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Fornì documenti segreti alla Russia, Walter Biot condannato all’ergastolo: “Fu astuto e infedele”

La Procura Militare di Roma ha condannato all’ergastolo Walter Biot, l’ufficiale di fregata accusato di aver fornito documenti riservati alla Russia per 5mila euro.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Condannato a 30 anni Walter Biot, capitano di fregata della Marina Militare accusato di aver passato documenti segreti a un agente diplomatico russo. Il massimo della pena è stato decretato dopo una camera di consiglio di circa 3 ore dai giudici del tribunale militare di Roma.

Per lui era stato chiesto l'ergastolo durante l'udienza di oggi. Secondo l'accusa, l'ufficiale di fregata avrebbe ceduto nel marzo del 2021 alcuni documenti riservati a un funzionario dell'Ambasciata Russa in Italia in cambio di denaro. Cinquemila euro, per la precisione, in cambio di informazioni sui sistemi di telecomunicazione militare nelle mani dell'Italia.

Nel corso della requisitoria, il pm ha ricostruito la vicenda facendo riferimento anche ad alcune immagini nelle quali viene immortalato Biot mentre scatta con il cellulare delle foto allo schermo del pc dell'ufficio.

Secondo l'accusa, Walter Biot era "astuto e infedele" perché maneggiava quotidianamente documentazione riservata, occupandosi di operazioni delicatissime: tra queste, anche molte relative alla Nato. Rivestendo il ruolo di supervisore, Biot aveva anche il controllo sulla documentazione riservata e su chi poteva visionarla.

Per il pm, Biot "curava il regolamento di sicurezza ed era responsabile di chi aveva titolo a maneggiare documenti riservati". Per trasmettere illegalmente i file al funzionario del Cremlino avrebbe approfittato della forte fiducia dimostrata nei suoi confronti nei corridoi degli uffici che assistono la Difesa italiana.

Il doppiogioco è emerso solo quando l'ufficiale Zearo si è accorto di inspiegabili anomalie. Secondo quanto da lui raccontato in aula nel giugno del 2022, Biot avrebbe tirato fuori più volte un cellulare nascosto in una scatola di fazzoletti sulla sua scrivania per scattare alcune foto allo schermo del computer.

"Ho pensato fosse il caso di avvertire le forze dell'ordine – ha sottolineato in aula – perché maneggiava cose che avevano la targa di riservatezza dello stato maggiore della Difesa". Secondo l'accusa, quindi, non vi è alcun dubbio sulla colpevolezza dell'ufficiale di fregata, colto praticamente in flagranza di reato.

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