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Gimbe: “In 5 milioni senza vaccino, non è ancora tempo per togliere le mascherine al chiuso”

Secondo il report della Fondazione Gimbe i dati sulla pandemia continuano a migliorare, ma sono ancora tanti i non vaccinati e quindi va mantenuta la prudenza.
A cura di Giacomo Andreoli
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Scende sotto quota 5 milioni il numero dei non vaccinati in Italia. Le persone con più di 5 anni senza nemmeno una dose sono ad oggi 4,9 milioni, a cui si aggiungono 2,17 milioni di soggetti privi di vaccino, ma guariti.

A certificarlo è la Fondazione Gimbe, che nel report indipendente del periodo 16-22 febbraio fotografa una situazione pandemica in netto miglioramento. Rispetto alla settimana precedente, infatti, i nuovi casi scendono di 90mila unità e ci sono 223 pazienti in terapia intensiva in meno. I ricoveri in area medica calano quindi di 2.526 e così continuano a scendere i decessi: questa settimana sono il 15,8% in meno rispetto alla rilevazione precedente.

«La quarta ondata – spiega il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta – è in piena fase discendente, con evidente riduzione della pressione ospedaliera e dei decessi. Tuttavia, 50 mila nuovi casi al giorno, tasso di positività dei tamponi al 10% e quasi 1,3 milioni di casi attualmente positivi dimostrano che la circolazione del virus è ancora piuttosto elevata».

In altri termini, aggiunge Cartabellotta, «non è accettabile “approfittare” della fine dello Stato di emergenza per confondere le carte in tavola. Al momento è impossibile abolire misure di sanità pubblica come mascherine al chiuso e isolamento dei positivi, indispensabili per consentire la completa riapertura di tutte le attività. Infine lo sguardo deve essere sin da ora rivolto al prossimo autunno-inverno, con un'adeguata programmazione». La richiesta di non accelerare troppo con l'allentamento delle restrizioni, d'altronde, viene ripetuta da Gimbe oramai da settimane.

Covid, diminuiscono i nuovi casi e le terapie intensive

Il monitoraggio indipendente della Fondazione rileva nella settimana 16-22 febbraio 2022, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (349.122 contro 439.707) e decessi (1.828 contro 2.172).

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In calo anche i casi attualmente positivi (1.291.793 contro 1.550.410), le persone in isolamento domiciliare (1.277.821 contro 1.533.689), i ricoveri con sintomi (13.076 contro 15.602) e le terapie intensive (896 contro 1.119). Nel dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 1.828 (-15,8%), di cui 101 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: -223 (-19,9%)
  • Ricoverati con sintomi: -2.526 (-16,2%)
  • Isolamento domiciliare: -255.868 (-16,7%)
  • Nuovi casi: 349.122 (-20,6%)
  • Casi attualmente positivi: -258.617 (-16,7%)
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«Da quattro settimane – dice Nino Cartabellotta– i nuovi casi settimanali sono in calo: sono circa 350 mila con una riduzione del 20,6% rispetto alla settimana precedente e una media mobile a 7 giorni che scende da 59.701 casi del 16 febbraio a 49.875 il 22 febbraio (-16,5%). Tale riduzione è imputabile sia alla ridotta circolazione virale che al calo dei tamponi, il cui tasso di positività si mantiene sostanzialmente stabile».

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La distribuzione tra le Regioni

Quanto alla distribuzione dei casi nelle Regioni si rileva una riduzione percentuale dei nuovi casi: dal -0,5% della Calabria al -35,9% del Friuli-Venezia Giulia. Sono 72 le Province che superano i 500 casi per 100.000 abitanti, tra cui 5 con incidenza superiore ai 1.000 casi per 100.000 abitanti: Oristano (1.965), Reggio di Calabria (1.216), Siracusa (1.215), Fermo (1.022) e Vibo Valentia (1.006).

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Sui tamponi si registra invece un ulteriore calo dei test totali (-19,6%): da 4.108.946 della settimana 9-15 febbraio a 3.303.720 della settimana 16-22 febbraio 2022. In particolare i tamponi rapidi si sono ridotti del 19,2% (-590.759) e quelli molecolari del 20,8% (-214.467). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività dei tamponi molecolari passa dal 12,6% all’11%, mentre per gli antigenici rapidi fa registrare un lieve aumento (dal 10,1% al 10,4%).

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«Stabile – per Renata Gili, responsabile Ricerca sui servizi sanitari della Fondazione- la riduzione percentuale della pressione sugli ospedali, dove i posti letto occupati da pazienti Covid diminuiscono sia in area medica (-16,2%) che in terapia intensiva (-19,9%)». In particolare, in area critica si passa dal picco di 1.717 del 17 gennaio a 896 del 22 febbraio; in area medica dal picco di 19.913 del 31 gennaio a 13.076 del 22 febbraio.

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Sempre al 22 febbraio il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti Covid è del 20% in area medica e del 9,3% in area critica. Ad eccezione di Lombardia, Provincia Autonoma di Trento e Veneto, tutte le Regioni superano la soglia del 15% in area medica; 10 Regioni vanno oltre la soglia del 10% in area critica.

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«Si conferma un’ulteriore riduzione degli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Marco Mosti, Direttore Operativo di Gimbe – la cui media mobile a 7 giorni scende a 66 ingressi/die rispetto agli 80 della settimana precedente».

