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Mafia a Palermo, 31 arresti. Odio e offese verso Falcone e Borsellino: “Noi non ci immischiamo con loro”

Sono 31 le persone arrestate a Palermo in una maxi operazione di polizia e carabinieri che ha smantellato i vertici del mandamento di Brancaccio-Ciaculli. Droga, estorsione e offese a Falcone e Borsellino.
A cura di Chiara Ammendola
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C'è anche Antonio Lo Nigro, 43 anni, tra le 31 persone arrestate questa mattina all'alba in una maxi operazione della squadra mobile di Palermo del Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine della polizia coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Associazione di tipo mafioso, detenzione e produzione di stupefacenti, detenzione di armi, favoreggiamento personale ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso, tra le accuse mosse agli appartenenti al mandamento di Brancaccio-Ciaculli: nelle intercettazioni sono emerse anche l'odio e le offese rivolte ai giudizi uccisi dalla mafia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Tra gli arrestati Antonio Lo Nigro: il cugino Cosimo procurò l'esplosivo per la strage di Capaci

Delle 31 persone arrestate, 29 sono finite in carcere e due agli arresti domiciliari. Tra i nomi chiave c'è proprio quello di Antonio Lo Nigro, narcotrafficante in rapporti con l’Ndrangheta, la cui famiglia è piuttosto nota alle forze dell'ordine: il cugino, Cosimo, condannato all'ergastolo, è colui che fu incaricato di procurare l’esplosivo per la strage di Capaci e fece parte del commando che uccise don Pino Puglisi. Secondo quanto emerso dalle indagini, Cosa nostra aveva imposto il pizzo ovunque, da Brancaccio a Roccella a Ciaculli: tutti dovevano pagare i mafiosi, dall’ambulante all'imprenditore, da poche decine di euro a 2.500 euro, due rate a Pasqua e Natale. Almeno 50 i casi di estorsione ricostruiti in questa ultima indagine coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido, che ha riconosciuto Giuseppe Greco, arrestato l’anno scorso, il capo del mandamento di Ciaculli, mentre a Roccella, comandava Maurizio Di Fede. È stato lui a inveire contro Falcone e Borsellino, così come emerso dalle intercettazioni, quando seppe che la figlia di una sua amica avrebbe dovuto partecipare con la sua classe a una manifestazione antimafia all’aula bunker: “Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino – le parole rivolte alla madre della piccola – Non ti permettere… Io mai gliel’ho mandato mio figlio a queste cose… vergogna”.

Ma è sullo spaccio di droga, cocaina, hashish e marijuana, che Cosa nostra ha incentrato la propria rinascita economica, da dove ha guadagnato il denaro necessario a mantenere economicamente le famiglie dei detenuti, gestendo sei piazze di spaccio allo Sperone e guadagnando fino a 80 mila euro alla settimana. “Siamo di fronte a un gruppo ancora potente, che ha messo in campo una massiva attività estorsiva – ha spiegato il prefetto Francesco Messina – e i mafiosi hanno potuto contare sulla protezione delle vittime. Attraverso il racket delle estorsioni e poi anche il traffico di droga, Cosa nostra ha provato a riorganizzarsi nuovamente. A Brancaccio, abbiamo registrato un’attività di spaccio che portava a 80 mila euro di guadagni a settimana, 4 milioni all’anno. Affari sull’asse Calabria – Sicilia. Tutti dati che alla vigilia delle commemorazioni per il trentennale delle stragi Falcone e Borsellino ci dicono una cosa sola: non è possibile abbassare la guardia nel contrasto alle mafie”.

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