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Monginevro. Migrante clandestino si perde in montagna: muore di fame e sete

Identificato il cadavere ritrovato al Monginevro. Si tratta di un ragazzo senegalese. Salvo suo cugino minorenne: “Abbiamo vagato per giorni. Eravamo sfiniti”. Gli attivisti di Briser les Frontières: “Non è colpa della montagna ma dei vostri confini”.
A cura di Biagio Chiariello
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Si chiamava Mamadou, era senegalese e ha vagato tre giorni sulle montagne al Monginevro prima di arrendersi. È stato identificato il migrante morto tentando di passare clandestinamente il confine tra Italia e Francia.  A comunicarlo sono stati gli attivisti di Tous Migrant (la rete solidale che da mesi assiste i migranti al confine), come già successo per Blessing Matthew, la donna annegata due settimane fa non lontano da Briançon. Mamadou era partito la scorsa settimana dall’Italia con un cugino, Ibrahim, ancora minorenne, ora ricoverato in ospedale in stato di shock. Una tappa di un viaggio estenuante che i due ragazzi avevano cominciato insieme e affrontato fianco a fianco dal loro villaggio in Senegal, prima attraverso l’Africa, poi su un barcone diretto in Italia, quindi lungo il nostro Paese fino alla Val di Susa. "Ho perso Mamadou lungo la strada. Abbiamo camminato per giorni e notti intere", ha raccontato Ibrahim ai mediatori che lo assistono in ospedale.

Del caso adesso si sta occupando il procuratore Raphael Balland: lo stesso che coordina le indagini per la morte di Blessing. E ora gli attivisti di Briser les Frontières puntano il dito contro l’Italia. La rete di solidarietà nei confronti migranti (che in Italia ha occupato una parte della canonica di Claviere) è l’ultimo presidio per chi vuole rifocillarsi prima di tentare la traversata. “Non è colpa della montagna. È solo colpa dei vostri confini – si legge sul web – dei muri visibili e invisibili, dei cani da guardia e delle vostre maledette leggi”. Sulla stessa scia Tous Migrants: "Da mesi gli abitanti della regione di Briançon si sono mobilitati per accogliere le persone degnamente e per cercare di evitare i drammi. Ogni notte, solidali, braccati anche dalla polizia, hanno vigilato e portato soccorso agli esuli in difficoltà nella neve e nel freddo, per fare in modo che le Alpi non diventino un cimitero a cielo aperto – si legge in un comunicato diffuso dalla ong – Già due drammi di troppo dallo scioglimento delle nevi, due drammi che non sono incidenti, ma la conseguenza di una politica suicida".

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