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Gasolio su del 400%: perché i pescatori italiani sono sul piede di guerra e le navi restano nei porti

Dal primo lockdown ad oggi il costo del gasolio per i pescherecci è passato da 35 centesimi di euro al litro a 1,20 euro. Per questo i pescatori di tutta Italia stanno protestando e minacciano di non fermarsi.
A cura di Davide Falcioni
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Il blocco dei tir provenienti dalla Croazia al porto di San Benedetto del Tronto.
Il blocco dei tir provenienti dalla Croazia al porto di San Benedetto del Tronto.

Carlo Governatori ha 60 anni e va in mare da quando ne aveva 15. Ha il volto e le mani segnati dalla salsedine e dal sole e la sua barca – il peschereccio da 24 metri Franco Giacoponi – è ormeggiata al porto di San Benedetto del Tronto, ferma da giorni sulla banchina. In questa città, che un tempo poteva vantare la seconda marineria più importante d'Italia dopo Mazara del Vallo, tutti i pescatori hanno incrociato le braccia. Nessuna barca esce in mare, i banchi del mercato del pesce sono vuoti e i marittimi sono sul piede di guerra come i loro colleghi di tutto l'Adriatico e di gran parte del Tirreno. "Il prezzo del gasolio – spiega Carlo a Fanpage.it – è ormai diventato insostenibile. In questi giorni oscilla tra 1,10 e 1,20 euro al litro, mentre durante il lockdown aveva toccato i 35-40 centesimi di euro. L'aumento alla pompa è stato di quasi il 400%, ma non c'è stato un corrispettivo aumento del costo del barile di petrolio. È evidente che c'è una speculazione, ma a pesare sono anche le sanzioni alla Russia. Il problema è che a farne le spese siamo anche noi". Conti alla mano, spiega Carlo, "un pieno di gasolio alla mia barca oggi costa 2.300 euro al giorno. Vanno poi sommati gli stipendi e i contributi dei miei marinai, per un totale di 3mila euro al giorno. Con questi costi, e l'incognita di non trovare pesce, è impossibile lavorare. Il nostro è un grido di dolore e vogliamo che a Roma ci ascoltino".

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In sciopero anche i marittimi del Tirreno

Nicola Ceroni Ciccotosto, giovane collega di Carlo, spiega che i marittimi sono in sciopero in ormai tutto l'Adriatico. "Ma la protesta si sta espandendo anche al resto d'Italia. Nei giorni scorsi siamo andati a Viareggio, Livorno e Porto Santo Stefano, dove alcuni pescherecci non volevano aderire. Li abbiamo convinti ad incrociare le braccia. In queste ore alcune imbarcazioni di Chioggia stanno andando a Venezia a creare disagio al porto, mentre quelli di Cesenatico stanno raggiungendo Ravenna". La protesta dunque, si espande a macchia d'olio e se nei prossimi giorni sui banchi dei mercati non s troverà pesce fresco sarà per questo. A San Benedetto nei giorni scorsi sono stati bloccati anche i tir carichi di pesce provenienti dalla Croazia. Spiega Pietro Ricci: "In Croazia le barche escono in mare sette giorni su sette, mentre noi siamo obbligati a fermarci il venerdì sera. I tir croati poi ogni lunedì ‘invadono' i nostro mercati facendoci concorrenza sleale. Non solo: noi adottiamo una politica di salvaguardia del mare e negli ultimi mesi abbiamo lavorato solo due giorni a settimana per i fermi pesca, per un massimo di 120 giorni all'anno, così da dar modo alle specie ittiche di riprodursi. I croati no, sono come noi membri dell'Unione Europea ma possono pescare 365 giorni all'anno".

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I pescatori chiedono l’istituzione di un tavolo tecnico nazionale con gli armatori, il ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, il ministro dell’Economia e delle Finanze, e quello dell’Interno, per cercare di sbrigliare i nodi che stanno mettendo in ginocchio il settore. I prossimi giorni, e le prossime mobilitazioni, saranno decisive per il futuro del settore.

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