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L'85,4% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino

Diminuiscono ancora i decessi: 1.828 negli ultimi 7 giorni (di cui 101 riferiti a periodi precedenti), con una media di 261 al giorno, rispetto ai 310 della settimana precedente. Quanto alle somministrazioni dei vaccini al 23 febbraio l’85,4% della popolazione (n.50.597.317) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+58.409 rispetto alla settimana precedente) e l’83% (n. 49.167.918) ha completato il ciclo vaccinale (+318.419 rispetto alla settimana precedente).

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In calo nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 972.111), con una media mobile a 7 giorni di 138.873 somministrazioni/die: crollano del 34,2% le terze dosi (n. 626.991) e del 46,8% i nuovi vaccinati (n. 59.033).

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Le coperture con almeno una dose di vaccino sono molto variabili nelle diverse fasce d’età (dal 99,3% della fascia over 80 al 36,6% della fascia 5-11); così come per i richiami, che negli over 80 hanno raggiunto l’87,9%, nella fascia 70-79 l’86,6% e in quella 60-69 anni l’82,9%.

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Nella settimana 16-22 febbraio si registra poi un ulteriore calo dei nuovi vaccinati: 59.033 rispetto ai 111.002 della settimana precedente (-46,8%). Di questi il 33,2% è rappresentato dalla fascia 5-11: 19.628, in netta flessione rispetto alla settimana precedente (-57,1%). Nonostante l’obbligo vaccinale e l’entrata in vigore dell’obbligo di green pass rafforzato sui luoghi di lavoro, tra gli over 50 il numero di nuovi vaccinati scende ulteriormente, attestandosi a quota 15.255 (-44% rispetto alla settimana precedente). In continuo calo anche le fasce 12-19 e 20-49.

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I no vax e gli esentati dal siero sono in tutto 4,9 milioni

Al 22 febbraio sono 7,07 milioni le persone che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino, di cui 2,17 milioni guarite dal Covid da meno di 180 giorni e pertanto temporaneamente protette. In altri termini, le persone attualmente vaccinabili sono circa 4,9 milioni, un dato che tuttavia non tiene conto delle esenzioni, di cui non si conosce il numero esatto.

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Nella fascia 5-11 anni sono state somministrate 2.237.469 dosi 1.345.960 hanno ricevuto almeno 1 dose di vaccino (di cui 1.056.205 hanno completato il ciclo vaccinale), con un tasso di copertura nazionale del 36,6% e nette differenze regionali: dal 19,8% della Provincia Autonoma di Bolzano al 53,1% della Puglia.

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Capitolo terza dose. Al 23 febbraio sono state somministrati 37.077.283 booster, con una media mobile a 7 giorni di 89.570 somministrazioni al giorno. In base alla platea ufficiale (n. 43.680.268), aggiornata all’11 febbraio, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,9% con nette differenze regionali: dal 79,5% della Sicilia al 90,6% della Valle D'Aosta.

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Quarta dose per gli immunodepressi a 120 giorni dalla terza

Per quanto riguarda la quarta dose, con la circolare del 20 febbraio 2022 il ministero della Salute – congiuntamente al Consiglio Superiore di Sanità, all’Agenzia Italiana del Farmaco e all’Istituto Superiore di Sanità – raccomanda il nuovo booster nelle persone immunodepresse. Si tratta di una dose somministrata ad un intervallo di almeno 120 giorni dalla terza dose (cd. dose addizionale).

Per quanto riguarda la popolazione generale, invece, già il 18 gennaio l'Ema aveva chiarito che al momento non ci sono sufficienti evidenze scientifiche per raccomandare, o meno, la quarta dose di vaccino. Qualora i dati dimostrassero la necessità di un richiamo annuale, è verosimile che la priorità sia data alle persone anziane e fragili, sia perché più esposte al rischio di malattia severa, sia perché sono state le prime a ricevere la dose booster. Gli ultimi dati del Centers for Disease Control and Prevention e della UK Health Security Agency confermano la posizione dell’Ema: l’efficacia di tre dosi di vaccino nei confronti della malattia severa, nonostante un lento declino, rimane elevata (75% circa dopo 3-4 mesi).

In ogni caso, al di là delle evidenze scientifiche, un ulteriore richiamo per la popolazione generale o per specifiche categorie a rischio, dovrà comunque essere preventivamente autorizzato dalle autorità regolatorie.

Infine, sull'efficacia del vaccino: i dati dell’Istituto Superiore di Sanità dimostrano la riduzione della capacità del vaccino di combattere l'infezione a partire da 3 mesi dal completamento del ciclo primario e la sua risalita dopo la somministrazione del richiamo. In particolare:

  •  l’efficacia sulla diagnosi scende progressivamente dal 63,3% per i vaccinati con due dosi entro 90 giorni al 42,4% per i vaccinati da più di 120 giorni, per poi risalire al 64,3% dopo il richiamo;
  • l’efficacia sulla malattia severa scende progressivamente dall’86,8% per i vaccinati con due dosi entro 90 giorni all’82,9% per i vaccinati da più di 120 giorni, per poi risalire al 93,4% dopo il richiamo. Complessivamente nelle persone vaccinate con ciclo completo (più eventuale dose di richiamo), rispetto a quelle non vaccinate, nelle varie fasce d’età si riduce l’incidenza di diagnosi (del 53,3-75,1%), ma soprattutto di malattia grave (del 71,3-88% per ricoveri ordinari; dell’80,7-92,9% per le terapie intensive) e decesso (dell’80,8-91,3%).
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