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Opinioni

La mafia (non) uccide solo d’estate ma non interessa più a nessuno

Fra intercettazioni e ospitate televisive di mafiosi il nostro livello di attenzione sembra più basso che mai.
A cura di Michele Azzu
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In un’intercettazione della Questura di Potenza, Gianluca Gemelli – l’imprenditore accusato di avere utilizzato la propria relazione con l’ex ministro Federica Guidi per ottenere vantaggi negli affari – avrebbe detto, parlando col commissario dell’autorità portuale di Augusta, Alberto Cozzo: “La Borsellino, questa è gente che proprio andrebbe eliminata”.

Il riferimento è, chiaramente, a Lucia Borsellino, ex assessore alla Salute della giunta siciliana e figlia del magistrato Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia nel 1992. Borsellino si era dimessa dall’incarico nella giunta di Renato Crocetta lo scorso luglio, per “ragioni di ordine etico e morale”, in seguito allo scandalo che portò all’arresto del primario di chirurgia plastica dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, Matteo Tutino, medico personale di Crocetta.

In seguito a quelle dimissioni, L’Espresso pubblicò un articolo in cui si faceva riferimento a un’intercettazione telefonica in cui Tutino, parlando proprio con Crocetta, avrebbe detto che la Borsellino: “Va uccisa, come suo padre”. Crocetta ha smentito l’esistenza di tale conversazione, e la registrazione a cui si fa riferimento non è ancora emersa – mentre i due giornalisti si difendono dall’accusa di calunnia e diffusione di notizie false.

Possa venire alla luce o meno, l’intercettazione di Tutino, viene da ripensarci alla luce di questa nuova intercettazione riferita a Gemelli. Che rientra nello scandalo che ha portato l’ex ministro allo sviluppo economico, Federica Guidi, a rassegnare le proprie dimissioni – mentre qualche scossone è arrivato anche vicino al governo, e il M5S ha presentato una mozione di sfiducia che verrà discussa in aula il prossimo 19 aprile.

Ma anche questa notizia, probabilmente, non riceverà neanche un commento dal governo. Il tempo di pochi giorni, e sarà scomparsa dall’attenzione dell’opinione pubblica, così come dall’agenda di telegiornali e quotidiani. Perché sembra poca cosa, che poi può essere smentita, o depennata a semplice conversazione da bar. Come lo scandalo che ha portato alle dimissioni del ministro, bollato dal premier come un “errore”, un fatto privato.

Voglio dire che la nostra soglia di attenzione verso le minacce della mafia sembra essere oggi più bassa che mai. La nostra attenzione, quella dei media e dei giornalisti, del governo e delle istituzioni. Questa intercettazione di Gemelli deve essere ancora chiarita, mentre quella riportata da L’Espresso su Tutino, dovrà venire provata in un’aula di tribunale.

Eppure Lucia Borsellino è dallo scorso agosto sotto scorta. Significa che il rischio per la sua incolumità è fondato. La minaccia della mafia nei suoi confronti, quindi, esiste. E il fatto che esista un’intercettazione del genere, anche solo lontanamente e parzialmente ascrivibile a uno scandalo che ha coinvolto un membro del governo… è un fatto che andrebbe affrontato con la massima serietà.

Del resto, non è forse un caso che proprio in questi giorni sia divampata la polemica sulla partecipazione di Riina Jr – il figlio del boss della mafia Totò Riina – al programma “Porta a Porta” di Bruno Vespa su Raiuno, per presentare il suo libro. Riina Jr è stato condannato per mafia, organizzazione di cui ha più volte negato l’esistenza, mentre su Raiuno ha elogiato il padre e la sua storia.

Uno spettacolo vergognoso, che è potuto accadere nonostante la volontà contraria del presidente della Rai, Monica Maggioni, e del direttore generale Antonio Campo dall’Orto. Un fatto che, probabilmente, fra pochi giorni avremo già dimenticato, in attesa che accada qualcosa di peggio. Sembra quasi che la mafia sia ormai solo un fatto storico, da poter prendere con un certo grado di leggerezza a seconda della propria sensibilità.

Sarà meglio rinfrescarsi la memoria allora: ancora oggi la mafia, assieme alla Camorra e alle altre organizzazioni criminali, è una potenza economica, politica e culturale. La mafia, ancora oggi, uccide, e minaccia di morte le persone che vi si oppongono. La mafia è presente in ogni momento della nostra vita, influisce sui prezzi delle cose che paghiamo, sui servizi di cui ci serviamo tutti i giorni, sui nostri diritti, sulla nostra democrazia.

Solo pochi mesi fa, a Roma, andava in scena lo sfarzoso funerale del capo clan dei Casamonica, con tanto di carrozza trainata dai cavalli ed elicottero, sprovvisto di autorizzazione, a lanciare petali di rose (e anche in quel caso ci fu l’invito a Porta a Porta dei familiari). Solo pochi mesi fa con lo scandalo di “mafia capitale” si sono iscritte al registro degli indagati 100 persone accusate di associazione mafiosa, usura, corruzione, estorsione. Gli scandali locali non si contano, dalla Liguria fino alla Sicilia. Solo pochi giorni fa – ancora oggi come nel dopoguerra – in un comune del catanese la processione del Venerdì Santo ha reso omaggio alla casa di un boss mafioso.

La mafia è oggi più viva che mai. Ma allora perché siamo così poco attenti alle sue manifestazioni? Si tratti di intercettazioni telefoniche, di minacce, o di mafiosi che vanno in uno show televisivo – del servizio pubblico – per fare l’elogio di Cosa Nostra. Perché tutto questo ha così poca rilevanza per le nostre istituzioni, per il governo, per i media, per l’opinione pubblica?

Eppure sembrava tutto cambiato dopo il best seller mondiale “Gomorra”, di Roberto Saviano, di cui poi è stato realizzato un film, e di cui ora va in onda una serie televisiva di successo. Due anni fa anche l’esordio alla regia di Pif, “La mafia uccide solo d’estate”, fu un altro grande successo di critica e pubblico. Sembrava potesse esserci una coscienza più chiara della realtà odierna delle organizzazioni di stampo mafioso, sembrava che almeno culturalmente si fossero fatti dei passi avanti.

E invece no. Sarà il post crisi economica, sarà un governo poco interessato, saranno i tempi un po’ confusi. Ma la mafia continua ad uccidere, le minacce continuano ad arrivare, le intercettazioni continuano a venire fuori. E sembra non interessare più a nessuno.

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Michele Azzu è un giornalista freelance che si occupa principalmente di lavoro, società e cultura. Scrive per L'Espresso e Fanpage.it. Ha collaborato per il Guardian. Nel 2010 ha fondato, assieme a Marco Nurra, il sito L'isola dei cassintegrati di cui è direttore. Nel 2011 ha vinto il premio di Google "Eretici Digitali" al Festival Internazionale del Giornalismo, nel 2012 il "Premio dello Zuccherificio" per il giornalismo d'inchiesta. Ha pubblicato Asinara Revolution (Bompiani, 2011), scritto insieme a Marco Nurra.
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