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Cambiamenti climatici

Gli scioperi non bastano più: ora Fridays For Future vuole occupare scuole e università

L’inazione di governi e istituzioni, così come gli effetti sempre più drammatici della crisi climatica spingono i movimenti per il clima ad allargare le proprie proteste non solo a grandi cortei, ma anche all’azione diretta. Così anche Fridays For Future in tutto il mondo intensifica la sua protesta.
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Di Marzio Chirico e Ferdinando Pezzopane

End Fossil: Occupy. Con questa iniziativa studenti e studentesse, vogliono fare un passo in avanti nella protesta sulla crisi climatica, rispetto agli scioperi iniziati nel marzo del 2019 e animati da Fridays For Future. Sono passati 4 anni dal primo sciopero per il clima e le emissioni globali continuano ad aumentare, in molti sentono il bisogno di fare di più quando gli scioperi rischiano di trasformarsi in una routine sempre uguale. Nonostante il quadro drammatico e incontrovertibile tracciato dal sesto rapporto di sintesi dell’IPCC.

In questo momento, pur con tattiche e strategie diverse, i principali movimenti per la giustizia climatica, si stanno concentrando proprio sul fare pressione per accelerare l'uscita da un sistema economico completamente dipendente dai combustibili fossili. Ultima Generazione, Fridays For Future, Extinction Rebellion condividono l'obiettivo immediato di ottenere dai governi prima di tutto l'interruzione di ogni finanziamento alle aziende del fossile e alla costruzione di nuove infrastrutture.

End Fossil Occupy, attraverso l’occupazione sistematica delle università e delle scuole, e ove possibile l’interruzione e il sabotaggio della didattica, si pone lo scopo di fermare l’economia fossile operando su più piani, locale e nazionale. Quello che chiediamo nell'immediato è che le università cessino ogni tipo di collaborazione e ricerca con l'industria dei combustili fossili e interrompa immediatamente il flusso di finanziamenti proveniente dalle aziende del fossile, orientando gli sforzi anche dell'accademia verso la riconversione ecologica.

Sono infatti cospicui i finanziamenti che ancora oggi le università ricevono da parte delle aziende fossili, che condizionano le scelte didattiche e di ricerca. Vogliamo che le nostre università siano indipendenti da interessi privati, che stimolino una ricerca e una conoscenza non orientata al mantenimento dello status-quo fossile. Per questo tra le nostre richieste c'è quella che ogni canale universitario contenga un corso dedicato alla crisi climatica. Questo sarà importante affinché l'approccio all'emergenza climatica possa essere condiviso trasversalmente tra studenti di discipline molto diverse.

Le azioni di End Fossil: Occupy sono un ulteriore grido di allarme di fronte a un sistema economico che ci sta conducendo verso il baratro. Se da un lato l’Agenzia Internazionale dell’Energia ci dice che dal 2021 in poi non dovrebbero più essere approvati progetti climalteranti, per poter restare all’interno di uno scenario con emissioni compatibili con un aumento di temperature pari a 1.5°C, dall’altro lato ci sono le multinazionali che continuano a pianificare nuovi progetti di estrazione dei combustibili fossili. I 195 progetti di espansione dell’economia fossile – denominati a buon ragione bombe di carbonio – porterebbero da soli all’immissione nell’atmosfera di 646 Gt di CO2. Il carbon budget compatibile con lo scenario di 1.5°C è di circa 420 Gt di CO2, come spiegato dall'IPCC. Ecco spiegato il paradosso che stiamo vivendo.

Dunque, di fronte a una politica tanto retorica quanto immobile End Fossil: Occupy tra settembre e dicembre 2022 ha già occupato più di 50 scuole e università nel mondo. Ha poi lanciato un’altra stagione di mobilitazioni che ha preso l’avvio nel mese di maggio e ha portato all’occupazione di circa 57 istituzioni all’interno di più di 10 paesi europei ed africani.

Le occupazioni più prolungate ci sono state in Spagna e Portogallo, mentre in Olanda il movimento ha subito una dura repressione, che ne ha dunque pregiudicato gli sviluppi. In Italia è partita dal 17 maggio l’occupazione di alcuni spazi dell’Università di Torino, ma si attendono ulteriori adesioni in altre città.

Per fare maggiore chiarezza sugli obiettivi di End Fossil, abbiamo raggiunto la voce di Lorenzo Velotti, attivista ecologista dal 2018 prima con Extinction Rebellion, poi avvicinatosi a End Fossil, per capirne meglio le pratiche e lo sviluppo nella città di Barcellona.

All’inizio ero un po’ scettico – ci racconta Velotti – perché eravamo poche e non mi sembrava che un’occupazione di questo tipo potesse avere successo. Ma mi sono dovuto ricredere: ad oggi abbiamo occupato per una settimana l’Università di Barcellona in autunno e per un’altra settimana l’Università Autonoma, e in entrambi i casi siamo usciti solo una volta che il rettorato ha firmato un documento accettando buona parte delle nostre rivendicazioni: per esempio, in entrambi i casi, abbiamo ottenuto l’istituzione di un insegnamento trasversale e obbligatorio a tutti i corsi di laurea sulla crisi eco-sociale”.

Le azioni di End Fossil non sono state accolte calorosamente da tutto il corpo studentesco e gli attivisti hanno dovuto lavorare per tessere rapporti anche con altri collettivi universitari preesistenti. L’occupazione è un atto politico forte e all’Università di Barcellona hanno dovuto affrontare diverse situazioni critiche: “Credo che la difficoltà maggiore sia quella di far cogliere alle istituzioni accademiche che l’inazione di fronte alla crisi eco-sociale non può essere giustificata con le lentezze burocratiche. Da un lato si tratta di convincerli, dall’altro si tratta di ricordarsi che mentre si occupa si ha un rapporto di forza che viene in gran parte perso nell’istante successivo, quindi bisogna approfittare di quella pressione per metterli un po’ alle strette e, d’altra parte per assicurarsi di avere un peso anche dopo l’occupazione, per esempio ottenendo dall’università l’impegno a nominare una commissione di docenti che porti avanti le richieste di studentesse e studenti”.

La pratica di End Fossil, come raccontato, vuole essere essere allo stesso tempo radicale e pragmatica, affiancando all'azione diretta proposte assolutamente realizzabili e immediate. Così come gli altri movimenti per il clima, si rifà a dati scientifici solidi e verificati e sulla base di questi vuole creare consenso attorno alle sue azioni. Un cambiamento radicale non può che passare dai luoghi della cultura e dell'istruzione, laddove si produce il sapere e si formalo spirito critico. Le occupazioni scolastiche e universitarie si stanno dimostrando dunque fondamentali per spostare il baricentro della sensibilizzazione e dell'azione in tutta Europa e in Italia.

Una commistione di queste azioni con la partecipazione di massa ai cortei può essere la chiave per rompere l'attuale inerzia? Questa è la scommessa dei prossimi mesi. Anche a causa della guerra in Ucraina, rischiamo che lo status quo dell’economia fossile si rafforzi, attraverso il rilancio di progetti climalteranti, come nella penisola iberica con la costruzione di terminal GNL, a cui si oppongono proprio i movimenti di End Fossil spagnoli e portoghesi e come nel caso italiano con il Piano Mattei. E non possiamo permettercelo.

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