Il prof sta con gli studenti “ribelli”: “Fanno quello che dovremmo fare noi, il ministro li ascolti”

Un caso a Padova, uno a Belluno, uno a Treviso e un ultimo questa mattina a Firenze: sono quattro in tutto, almeno per il momento, gli studenti e le studentesse che si sono rifiutati di sostenere l'orale dell'esame di maturità come pacifica forma di protesta contro un sistema scolastico che considerano troppo competitivo, votato a giudicare solo il rendimento di ragazzi e ragazze e poco dedito a scoprirne invece le fragilità e le difficoltà.
Se sulla vicenda il Ministro dell'Istruzione e del merito Giuseppe Valditara ha fatto la voce grossa minacciando la bocciatura, un professor associato di Sociologia all'Università degli Studi della Tuscia, nonché direttore dell'osservatorio permanente sui giovani "Generazione Proteo" – Nicola Ferrigni – ha deciso di esprimere solidarietà ai ragazzi e alle ragazze riconoscendo loro più di qualche ragione. Il loro, secondo il docente, non è stato "un semplice gesto di rifiuto", hanno invece voluto inviare un messaggio forte e simbolico su come oggi tanti giovani vivono la scuola: con distanza, con fatica, a volte con rassegnazione, denunciando "una scuola che valuta ma non ascolta, che misura ma non riconosce. È una protesta simbolica, silenziosa, profondamente pacifica, che non cerca la ribalta, ma lascia un segno duraturo. In un tempo in cui le parole spesso si consumano in un giorno, un gesto come questo vale più di mille slogan".
"Come sociologo e professore universitario – afferma Ferrigni – non posso che leggere questi gesti come forme di agency giovanile, come atti simbolici di grande maturità civica, capaci di riportare l’attenzione sul senso profondo dell’educare. Sono forme di dissenso non violente che hanno una forza dirompente: non bloccano strade, ma aprono riflessioni. Non alzano la voce, ma interrogano le coscienze. È una forma di dissenso silenzioso ma potente, perché si esercita non con lo scontro, ma con l’interruzione. E in questa interruzione si apre uno spazio di riflessione collettiva".
Proprio di una riflessione collettiva in effetti ci sarebbe molto bisogno visto che, secondo il Rapporto annuale dell’Osservatorio permanente sui giovani "Generazione Proteo" 2023 – il 36,3% degli studenti italiani non considera il voto un elemento importante, il 24,7% lo ritiene ingiusto e arbitrario, il 9,2% lo giudica "fuori tempo". Solo il 17,8% lo considera meritocratico, e appena il 10,5% lo considera davvero imprescindibile. Ma è ancora più significativo ciò che chiedono: una scuola che sappia riconoscere la capacità di risolvere problemi (35,9%), la creatività (26,8%), la collaborazione (19,3%). Una scuola che guardi avanti, non indietro. Che prepari alla vita, non solo all’esame. "Il mondo della scuola – afferma il professore universitario – è oggi attraversato da una crisi di legittimità simbolica. Gli studenti non contestano la conoscenza, ma la forma in cui viene somministrata, valutata, gerarchizzata. Quando la valutazione diventa un dispositivo burocratico più che educativo, perde forza pedagogica e diventa un atto di controllo. E questo, i ragazzi lo percepiscono con lucidità".
Per questo "come già accaduto con Greta Thunberg e altri movimenti giovanili globali, sono i giovani a richiamare il mondo adulto alla responsabilità. A fare quello che forse dovremmo fare noi per primi: fermarci, prendere posizione, rifiutare modelli svuotati di senso, e provare a rimettere il merito, l’equità e il rispetto al centro. La scuola ha bisogno urgente di un ripensamento. E non basta l’impegno quotidiano di tanti lodevoli insegnanti, che già innovano, ascoltano, sperimentano, se poi manca un disegno politico e istituzionale che accompagni davvero questa trasformazione. Perché la verità è che la scuola è già in trasformazione, ma lo è dal basso: sono i docenti, le classi, i laboratori, le relazioni a produrre innovazione. Ma senza una cornice culturale e normativa che riconosca questo sforzo, il rischio è che tutto resti frammentato, precario, invisibile".
Peccato che alla richiesta di ascolto di studenti e studentesse il Ministro Valditara abbia risposto evocando la bocciatura come reazione disciplinare. Così facendo, sostiene Nicola Ferrigni, "si reprime un segnale, invece di decifrarlo. Il Ministro Valditara ha risposto a un gesto simbolico con toni punitivi, alimentando una logica del rigore che non aiuta né il dialogo né la comprensione. Caro Ministro, il disagio che questi gesti raccontano non va represso, va compreso. Non è un segno di debolezza riconoscerlo. È il punto di partenza per costruire, insieme, una scuola più giusta, più umana, più contemporanea".