasferite in un capannone vicino, intestato alla stessa Forservice, con il ritorno di condizioni di sfruttamento segnalate dai lavoratori: turni di dodici ore, reclutamento tramite caporali e alloggiamenti in condizioni di segregazione.
Di fronte a questa situazione, il sindacato lancia un appello che va oltre il singolo episodio: “Diritti negati, società che chiudono e riaprono sotto altri nomi e violenza contro chi protesta: succede questo nella giungla di appalti e subappalti della moda Made In Italy. I brand committenti non pensino di essere estranei. Quello che è accaduto all'Alba Srl li riguarda direttamente. Prato non può più essere la città dei diritti negati e della violenza contro chi sciopera. Facciamo appello a tutta la cittadinanza, alla società civile, alle istituzioni a reagire. Siamo pronti alla mobilitazione”.