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La moglie non poteva scegliere i vestiti né guardare la tv, se si ribellava la picchiava: condannato

A Torino un imam marocchino di 40 anni è stato ritenuto responsabile di maltrattamenti ed è stato condannato a due anni e tre mesi. In aula la moglie ha descritto le umiliazioni subite durante il matrimonio.
A cura di Susanna Picone
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La moglie non aveva alcuna libertà e di fatto era costretta a vivere in casa, senza neppure poter scegliere cosa guardare in televisione. Non poteva scegliere nemmeno i suoi vestiti ed era costretta a mangiare in una stanza separata dagli uomini quando avevano ospiti a casa. Per il marito, doveva solo occuparsi di lui, dei due figli e della casa. E per questo l’uomo, un imam marocchino di 40 anni, è stato ritenuto responsabile di maltrattamenti in famiglia ed è stato condannato a due anni e tre mesi di reclusione. La storia arriva da Torino dove il quarantenne è stato processato.

Il pubblico ministero Barbara Badellino aveva chiesto una condanna a due anni. Come ricostruito dalle cronache locali, se la moglie provava a ribellarsi veniva insultata e talvolta anche picchiata dall’uomo. Un comportamento che per i giudici configura appunto il reato di maltrattamenti in famiglia. L’uomo nello specifico era accusato di maltrattamenti nei confronti della moglie e dei figli: in particolare del maggiore, un bambino di 11 anni, che sarebbe stato picchiato in più occasioni.

In aula la moglie ha descritto le umiliazioni, le offese e tutte le privazioni subite nel corso del matrimonio. Lei, oggi 47enne, aveva 30 anni quando la famiglia ha scelto quell’uomo come suo marito. Il matrimonio combinato in Marocco, poi il trasferimento in Italia e la fine di ogni libertà per lei. Decideva sempre lui cosa e come farlo. Diversi i testimoni che hanno parlato durante il processo, tra cui molti amici dell’imputato che, scrivono le cronache locali, hanno provato a minimizzare la situazione facendo riferimento alle “usanze” del loro Paese d’origine.

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