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Incendio Thyssen, a 15 anni dalla tragedia rimane il dolore: “Siamo rimasti senza giustizia”

Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 scoppia un incendio alla Linea 5 dello stabilimento Thyssenkrupp di Torino e le fiamme travolgono 8 operai. Sono in 7 a morire. Rosina Platì, madre di Giuseppe Demasi, morto a 26 anni sul lavoro, non riesce a darsi pace: “Non sono riuscita a dare giustizia a mio figlio”.
A cura di Gianluca Orrù
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Il gigantesco stabilimento Thyssenkrupp alla periferia di Torino.
Il gigantesco stabilimento Thyssenkrupp alla periferia di Torino.

"Ricordo le urla, gli odori, il suono delle sirene – racconta Antonio Boccuzzi, unico superstite dell'incidente che nella notte tra il 5 e il 6 dicembre è costato la vita a 7 operai – e mi ricordo anche la consapevolezza che per quelli che erano rimasti tra le fiamme non ci sarebbe stato niente da fare".

Rosina Platì
Rosina Platì, madre di Giuseppe Demasi, una delle vittime dell'incidente.

"Di quella notte ricordo tutto – dice Rosina Platì, mamma di Giuseppe Demasi, morto a 26 anni dopo oltre 20 giorni di agonia, il 30 dicembre 2007 – mi ricordo che il telefono è suonato alle 5 e mezza del mattino. Giuseppe faceva il turno di notte e non poteva essere ancora rientrato; mi ricordo che ha risposto mio marito, che stava lì al telefono e parlava piano, mi ha detto che Giuseppe aveva avuto un incidente; quando siamo arrivati all'ospedale Maria Vittoria, un medico ci ha informato che mio figlio era in fin di vita".

Per Torino, la notte dell'incendio alla Linea 5 dello stabilimento Thyssenkrupp è stata una ferita mortale, "Quella notte – commenta Antonio Boccuzzi – è finito il mito del luogo di lavoro. Da allora le scene terribili che ho visto si ripropongono costantemente nella mia mente".

L'unico sopravvissuto all'incidente, Antonio Boccuzzi
L'unico sopravvissuto all'incidente, Antonio Boccuzzi

Quella notte gli 8 addetti alla ricottura e decappaggio, due lavorazioni specifiche del ciclo di produzione dell'acciaio, avevano appena riavviato l'impianto di produzione dopo un fermo ed era da poco passata mezzanotte e mezza; "Ricordo l'incendio prima, l'esplosione poi – racconta Antonio Boccuzzi – quando ti rendi conto che l'unico supporto che hai per spegnere l'incendio non funziona, gli estintori scarichi, la corsa verso la manichetta con Bruno Santino e Angelo Laurino per spegnere in modo alternativo il fuoco usando l'acqua e i momenti successivi, con l'esplosione che ha travolto tutti; Antonio Schiavone ha perso la vita quella notte, all'interno della fabbrica, ma anche gli altri che sono pure stati trasportati in ospedale ancora vivi, avevano delle ferite talmente gravi che…"

Le indagini per chiarire la dinamica dell'incidente e le responsabilità penali sono partite immediatamente, affidate all'allora Procuratore Raffaele Guariniello: "Già il giorno seguente noi andammo subito in azienda – racconta Guariniello, oggi in pensione – perché venissero perquisiti gli uffici e i computer della Thyssenkrupp a Terni e immediatamente trovammo dei messaggi che dicevano che quella era una linea insicura".

L'allora Procuratore Raffaele Guariniello
L'allora Procuratore Raffaele Guariniello

"Torino non faceva più parte dei piani della Thyssen – racconta Boccuzzi – lo sapevamo perché l'azienda aveva segnato uno zero in produzione per lo stabilimento di Torino nel 2008; lo stabilimento stava per chiudere, ma tu non puoi dimenticare che in quella fabbrica non ci sono solo i tuoi rotoli che girano, ma anche delle persone che lavorano".

"Il processo l'abbiamo vissuto male perché purtroppo la realtà era quella, i ragazzi erano morti – dice Rosina Platì, mamma di Giuseppe Demasi – ma con Guariniello speravamo che giustizia sarebbe stata fatta, noi volevamo l'ergastolo per quella gente".

"Nel giro di due mesi e mezzo abbiamo concluso tutte le indagini – così Guariniello – e grazie alle perquisizioni scoprimmo alcuni messaggi, tra cui il famoso messaggio ‘from Turin', in cui si diceva ‘Aspettiamo di portare questa linea da Torino a Terni e spenderemo quegli 800mila euro che sono stati messi a disposizione'. Scoprimmo l'esistenza di un board, che si riuniva non sulla carta ma sostanzialmente, in modo… misterioso; c'erano 3 componenti del consiglio di amministrazione che si riunivano e che hanno deciso la sorte di quella Linea 5. Lei capisce che una volta acquisiti quegli elementi non è che il processo fosse fatto, ma…"

L'avvocato Renato Ambrosio

"La Thyssen non voleva che succedesse quello che è successo – dice l'Avvocato Renato Ambrosio, che ha coordinato tutto il team di studi legali che ha seguito le famiglie prima dell'inizio del processo – però la Thyssen per un risparmio economico ha accettato questo grave rischio, un avvocato civilista non può accettare che per un discorso economico ci sia stato un disastro così grande. Sono morte 7 persone che erano andate a lavorare, felici di andare a lavorare per la Thyssen".

Nel corso degli anni in Italia, ci sono stati 5 gradi di giudizio e il processo ai 5 dirigenti dell'azienda si è concluso definitivamente nel 2016 con la condanna dei dirigenti coinvolti a pene che vanno dai 9 anni e 8 mesi ai 6 anni e 2 mesi.

Lo stabilimento Thyssenkrupp ormai vuoto e deserto
Lo stabilimento Thyssenkrupp ormai vuoto e deserto

Due anni fa, le salme dei 7 operai morti nel rogo della Linea 5 dello stabilimento Thyssenkrupp di Torino sono state traslate in un mausoleo dedicato al ricordo delle vittime dell'incidente: Antonio Schiavone, 36 anni, deceduto il 6 dicembre 2007; Roberto Scola, 32 anni, deceduto il 7 dicembre 2007; Angelo Laurino, 43 anni, deceduto il 7 dicembre 2007; Bruno Santino, 26 anni, deceduto il 7 dicembre 2007; Rocco Marzo, 54 anni, deceduto il 16 dicembre 2007; Rosario Rodinò, 26 anni, deceduto il 19 dicembre 2007; Giuseppe Demasi, 26 anni, deceduto il 30 dicembre 2007.

"Mi dica lei che giustizia è questa – dice Rosina Platì mentre fatica a trattenere le lacrime – ogni volta che vado da mio figlio gli dico Giuseppe non ci sono riuscita, io lotterò ancora".

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