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L’omicidio di Melina e Santa a Riposto: resta in carcere l’uomo che ha accompagnato il killer

l 55enne Luciano Valvo è accusato di aver accompagnato il presunto killer (poi morto suicida) sul luogo dove si è consumato l’omicidio di Melina Marino, una delle due vittime di Salvatore La Motta a Riposto.
A cura di Biagio Chiariello
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Il giudice per le indagini preliminari di Catania, Luca Lorenzetti, ha convalidato l’arresto per concorso in omicidio per Luciano Valvo, il 55enne accusato di complicità in uno dei due femminicidi di Riposto dell'11 febbraio scorso. Secondo gli inquirenti, avrebbe accompagnato Salvatore La Motta, il presunto killer poi morto suicida, sul luogo del delitto di Melina Marino (cioè al Lungomare di Riposto) a bordo della sua Volkswagen Golf nera. Non gli viene, invece, contestato alcun ruolo nella morte della seconda vittima della tragedia, Santa Castorina. Almeno per il momento.

Il provvedimento di fermo della Procura distrettuale etnea si basa sulle indagini dei carabinieri della compagnia di Giarre e del nucleo investigativo del comando provinciale di Catania. Il legale di Valvo, l'avvocato Enzo Iofrida, ha annunciato ricorso al Tribunale del riesame: il suo cliente si proclama innocente.

Nel provvedimento il Gip riporta la ricostruzione del delitto fatta dalla Procura dopo avere visto il video del delitto ripreso da un sistema di sorveglianza del lungomare di Riposto. Nel filmato si vede la Volkswagen Golf  di Valvo che si ferma pochi metri dietro l'autovettura della prima vittima: La Motta scende dalla Golf e si dirige verso la Suzuki Ignis della donna, entra nell'abitacolo dallo sportello posteriore destro.

La Golf resta con il motore acceso, attende alcuni secondi e, poi, prima ancora che La Motta scende dall'autovettura della vittima, fa una piccola retromarcia e poi torna in avanti con una manovra che, è la tesi dell'accusa sposata dal Gip, "si posizionava per essere pronta per fare salire La Motta e ripartire senza dover fare altre manovre e così allontanarsi in pochi attimi".

Nel provvedimento il Gip Lorenzetti scrive che da "questa seconda condotta" emergerebbe "la consapevolezza di Valvo che ciò che doveva fare La Motta sarebbe durato pochi secondi, tanto da non dovere neppure spegnere il motore dell'autovettura" e che l'indagato dopo l'omicidio di Carmelina ‘Melina' Marino "l'autovettura doveva essere pronta per fare salire" l'ergastolano a bordo e "ripartire subito senza dovere fare altre manovre".

Ma non solo, scrive il giudice Valvo, dopo il delitto, "riparte subito come se nulla di grave o inaspettato fosse successo".

Mentre, come esattamente osservato dal Pubblico Ministero – osserva il Gip – qualora Valvo non fosse stato a conoscenza degli intenti del La Motta avrebbe verosimilmente tenuto una condotta diversa, magari uscendo dalla sua autovettura, dopo aver sentito l'esplosione di un colpo di arma da fuoco, per verificare cosa fosse successo, oppure aspettando il rientro del La Motta per chiedergli cosa fosse successo, ovvero, ancora, scappando dal posto per paura senza aspettare La Motta e chiamando i soccorsi e le forze dell'ordine".

E mentre proseguono le indagini sull’accaduto, continuano anche le polemiche su un dramma che per alcuni si sarebbe potuto evitare. Il duplice omicidio, infatti, è stato commesso da un ergastolano in permesso premio, condannato per omicidi di mafia e fratello del boss Benedetto ‘Benito'. E ancora si cerca un movente: la pista più accreditata è quella del delitto passionale.

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