941 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

La storia di Giovanni, morto quattro giorni dopo il parto: “Giustizia per nostro figlio”

Il piccolo Giovanni avrebbe compiuto tre anni il 17 settembre. Invece la sua vita si è fermata il 21 di quello stesso mese del 2017, dentro a un ospedale di Messina. Per la procura della Repubblica locale, i due ginecologi che hanno seguito Valentina Sidoti, la mamma del bimbo, devono essere processati. Ma, un rinvio dopo l’altro, l’udienza decisiva non si è ancora tenuta: è fissata a brevissimo. I due genitori chiedono giustizia “non solo per noi, ma per tutti gli altri genitori che hanno vissuto una vicenda simile ma non hanno denunciato”, raccontano a Fanpage.it.
A cura di Luisa Santangelo
941 CONDIVISIONI

Immagine

Giovanni Cucinotta avrebbe tre anni e poche settimane, adesso. Giocherebbe con il primo fratello e guarderebbe il secondo nella culla. In quella casa di Oliveri, un piccolo centro in provincia di Messina, ci sarebbero tante foto di lui che sorride, insieme al resto della sua famiglia. Ma le uniche immagini che Valentina Sidoti e Lucio Cucinotta, i suoi genitori, hanno di lui sono state scattate dentro a un ospedale, nei quattro giorni in cui Giovanni è rimasto in vita. Dal 17 al 21 settembre 2017. Per quella morte, due medici sono stati indagati con le accuse di omicidio e lesioni, entrambi colposi, in concorso. Ma dopo anni, un'udienza saltata dopo l'altra, si attende ancora la decisione del giudice sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla procura di Messina.

"Era la mia prima gravidanza – racconta Sidoti a Fanpage.it – E i problemi cominciano intorno all'ottavo mese: insorge un diabete gestazionale e io comincio a prendere peso rapidamente. Mi viene detto che bisogna tenere sotto controllo anche il peso del bambino, così inizio una dieta rigidissima. Poco dopo, io ero sempre più gonfia e cominciavo a soffrire di ipertensione". Quegli ultimi giorni prima della gravidanza sono ricordi nitidissimi: tre viaggi all'ospedale Papardo di Messina e, per tre volte, il rientro a casa. "L'ultima volta mi avrebbero rimandata a casa, ma io avevo cominciato ad avere un prurito molto forte in tutto il corpo".

Era la 39esima settimana di gravidanza e, per il suo ginecologo, la donna non avrebbe ancora dovuto partorire. "Mi è stato detto che mi ricoveravano non perché il bambino stava male, ma perché stavo male io", continua la donna. L'indomani mattina, alle 11, si rompono le acque. Alle 13.50 viene staccato il tracciato che monitora lo stato del feto e intorno 14 Sidoti viene portata in sala parto. "Durante il travaglio, il bambino saliva e scendeva, saliva e scendeva – ricorda Lucio Cucinotta, sempre accanto alla moglie – Finché non è uscita la testa e il bambino è rimasto incastrato". I referti medici raccontano di quattro minuti, dalle 15.29 alle 15.33, di manovre eseguite sulla partoriente e fallite. Solo dopo questa attesa, Giovanni è riuscito a uscire.

"Era gonfio ed era tutto nero", ricordano i genitori. Pesava oltre quattro chili e 700 grammi, troppi per un parto naturale. Dall'ospedale Papardo, Giovanni viene trasferito al Policlinico di Messina per effettuare un trattamento ipotermico: la diagnosi di ingresso era di asfissia perinatale e le condizioni cliniche definite già "gravi", in base a quanto risulta dagli atti. In quattro giorni, lo stato di Giovanni si aggrava fino alla morte del piccolo, avvenuta il 21 settembre, dopo una breve permanenza nell'Unità di terapia intensiva neonatale del Papardo e il successivo spostamento nell'altro presidio sanitario messinese.

Secondo le due consulenti tecniche chiamate dai magistrati, nel parto di Valentina Sidoti risultano "non condivisibili" i comportamenti tenuti dai due ginecologi che l'hanno seguita: scegliere di non effettuare una stima del peso del bambino, nonostante il diabete gestazionale della madre, e staccare il tracciato prima dell'ingresso in sala parto. Tutti elementi che avrebbero potuto aiutare a rendere evidente la necessità di un parto cesareo. "Se avessero fatto l'operazione – dicono i genitori – nostro figlio si sarebbe salvato".

La procura della Repubblica di Messina per questo accusa i due ginecologi: il medico che ha ricoverato Valentina Sidoti e l'ha seguita durante tutta la gravidanza; e la dottoressa presente in sala parto. "Non stiamo andando avanti in questa storia per noi soltanto – concludono Sidoti e Cucinotta – Lo facciamo anche per tutti quelli che ci hanno scritto e ci hanno raccontato dei loro figli morti e del fatto che loro, però, non hanno denunciato. Lo facciamo per tutti e per il nostro Giovannino, che deve avere giustizia". Nei prossimi giorni, il 14 ottobre, si dovrebbe tenere l'udienza sulla richiesta di rinvio a giudizio.

941 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views