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Il giallo dei due diplomatici Onu arrestati a Genova per riciclaggio di moto rubate

Piccolo giallo internazionale al porto di Genova, dove due sauditi che lavorano per l’ambasciata saudita in Svizzera sono stati arrestati per riciclaggio mentre caricavano su un furgone tre motorini rubati. La vicenda sarebbe seguita dai vertici della diplomazia, in forte imbarazzo per la vicenda. Il gip ha disposto la scarcerazione perché, tra l’altro, il loro stipendio alto non giustifica un reato così “poco remunerativo”.
A cura di Salvatore Garzillo
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Un furgone con motorini rubati pronti a partire dal porto di Genova verso l'estero, due dipendenti dell’ambasciata Saudita presso le Nazioni Unite a Ginevra arrestati per riciclaggio e la pressione da parte di vertici della diplomazia per risolvere rapidamente la vicenda.

Rischia di diventare un piccolo caso internazionale l’arresto in Italia di due sauditi di 31 e 62 anni, entrambi assunti a tempo indeterminato “presso la Missione permanente dell’Arabia Saudita alla sede Onu di Ginevra”.

Nei giorni scorsi i due professionisti sono stati bloccati dalla polizia italiana mentre – secondo l’accusa – tentavano di imbarcare nel porto di Genova un mezzo che conteneva 9 biciclette, 3 caschi ma soprattutto i 3 scooter rubati di cilindrata 50, in parte smontati. Loro hanno spiegato che non era un trucco per complicare l'accertamento del telaio ma solo un modo per riuscire a farci stare tutto. Non avevano autorizzazioni per il trasporto, però hanno mostrato agli agenti la presunta documentazione relativa all’acquisto dei motorini, tutti comprati tra dicembre e l’inizio di gennaio attraverso contatti trovati su Internet. Hanno detto di averli pagati tra i 500 e i mille euro, cifre che il gip ritiene “congrue”, pur riconoscendo una serie di “incongruenze” nei certificati presentati. A partire dai numeri di telaio che non coincidono.

I due, che hanno acquisito la cittadinanza svizzera e francese, sono stati portati nel carcere di Marassi ma poco dopo il magistrato ha autorizzato la scarcerazione. Sembra, ma nessuno vuol confermarlo, che della questione si siano interessati nomi importanti della diplomazia che avrebbero garantito per i due indagati.

Ad ogni modo, nel provvedimento firmato dal gip Filippo Pisaturo è ricostruita tutta la vicenda e l’ordine di liberazione dei due è spiegato con due passaggi fondamentali: sono incensurati e privi di pendenze, ma soprattutto non c’è pericolo di fuga in quanto stabilmente residenti in Svizzera dove hanno un lavoro “con elevata retribuzione”. Per essere ancora più chiari è riportata la cifra: oltre 3.700 franchi svizzeri il 31enne e oltre 6.500 franchi svizzeri il 62enne.
Tanti soldi, troppi per ritenere che possano delinquere. Il giudice lo spiega così: «Entrambi gli indagati (…) hanno sostenuto nell’interrogatorio di essere dipendenti dell’ambasciata saudita presso le Nazioni Unite in Ginevra, con una retribuzione mensile assai elevata, così evidenziando di non avere alcun bisogno, per il proprio sostentamento, di porre in essere pericolose, e non particolarmente remunerative, attività illecite quale quella di riciclaggio di tre motorini, ed esponendosi, al contempo, a verifiche che ne possono agevolmente dimostrare il mendacio ed a minarne la posizione di residenti in Svizzera».

Attualmente i due sono a piede libero in attesa del processo di cui non si conosce ancora la data. «I miei clienti sono rispettabili dipendenti di una missione diplomatica all’Onu, persone per bene, vittime di un pugno di malfattori che li hanno truffati – spiega l’avvocato Alexandro Maria Tirelli dello studio International Lawyers Associates, che segue il caso assieme alla collega  Federica Tartara – Certamente non riciclatori di moto rubate. Il gip ha effettuato una valutazione corretta”.

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