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Mafia, confiscati beni per 250.000 euro al cognato di Matteo Messina Denaro

Gaspare Como, cognato del boss latitante Matteo Messina Denaro, ha avuto confiscati beni per un valore di 250.000 euro da parte della Dia di Trapani. Como è il marito di Bice Maria Messina Denaro. Già sorvegliato speciale di pubblica sicurezza, attualmente è detenuto per associazione a delinquere di tipo mafioso.
A cura di Susanna Picone
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Colpo alla famiglia del super latitante Matteo Messina Denaro. La Dia di Trapani, coordinata dalla Procura della Repubblica di Marsala (Trapani), ha eseguito la confisca di beni per un valore di 250.000 euro nei confronti di Gaspare Como, commerciante pregiudicato di Castelvetrano e cognato di Matteo Messina Denaro per averne sposato la sorella Bice Maria. Già sorvegliato speciale di pubblica sicurezza, attualmente Como è detenuto per associazione a delinquere di tipo mafioso. La confisca è stata disposta dal Tribunale di Marsala al termine del procedimento penale che ha portato alla sua condanna a 3 anni e mezzo di reclusione, per trasferimento fraudolento di valori, e, per concorso nel medesimo reato, alla pena di un anno e sei mesi a carico di Gianvito Paladino e di Bice Maria Messina Denaro.

I beni sottoposti a confisca – La sentenza, confermata dalla Corte d’Appello di Palermo, è divenuta definitiva a seguito della dichiarazione di inammissibilità, da parte della Suprema Corte di Cassazione, in ordine al ricorso presentato dai condannati. I beni sottoposti a confisca, già sequestrati dalla Dia nel 2013, sono un'attività commerciale di abbigliamento, locale di circa 200 mq intestato alla sorella di Gaspare, Valentina Como, e un'auto di grossa cilindrata. L’indagine ha accertato come Gaspare Como, mentre scontava la misura della sorveglianza, avesse avviato una fiorente attività commerciale a Castelvetrano. Como ha inoltre continuato a fare investimenti in immobili e in aziende, intestando tutto a terze persone nel tentativo di sottrarsi all’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali. Grazie all'esame dei movimenti bancari degli indagati, sui cui conti operava esclusivamente Como, apponendo anche firme false e alle intercettazioni telefoniche però si è riusciti a individuare il reale proprietario.

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