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Folla alla fiaccolata per Ada Rotini: “L’avevamo vista il giorno prima che lui la uccidesse”

Una fiaccolata in memoria di Ada Rotini e di tutte le vittime di femminicidio: si è tenuta ieri sera, a Bronte, in provincia di Catania, il piccolo centro in cui la 46enne è stata sgozzata l’8 settembre dal marito Filippo Asero, dal quale si stava separando. Nel parco urbano c’era anche la figlia della donna, prossima a frequentare la seconda media, accompagnata dal papà e protetta dai familiari. L’anziano a cui Rotini faceva da badante, rimasto ferito nel tentativo vano di difenderla, è uscito dall’ospedale ed è tornato nella sua abitazione.
A cura di Luisa Santangelo
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Alla scuola media di Bronte Ada Rotini era andata il giorno prima di essere ammazzata. Stava sistemando le pratiche per il nulla osta di trasferimento della figlia, che quest'anno frequenterà il secondo anno, che non avrebbe più studiato nella città del pistacchio. Lei, del resto, si stava separando da Filippo Asero, l'uomo che è diventato il suo assassino e per il quale aveva lasciato il vicino Comune di Maletto. In quest'altro piccolo centro Ada aveva vissuto per anni con l'ex compagno e padre della bimba, finché si era trasferita per amore di Asero. E sempre a Maletto era tornata dopo avere lasciato la casa coniugale, abitando nella stessa casa dell'anziano per cui lavorava come badante.

"Quando ci hanno detto il nome della persona che era stata uccisa, siamo rimasti sconvolti. Pensi sempre che queste cose non possano accadere a te o a chi hai vicino…". Ketty Liuzzo, direttrice amministrativa dell'istituto scolastico, la ricorda "sorridente e carina". "Una mamma molto presente con sua figlia", dice invece Antonella Barra, rappresentante dei genitori nella classe che la figlia di Rotini frequentava. Si sapeva niente della sua difficile situazione familiare? "Assolutamente no, solo voci di popolo". In un piccolo paese, i bisbigli corrono.

Nel parco urbano di Bronte, in occasione della fiaccolata organizzata dal Comune con le associazioni Telefono rosa ed Enjoy, c'è anche la figlia di Ada, accompagnata dal papà. I suoi ex compagni di classe tengono cartelloni contro la violenza sulle donne, lei resta protetta dai familiari. Nessuno di loro si sente in vena di parlare, ma alla manifestazione hanno scelto di partecipare. Tra i nomi associati alle scarpe rosse, simbolo del femminicidio, ora c'è anche quello della 46enne sgozzata l'8 settembre 2021 in via Boscia. Asero resta all'ospedale Cannizzaro di Catania, piantonato dai carabinieri. L'uomo anziano che è rimasto ferito al braccio da una coltellata, dopo essere stato medicato all'ospedale di Bronte, è tornato a casa. "È ancora scosso – racconta il sindaco di Maletto, Pippo De Luca, che l'ha incontrato – Ada viveva temporaneamente con lui e lui l'ha accompagnata a Bronte, la mattina dell'8 settembre". Il pensionato ha così assistito alla discussione e all'aggressione. "Ha tentato di intervenire per salvare la ragazza e scappare, ma è stato raggiunto da un fendente al braccio". E poi non ha più potuto fare nulla.

Le candele di tutti sono accese. "C'è tanta gente, se questo non fosse periodo di raccolta del pistacchio ce ne sarebbe stata di più", dice qualcuno. Le compagne di classe della figlia di Ada reggono in mano dei palloncini rossi, mentre Antonella Caltabiano, presidente del Telefono rosa, elenca le vittime di femminicidio nella sola provincia di Catania. Non tutte, "l'elenco potrebbe durare all'infinito. Ada Rotini è solo un altro nome in una lista di donne che non ce l'hanno fatta". Anche lei, come Vanessa Zappalà, dopo avere denunciato i maltrattamenti: lo aveva fatto a dicembre 2020, dopo l'ennesima lite a causa della quale erano intervenuti i carabinieri. Per un periodo Rotini era stata ospite di una comunità protetta, ma poi aveva scelto di andare via.

"Non eravamo pronti ad affrontare una cosa del genere – dichiara Pino Firrarello, ex senatore e sindaco di Bronte – Ma adesso bisogna fare qualcosa di più. E mi rivolgo ai parlamentari, della Camera e del Senato, che non hanno ancora capito che la situazione è grave". Così lancia una raccolta firme per "sollecitare una legge di iniziativa popolare – così si legge sull'intestazione – a difesa delle donne oggetto di violenza di genere". Un atto poco più che simbolico, ma il senso per Firrarello è chiaro: "Bisogna che si faccia una legge durissima".

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