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Opinioni

Michael Franzese, ex boss famiglia Colombo di New York: “La mafia nel business delle mascherine”

Essere un mafioso è una strada senza via d’uscita, questo è sicuro. Nessuno lo può sapere meglio di me.
A cura di Sergio Nazzaro
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Michael Franzese, ex capo della famiglia Colombo di New York, figlio di John Franzese, potente e rispettato viceboss della Famiglia Colombo morto nel 2020 all’età di 103 anni, è uno dei personaggi più conosciuti di Cosa Nostra americana. Famiglia di origini napoletane, nel 1986 la rivista Fortune lo ha inserito al 18º posto nella classifica "Fifty Most Wealthy and Powerful Mafia Bosses" (i 50 boss più ricchi e potenti della Mafia). Lui stesso ha ammesso di guadagnare dai 5 ai 10 milioni di dollari a settimana durante quel periodo. Dopo aver scontato 10 anni di carcere, Franzese ha lasciato Cosa Nostra, è diventato un apprezzato speaker e motivatore che lavora soprattutto con i giovani per far comprendere la distruttività di una vita criminale.

In questa intervista esclusiva per Fanpage.it racconta dei suoi anni nella mafia, delle opportunità della criminalità organizzata durante la pandemia da Covid-19 e di come sia sempre possibile cambiare vita.

Si discute molto se le mafie si stanno infiltrando nel sistema economico, piuttosto che affermare che si sono già infiltrate da decenni nell’economia. Su questo punto, in una tua recente conversazione con Mike Tyson, spieghi con grande precisione che molti gruppi criminali senza la droga sarebbero finiti da tempo, mentre Cosa Nostra sopravvive e bene perché è inserita in ogni aspetto economico. Perché si continua a negare l’evidenza che le mafie sono pienamente inserite nell’economia?

“Io e i miei ex affiliati di Cosa Nostra eravamo un gruppo coerente e ben organizzato. A differenza di molti cartelli di narcotrafficanti, avevamo un’aurea di rispettabilità che li avvicinava a noi, piuttosto che spaventarli e quindi farli allontanare. Sapevamo come dovevamo comportarci. Avevamo piena consapevolezza come di come presentarci importanti e potenti quali eravamo. E agivamo di conseguenze, azioni che seguivano le parole. Non abbiamo mai avuto paura di sovvertire la legge per il nostro personale beneficio e per le nostre famiglie mafiose. Noi comprendevamo la cultura della nostra società, come si muoveva ed evolveva. Capivamo perfettamente le persone al potere e quelle che volevano ottenere il potere, e abbiamo sfruttato questa nostra capacità di comprensione, di conoscenza a nostro completo vantaggio. Sapevamo come dividere e convincere le persone sia in campo politico che quello economico. Le abbiamo usate per fare offerte per gli appalti pubblici, usate a nostro vantaggio. Politici corrotti ci cercavano sia per avere un sostegno per le loro campagne elettorali ma anche per riempirsi il portafoglio con i nostri soldi. Devi comprendere che avevano bisogno del potere che noi avevamo ed esercitavamo sui sindacati, cioè un importante e cospicuo pacchetto di voti esercitato sia a livello nazionale che in ambito locale, cioè nel proprio distretto. Li usavamo quindi a nostra volta per le finalità dell’organizzazione. Tieni conto che mondo degli affari, venivano da noi persone che avevano bisogno di soldi che non riuscivano ad ottenere per le vie convenzionali. Noi prestavamo denaro e ci prendevamo un pezzo del loro business, penso che ti ricordi qualcosa. Molti amministratori o impieganti venivano da noi con articolati piani per derubare la propria azienda, per farci soldi loro. Noi davamo loro soldi e protezione e avevamo una quota delle loro aziende. Abbiamo avuto “interessi silenziosi” in società molto importanti. E abbiamo fatto questo nelle principali città degli Stati Uniti d’America. Questo è potere”.

Come vedi la mafia italo americana oggi? Dal tuo punto di vista quali evoluzioni de La Cosa Nostra possono essere considerate pericolose. O siamo in presenza di un fenomeno in declino?

La Cosa Nostra in America non è più quella degli anni d’oro che vanno dal 1950 fino a tutta la metà degli anni ottanta. Il Governo ha dato colpi durissimi contro la mafia mettendo in campo il suo potentissimo arsenale di leggi sia a livello federale che statale. Il RICO ACT (Il Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act è una legge federale statunitense, pensata per combattere il crimine organizzato – soprattutto di tipo mafioso – emanata nel 1970 durante la presidenza di Richard Nixon), il Bail Reform Act e Sentencing Form Act sono stati e sono potenti strumenti contro la mafia italo americana che il Governo ha usato dall’inizio degli anni ’80. Lo so per esperienza personale. Sono stato iputato tante volte, ma alla fine sono stato condannato per la legge RICO: dieci anni di galera e 15 milioni di dollari di confisca e risarcimento. Molte figure criminali di spicco della mia precedente vita criminale, sono cadute sotto i colpi di queste leggi e hanno ricevuto sentenze di ergastolo. Devastante! Comunque, Cosa Nostra è piena di risorse. Esiste ancora, meno potente di prima, agisce molto di più nell’ombra. Si sta ricostruendo e credimi non scomparirà almeno durante il tempo della mia vita”.

