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Makka che uccise il padre violento: “Il diario? Era per i carabinieri, avevo paura di non essere creduta”

La 18enne di Nizza Monferrato che il 1 marzo uccise il padre a coltellate per difendere la madre dalle percosse è tornata a parlare del delitto. “Difendo mia mamma da lui da quando avevo 12 anni, oggi senza di lui penso a una famiglia libera”
A cura di Gabriella Mazzeo
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Dalla comunità nella quale è ospite, la 18enne Makka è tornata a parlare dell'omicidio del padre compiuto il 1 marzo scorso. Un'azione, racconta, della quale è pentita ma compiuta per difendere se stessa e sua madre dalla violenza del genitore.

Soprusi e percosse dai quali le due dovevano difendersi da anni e che la ragazza non sopportava più: sul suo diario scriveva di temere per i suoi fratelli, di aver paura che da grandi potessero comportarsi come il padre nei confronti delle donne.  Così, davanti all'ennesima minaccia e davanti alle botte che l'uomo stava scaricando sulla madre, la ragazza ha preso un coltello e ha colpito il padre. 

Per messaggio, ha raccontato la 18enne agli inquirenti, lui aveva scritto alla madre: "Ti ammazzo". Makka aveva avuto paura, così aveva raccontato i suoi timori in un'agenda. Non un diario, ha fatto sapere alle forze dell'ordine, perché le pagine avevano come intestazione: "Per i carabinieri". "Se qualcuno leggerà questa pagina – aveva scritto – uno dei due sarà morto: o io o lui".

Dalla comunità dove in questo momento si trova in arresto, la 18enne conferma il pentimento per l'omicidio, ma asserisce di non aver avuto scelta. "Se penso alla mia famiglia – ha continuato la ragazza – oggi penso a una famiglia libera". Come riportato dal Corriere della Sera, a difenderla c'è l'avvocato Massimiliano Sfolcini che è cauto su tutte le domande che riguardano il futuro. Con il legale la 18enne si confronta spesso nella comunità per giovani adulti dove in questo momento si trova.

La ragazza ha raccontato di aver affrontato il genitore che quel giorno era più furioso del solito dopo aver perso il lavoro come operaio e aver ricevuto un rifiuto davanti alla richiesta fatta alla moglie e alla figlia di abbandonare il loro impiego. Sapeva che quella sera a casa avrebbe dovuto fare i conti con le minacce di quell'uomo, così aveva deciso di lasciare traccia di quello che stava accadendo, in caso lei fosse morta.

Makka avrebbe anche registrato un audio nascondendosi dietro la porta della cucina. "Volevo delle prove" avrebbe raccontato al gip. "Avevo anche pensato di denunciarlo senza registrazione, ma avevo paura di non essere creduta" avrebbe confessato.

"A Natale era successo ancora: io non ero in casa, me lo disse mia madre. Lui la picchiò davanti al mio fratellino, gli disse che anche lui avrebbe dovuto comportarsi così una volta sposato. Quella volta vidi un livido sulla fronte di mia madre e le feci una foto". Stava raccogliendo altre prove per la denuncia che aveva intenzione di fare alle forze dell'ordine. "I messaggi con le minacce che mio padre mandava a mamma e che lei girava a me, io li inoltravo a un'amica perché lui controllava il telefono e io volevo conservare tracce senza allarmarlo".

"Mio padre era come mio nonno paterno – ha raccontato la 18enne -. Anche lui era violento con mia nonna". La 18enne, arrivata in Italia dalla Cecenia, aveva attraversato la Finlandia e poi il nostro Paese con l'asilo politico. Anche quando era piccola, ha spiegato, assisteva a violenze da parte del padre."Se provavo a mettermi tra lui e mia mamma, lui mi colpiva. Alcune volte lo ha fatto a scopo educativo, diceva. Ho iniziato a cercare di difenderla dai miei dodici anni".

"Quel giorno, lui aveva le mani al collo di mia mamma e io l'ho colpito con due pugni. Era la prima volta e si è arrabbiato perché per lui le donne non possono picchiare gli uomini. È venuto verso di me, mi ha preso per i capelli, mi ha buttata per terra, mi ha colpito con due pugni. Mia madre cercava di allontanarlo, io ho preso il coltello". Dopo l'omicidio, ha raccontato la 18enne, Makka ricorda solo la madre sotto shock.

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