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Focolaio di variante Delta Covid all’Ikea a Piacenza, la denuncia dei sindacati: “Troppa confusione”

Secondo il sindaco Usb, una delle aziende coinvolte nel focolaio di variante Delta Covid scoppiato nel polo logistico di Piacenza sarebbe l’Ikea. La denuncia: “Decine di lavoratori vengono o fatti lavorare o messi in quarantena nella più totale e contraddittoria confusione. Abbiamo intimato alla coop San Martino, fornitrice di servizi in Ikea, di pagare al 100% il periodo di forzata assenza dei lavoratori”.
A cura di Ida Artiaco
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Sono 24 i casi di variante Delta Covid individuati a Piacenza. Il focolaio è scoppiato nel polo logistico piacentino, partendo da due aziende e allargandosi anche ad amici e parenti dei 10 dipendenti che risultano contagiati e che avrebbero a loro volta infettato altre 14 persone, come ha spiegato l'Ausl della città emiliana. Secondo il sindacato Usb, una delle due aziende coinvolte sarebbe l’Ikea, come si legge in una nota, pubblicata sul sito internet ufficiale della sigla, all'interno della quale vengono anche denunciate le condizioni di lavoro nello stabilimento, poco adeguate alle norme anti Covid.

"USB denuncia il comportamento opaco del fornitore di servizi nei magazzini europei di Ikea a Piacenza dove, a seguito del riscontro di un focolaio di Covid, decine di lavoratori vengono o fatti lavorare o messi in quarantena nella più totale e contraddittoria confusione – si legge nel comunicato -. Gli ordini di servizio vengono impartiti telefonicamente senza alcun riscontro, persone risultate negative ai tamponi vengono lasciate a casa in quarantena, altre nemmeno sottoposte al test continuano a lavorare, mentre ad altre ancora, che dichiarano di aver chiesto chiarimenti all'ASL, è stato risposto dall'ente stesso di non essere a conoscenza di segnalazioni di contatto al loro riguardo". Per questo, conclude la note, "USB si è rivolta agli enti competenti ed ha intimato alla coop San Martino, fornitrice di servizi in Ikea, di pagare al 100% il periodo di forzata assenza dei lavoratori (di tale increscioso comportamento si è occupata anche la parlamentare piacentina Murelli con un'interpellanza). USB censura il fatto che l'appaltatore sfrutti fino all'osso i dipendenti e quando questi, per garantire un servizio efficiente, si espongono al rischio di contagio si ritrovano uno stipendio decurtato che arriva sì e no ai 500 euro mensili"

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