In questo delicato momento in cui la pandemia da Covid-19 sta attraversando il mondo intero, crerando uno stato di emergenza permanente, credi che le mafie siano pronte a cogliere le nuove opportunità che si presentano?

“Cosa Nostra prenderà tutte le opportunità che la società gli potrà offrire. Ad esempio i DPI, i dispositivi di protezione individuale, sono ad un esempio una nuova opportunità per attività criminali sia in forma legittima che illegittima. Membri di Cosa Nostra sono pienamente attivi nel rifornire compratori di materiali di protezione. In alcuni casi, mascherine contraffatte sono state realizzate per pochi spiccioli e rivendute a prezzi assurdi, e stiamo parlando di milioni e milioni di pezzi”.

Le mafie sono quindi impresa, economia, capitali finanziari. 

“Come ti dicevo prima, sia la Mafia che Cosa Nostra sanno cogliere le opportunità sia di tipo economico che politico che gli si presentano. Lo Faranno sempre”.

La tua famiglia è di origine italiana. Quanto conosci il fenomeno mafioso italiano?

“La mia famiglia è originaria di Napoli, sia da parte di mia madre che da parte di mio padre. E per quanto è di mia conoscenza, la mafia in Italia è ancora estremamente potente”.

La tua persona è emblematica, da un percorso di vita criminale ad altissimi livelli a un completo cambio di vita. Quali sono stati gli ostacoli più difficili che hai incontrato in questo cambiamento e cosa diresti a chi vede nella criminalità organizzata un percorso di vita e di successo?

“Ho compreso all’inizio degli anni ottanta che le nuove leggi erano armi veramente efficaci per combattere Cosa Nostra negli Stati Uniti. Ho visto che molti affiliati diventavano collaboratori di giustizia perché avevano di fronte la possibilità di un ergastolo, come risultato della legge RICO. Dal mio punto di vista il Governo è stato efficace nel trasformare la paura di subire vendette nel diventare collaboratore di giustizia, nella paura di spendere una vita intera in galera. Ho avuto molti miei ex affiliati che hanno testimoniato contro di me. Io ero un obiettivo di alto livello per le forze di polizia sia a livello federale che statale. Sapevo bene che se fossi stato condannato, avrei speso decenni della mia vita in carcere. La mia famiglia, mia moglie e i miei figli, sarebbero stati distrutti da questa situazione, alla stessa maniera quando mio padre John è stato condannato a 50 anni di galera. Ho preso la decisione di ridurre le mie possibili perdite. Avevo una certa forza di contrattazione, avendo battuto in aula ben cinque volte il Governo, la mia ultima vittoria era stata contro il giudice di Manhattan Rudy Giuliani. Dopo quella vittoria al processo, sono stato imputato di nuovo per la legge RICO e così ho usato le mie precedenti vittorie nei processi per negoziare un patteggiamento: 10 anni di galera e una cifra consistente di risarcimento. Non avrei, però, testimoniato contro i miei vecchi soci di Cosa Nostra. Non sarei mai entrato nel programma protezione testimoni. Non avrei aiutato il Governo a mettere in galera altri membri di Cosa Nostra. Non è quello che sono io. Volevo solo preservare la mia vita e i miei affetti. Grazie a Dio, ci sono riuscito. Sono sopravvissuto alle ritorsioni del mio ex boss solo per il fatto che me ne sono andato dalla famiglia, e una lunga litania di sfide che ho dovuto affrontare per arrivare dove sono oggi. E sono fermamente convinto che Dio aveva altri piani e scopi per la mia vita. Da quando ho scontato la mia pena, ho consigliato e formato migliaia di giovani, provenienti da gang e altre realtà di disagio sociale contro lo stile di vita da gangster, del mafioso. Essere un mafioso è una strada senza via d’uscita, questo è sicuro. Nessuno lo può sapere meglio di me. Ho vissuto quella vita. Quando parlo, parlo per esperienza, da quando ero un bambino, perciò mi credono”.

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Scrive reportage d’inchiesta soprattutto sulla criminalità organizzata sia italiana, sia sulla mafia nigeriana e altre di origine africana. Ha collaborato con diverse testate tra cui Repubblica, Sole 24 Ore e realizzato documentari per Current TV, Rai 3. Per il mensile Wired ha pubblicato l’esclusivo reportage sull’ultima base segreta della Nato “Proto”. Nel 2013 è stato insignito del premio “Testimone di Pace sezione informazione”. Per Einaudi ha scritto “Castel Volturno, reportage sulla mafia africana“, per Città Nuova Editrice “L’insoluto” dialogo biografico con Pietrangelo Buttafuoco. Nel 2018 ha pubblicato la graphic novel “Mediterraneo” per Round Robin Editrice con i disegni di Luca Ferrara e "Palma di Dio" per Città Nuova Editrice.
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