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In Italia essere un uomo transgender e portare avanti una gravidanza è ancora un problema

Seahorse dad è il termine inglese che sta per ‘papà cavalluccio marino’. Così vengono chiamati gli uomini transgender che desiderano portare avanti una gravidanza. Un fenomeno che in Italia è praticamente inesistente, ma che all’estero sta cominciando a trovare il suo spazio. Ne abbiamo parlato con Giulia Senofonte, endocrinologa che si occupa dei processi di transizione nelle persone che vogliono cambiare genere.
A cura di Natascia Grbic
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Thomas Beatie, il primo uomo transgender a portare avanti una gravidanza
Thomas Beatie, il primo uomo transgender a portare avanti una gravidanza

Nel 2008 il nome di Thomas Beatie, fino ad allora sconosciuto al mondo, divenne parte dei titoli dell'epoca. ‘L'uomo incinto' erano le parole che capeggiavano su tutti i giornali, con le foto dell'allora 34enne in prima pagina in avanzato stato di gravidanza. Thomas Beatie è stato il primo seahorse dad, appellativo inglese che sta per ‘papà cavalluccio marino'. Si riferisce agli uomini transgender che portano avanti una gestazione. Si chiamano così perché in natura è proprio il maschio del cavalluccio marino a portare in grembo le uova deposte dalla femmina, e a partorire. La prima gravidanza (conosciuta) di un uomo transgender ha aperto la pista ad altri che, negli anni successivi, hanno rotto questo tabù e intrapreso questo percorso. Non sono molti gli uomini che decidono di portare avanti una gestazione: non solo perché hanno scelto di non volerlo fare o hanno asportato utero e ovaie, ma anche per il forte stigma sociale che ancora accompagna questa scelta. Negli ultimi tempi il discorso è tornato alla ribalta, e soprattutto all'estero stanno cominciando ad apparire le prime pagine Instagram di Seahorse dad fieri della loro condizione. Ma come fare per intraprendere questo percorso? Ne abbiamo parlato con Giulia Senofonte, endocrinologa e dottoressa presso l'ospedale Umberto I di Roma.

Quello della gravidanza negli uomini transgender non è un discorso semplice da affrontare quando comincia il percorso di transizione. "Fare counseling con le persone sulla loro idea di genitorialità non è semplice – spiega Senofonte a Fanpage.it – Da me arrivano persone che vanno da 16 ai 60 anni che ovviamente hanno idee diverse a seconda dell'età. Ciò che le linee guida consigliano è crioconservare i gameti (ovociti e spermatozoi) prima di iniziare la terapia ormonale. Non c'è la certezza che questa renda sterili, ma anche con un dosaggio basso non è assicurato che – una volta sospesa – la fertilità torni com'era prima". C'è però un problema per quanto riguarda la crioconservazione dei gameti, ed è la disforia dei genitali. "Se io sono una donna trans ma sono nata biologicamente uomo, potrei avere una forte disforia nei confronti dei miei genitali. Ci sono persone che hanno difficoltà a masturbarsi ed eiaculare in un contenitore, anche se un giorno vorrebbero diventare madri. Per il ragazzo trans, fare la crioconservazione degli ovociti vuol dire ritardare la terapia. E spesso non vedono l'ora di farla, soprattutto nel caso di persone molto giovani. Insomma, chi sceglie questa strada si conta sulle dita di una mano".

A influenzare spesso queste scelte, è la paura dei pregiudizi e il problema dello stigma sociale che il cambio di genere ancora porta con sé. "Quando mi viene chiesto un dosaggio pieno, che massimizzi le caratteristiche maschili o femminili, a volte è perché le persone hanno bisogno di un buon passing – spiega Senofonte – Non si vuole essere riconosciuti come persone trans, ma solo come uomo o come donna. C'è chi si sta trasferendo in un'altra città e preferisce celare la sua identità di uomo o donna trans, perché la pressione sociale è molto forte". Le terapie, infatti, possono essere caratterizzate da dosaggi anche diversi tra loro a seconda che si voglia un effetto mascolinizzante o femminilizzante pieno, oppure più leggero. "Il compito dell'endocrinologo è accompagnare le persone nel processo di autodeterminazione, dando il dosaggio giusto in base a ciò che si vuole ottenere. Capita di frequente che persone mi dicano di essere state seguite nel centro X, che ha dato subito una terapia con dosaggio standard, ma questo non si fa. Il bello di questo percorso è trovare il dosaggio giusto per l'effetto desiderato".

Le gestazioni avvengono di più all'estero: che si sappia, finora in Italia non è ancora avvenuto. "Succede nei paesi più aperti – dichiara l'endocrinologa – In Italia non voglio nemmeno pensare a cosa potrebbe accadere a un ragazzo con la barba magari al settimo mese di gravidanza. Purtroppo è un fenomeno che va contestualizzato". In Italia il problema non è solo culturale, ma anche burocratico. "Se io sono un uomo trans e voglio avere una gravidanza devo andare nel privato, perché con il mio codice fiscale non possono accedere al pubblico dato che per lo Stato italiano ora sono un uomo. Poi: se io crioconservo i gameti e dal punto di vista burocratico faccio una rettifica anagrafica, con una sentenza del tribunale posso prenderli perché sono miei. Che ci faccio però? Se sono in un coppia etero posso fare la fecondazione assistita o l'eterologa, prendendo il seme di un donatore, ma non posso fare la gestazione per altri. Se sono un uomo trans e non voglio portare avanti la gravidanza, posso fare la fecondazione assistita, ma l'embrione non posso portarlo io. Conservare si può, ma utilizzare i gameti è poi un altro paio di maniche. Con una donna è più facile, perché la gestazione può farla la partner, ma se sono un uomo trans omosessuale è impossibile avere un figlio, a meno che non decisa io di portare avanti la gravidanza. È tutto troppo complicato e dovrebbe cambiare la legislazione, allo stato attuale bisogna andare all'estero".

Insomma, in questi casi per intraprendere una gravidanza è più semplice andare all'estero. "In Italia non viene prestata molta attenzione alle persone transgender, anzi: basti pensare alla pratica del bad naming, un'esperienza purtroppo quotidiana per loro. Quello che da endocrinologa posso consigliare a chi vuole intraprendere questo percorso, è di crioconservare i gameti prima di iniziare la terapia, perché così a livello burocratico le cose si semplificano. Negli ultimi anni l'età in cui si comincia il percorso di transizione si è abbassata molto, e anche questo ovviamente non ci facilita nell'aver delle risposte chiare da parte dei giovani su una futura gravidanza. In ogni caso è sempre bene dire tutto al proprio endocrinologo e confrontarsi con lui, in modo da prendere la decisione migliore per se stessi".

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