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Opinioni

La polemica sulla Sirenetta nera non è solo imbarazzante, ma razzista e colonialista

Voler negare alle bambine nere di identificarsi in una delle più famose principesse Disney è indegno e imbarazzante, segno di un razzismo che proprio non riusciamo a scollare dalle fondamenta della nostra società.
A cura di Natascia Grbic
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Tra le speranze per il futuro dell'umanità c'era anche quella di non assistere mai più a quel dibattito surreale sviluppatosi nel 2019 intorno alla scelta della Disney di indicare come protagonista del remake della Sirenetta un'attrice nera.

Ma dato che il mondo è un posto in cui le speranze dei più spesso sono disattese, eccoci qui ad assistere ancora una volta alla brutta polemica su Halle Bailey, attrice e cantante afroamericana classe 2000 che ha prestato volto e voce alla sirena più famosa di tutti i tempi.

E poco importa che si stia parlando di una storia inventata, che le sirene (ahinoi) non esistono e che soprattutto l'Ariel della Disney non abbia nulla a che vedere con quella disegnata da Hans Christian Andersen (che sfoggiava una lingua mozzata poco pop e non molto adatta a un pubblico infantile). Al pubblico è bastata l'uscita del trailer per avere un mancamento e alzare gli scudi contro il ‘politicamente corretto‘ che ci distrugge la tradizione.

(Che poi, se proprio vogliamo difendere la tradizione, la sirenetta nella storia originale si suicida e muore per un principe che non l'ha mai degnata di uno sguardo. Una storia abbastanza splatter molto lontana dalla versione Disney, in cui tutti vissero felici e contenti).

E mentre voi continuate a indignarvi perché una ragazza nera è stata scelta come protagonista e non come spalla (scommettiamo che in questo caso nessuno si sarebbe accorto del colore della pelle), è bello ricordare come nessuna polemica è sorta quando Rooney Mara è stata scelta per interpretare Giglio Tigrato nel film ispirato a Peter Pan, o quando Jake Gyllenhaal ha dato il volto a Dastan di Prince of Persia. E come non menzionare "La casa degli spiriti", ispirata al romanzo di Isabel Allende, dove Jeremy Irons, Meryl Streep e Winona Ryder hanno interpretato i cileni Esteban, Clara e Blanca. Altro che whitewashing.

C'è poi tutto un altro discorso che andrebbe aperto e che non è meno importante. Bisognerebbe interrogarsi sul perché Hollywood non proponga film su fiabe e storie africane ad esempio, invece di lavorare sull'ennesimo live action Disney. Perché anche credere che l'unico immaginario possibile sia quello occidentale è colonialismo, mentre tutto quello che c'è al di fuori viene automaticamente escluso. È ora che questi confini vengano abbattuti e che si dia spazio alle storie di altre culture e continenti, che hanno uguale legittimità e dignità di essere raccontate.

La polemica sulla cosiddetta ‘Sirenetta nera' è pretestuosa e non ha senso. Le bambine nere ci sono. Esistono. Che vi piaccia o no. E anche loro hanno il diritto di identificarsi nelle protagoniste dei cartoni animati. Un privilegio che finora hanno avuto solo le bambine bianche, che al massimo differivano dalle principesse per il colore dei capelli. Togliere loro questo diritto, per quanto possano non piacervi i termini, è razzismo e retaggio coloniale.

Basterebbe guardare la loro reazione al trailer della Sirenetta per chiudere la bocca. Decidere per una volta di stare zitti, e far parlare loro.

Concludiamo e salutiamo questa polemica con le parole della scrittrice e arrivista italo – ghanese Djarah Kan: "Decolonizzare la fantasia farà sempre incazzare un sacco di gente. Ma è il corso naturale della storia di questa società che per fortuna cambia".

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Giornalista dal 2013, redattrice alla cronaca di Roma di Fanpage dal 2019. Ho lavorato come freelance e copywriter per diversi anni, collaborando con vari siti, agenzie di comunicazione e riviste. Laureata in Scienze politiche all'Università la Sapienza, ho frequentato nel 2014 la Scuola di giornalismo della Fondazione Lelio Basso.
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