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Mia sorella uccisa da uno stalker a 23 anni, le dicevano: “Mica possiamo darle la scorta”

Santa Scorese è stata uccisa a coltellate dal suo stalker il 16 marzo 1991 a Palo del Colle (Bari). Aveva solo 23 anni. Studentessa e attivista cattolica, Santa aveva denunciato puntualmente minacce, molestie e persecuzioni, ma ai tempi dello stalking prima della legge sullo stalking, introdotta nel 2009, in Questura facevano spallucce: “Mica possiamo darle la scorta”.
A cura di Angela Marino
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Rosamaria Scorese e Santa Scorese
Rosamaria Scorese e Santa Scorese

Santa Scorese è stata uccisa a coltellate dal suo stalker il 16 marzo 1991 a Palo del Colle (Bari). Aveva solo 23 anni. Studentessa e attivista cattolica, Santa aveva denunciato puntualmente minacce, molestie e persecuzioni, ma ai tempi dello stalking prima della legge sullo stalking, introdotta nel 2009, in Questura facevano spallucce: "Mica possiamo darle la scorta". Oggi, mentre la Chiesa porta avanti il processo per beatificazione, la sorella Rosamaria ci racconta ‘il martirio' di Santa.

Chi era Santa? 

Una ragazza che aveva risposto alla chiamata della fede. Non sappiamo cosa sarebbe diventata, forse sarebbe una laica attivissima, forse sarebbe volontaria in Africa, di certo c'è solo che aveva scelto Dio e gli avrebbe dedicato la vita.

Come è avvenuto l'incontro tra Santa e Giuseppe, il killer? 

L'ha vista per strada e l'ha seguita mentre Santa andava in cattedrale a Bari. L'ha molestata e da allora ha cominciato a braccarla come un cacciatore fa con la sua preda. Le scriveva, la seguiva, chiedeva alle persone di lei sia a Palo del Colle sia in tutti gli ambienti del volontariato in cui Santa faceva attivismo, sia all'università, tanto che lei andava a lezione accompagnata dai miei genitori. Era scortata in ogni momento della giornata, sul treno la conoscevano anche i pendolari e se lo vedevano la avvertivano. Lui era onnipresente. Trovavamo bigliettini a sfondo sessuale e religioso. Neanche nei migliori film dell'horror si potevano leggere queste cose.

Giuseppe aveva un'ossessione religiosa?

Giuseppe soffre di un disturbo schizofrenico paranoide. All'epoca aveva tentato di far parte di un gruppo vocazionale in seminario, ma probabilmente era già all'attenzione di qualcuno – lui imbrattava i muri con frasi deliranti sulla trinità e la verginità di Maria – per cui era stato allontanato. Non sappiamo se l'accanimento nei confronti di Santa fosse una sorta di vendetta.

Perché proprio lei?

È una sorta di grande interrogativo per tutti, se lo si legge in una chiave di fede probabilmente l'annidarsi del male che si è servito delle fragilità di un uomo, perché lui non poteva aver idea, quando l'ha vista la prima volta, di chi fosse Santa e di quali scelte stesse facendo. Nello stesso tempo più lui si accaniva più lei sceglieva liberamente.

Avevate chiesto aiuto alle forze dell'ordine? 

Molestie e minacce venivano riportate regolarmente in Questura, dove regnava l'impotenza più totale. All'epoca le minacce erano considerate un reato ‘contro la morale' e non ‘contro la persona'. Tanto da far dire a due magistrati: "Signorina, piccolina com'è se avesse voluto farle del male lo avrebbero già fatto, mica possiamo metterle la scorta". Era buio totale, ci venivano incontro solo i colleghi di papà che è poliziotto.

E lui è riuscito a farle del male.

Quando Santa è stata aggredita il giorno del suo compleanno, il 6 febbraio, aggressione per fortuna sventata, ci rivolgemmo all'equipe sanitaria che avrebbe dovuto seguirlo. Andammo all'USL, quella contro la quale poi abbiamo improntato il processo civile. Ci dissero che la madre lo avrebbe fatto curare privatamente, con i risultati che poi conosciamo.

Perché la famiglia di lui non interveniva?

La sua era una famiglia medio-borghese, suo padre era un carabiniere e sappiamo che anche lui era stato in manicomio per un grave disturbo. Non sono persone a cui mancano gli strumenti culturali per comprendere situazioni come queste. La famiglia, in particolare la mamma, si opponeva alla terapia perché dicevano che quando Giuseppe era sotto farmaci, stava molto male. Non è mai stato sottoposto a TSO, c'è stata veramente una sottovalutazione del rischio.

Dopo la tragedia avete intentato azioni contro i sanitari? 

La ASL si è tutelata immediatamente attaccandosi al cavillo che precedentemente era una USL, e quindi giuridicamente un soggetto diverso, pur contenendo le stesse persone e le stesse cose. Non posso descrivere il senso di tristezza e umiliazione che ci è rimasto addosso.

Come è andato il processo?

Il processo penale di è concluso nel giro di un anno con il provvedimento che lo riteneva incapace di intendere e di volere. Dall'OPG di Aversa ha scritto lettere a chiunque, una addirittura a Umberto Galimberti, firmata da Santa dal Cimitero di Palo Del Colle, lettera che Galimberti ha pubblicato sull'inserto ‘D di Repubblica', senza accorgersi che si trattasse del delirio di una persona disturbata.

Il killer di sua sorella è una persona libera? 

Sì. Giuseppe è una persona libera. Dopo il soggiorno nella comunità, che tra l'altro non era molto lontana da casa nostra e in cui è stato per circa 10 anni, con un provvedimento di una giudice di sorveglianza di Bari, a seguito di una relazione di uno psichiatra di parte, è diventato una persona libera. Forse sottoposto solamente a una terapia farmacologica che è la cosa che noi auspicavamo da prima della tragedia, ma libero.

Avete paura?

Non ci sentiamo in pericolo per noi stessi, ma per le altre donne. Per questa bomba a orologeria che potrebbe esplodere da un momento all'altro.

Come è partito il processo di beatificazione? 

La cosa all'inizio è nata dall'interessamento di un sacerdote don Ludovico Rota, che non si è rivelato subito, ed è stato una sorta di scopritore della storia. Ha capito che c'era qualcosa che andava aldilà della tragedia, soprattutto dopo la pubblicazione dei diari di Santa. Poi noi familiari siamo stati ascoltati tutti da un tribunale vero e proprio, a cui è toccato ‘verificare' la storia.

E dopo?

Il processo di beatificazione è in corso dal '98, quando fu aperta l'inchiesta diocesana. Si basa sul presunto martirio in odio della fede, per cui non c'è neanche bisogno di provare un miracolo, perché la testimonianza di sangue è già un miracolo morale. Prima di morire Santa aveva consegnato alla sua guida spirituale il biglietto dove il suo aguzzino scriveva "o mia o di nessuno e nemmeno di Dio", dicendogli di ricordare che qualunque cosa le fosse successa, lei aveva  scelto Dio. Non è un andare incontro alla fine, come i martiri del Colosseo, ma una donazione totale di sé e questo alla Chiesa già basta. Potrebbe essere considerata martire per la dignità della donna, quindi un modello anche laico.

Cosa pensa che si debba fare per contrastare la violenza di genere?

Al di là di leggi e proclami, bisogna iniziare dalle piccole cose. Dobbiamo lavorare sui più giovani, sulla cultura di genere, sul linguaggio. Lo so, sembriamo pesantissimi quando parliamo di queste cose, ma ciò che non si dice si nega. Usare le parole giuste è il primo passo.

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