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Cambiamenti climatici

Dissesto idrogeologico, le zone a rischio in Italia e le cause della fragilità del territorio

Secondo l’ISPRA il 94% del territorio italiano è a rischio dissesto idrogeologico; il consumo di suolo è in continua crescita e nel 2021 ha sforato i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un solo anno.
A cura di Davide Falcioni
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Fiume Sillaro in piena e allagamenti in città a Faenza nell'alluvione del maggio 2023
Fiume Sillaro in piena e allagamenti in città a Faenza nell'alluvione del maggio 2023
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Negli ultimi otto mesi l'Italia è stata colpita da diversi eventi meteorologici estremi, come le tre alluvioni che hanno provocato almeno 26 vittime, oltre a decine di feriti, centinaia di sfollati e danni per milioni di euro a case, negozi, fabbriche e attività agricole.

La notte tra il 15 e il 16 settembre 2022 un'alluvione si abbatte sul nord delle Marche e causa 12 morti. Poco più di due mesi dopo, la mattina del 26 novembre, una nuova frana travolge il centro abitato di Casamicciola Terme, comune sull'Isola d'Ischia, uccidendo altre 12 persone. In ultimo le due alluvioni in Emilia Romagna che nell'arco di un solo mese hanno devastato la regione, quella del 4 maggio 2023 che ha causato altre due vittime a Castel Bolognese e a Fontanelice, e l'alluvione del 16 maggio, che ha provocato 15 morti, migliaia di sfollati e danni per miliardi di euro.

In ogni caso, oltre alle precipitazioni – la cui violenza è accentuata dagli effetti del cambiamento climatico – il comune denominatore è stato il dissesto idrogeologico, ovvero quell'insieme di processi che provocano la degradazione del territorio aumentando sensibilmente le probabilità di eventi catastrofici. 

In questo quadro il consumo di suolo gioca un ruolo determinante. Laddove non si riesce a infiltrarsi nel sottosuolo a causa della cementificazione, l'acqua si accumula aumentando la sua massa e scivolando velocemente sulle superfici impermeabili, travolgendo tutto ciò che ha davanti a sé. A dimostrare quanto questo fenomeno in Italia sia pervasivo i dati forniti il 26 luglio scorso dal Rapporto "Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici" pubblicato dall'ISPRA.

Il rapporto ISPRA sul dissesto idrogeologico in Italia

Secondo il report dell'ISPRA con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo è tornato a crescere e nel 2021 ha sforato i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un solo anno. Il cemento ricopre ormai almeno 21.500 chilometri quadrati di suolo nazionale, dei quali almeno 5.400, un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici.

Tra il 2006 e il 2021 l'Italia ha perso 1.153 chilometri quadrati di suolo naturale o seminaturale, con una media di 77 chilometri quadrati all’anno a causa principalmente dell’espansione urbana e delle sue trasformazioni collaterali che, rendendo impermeabilizzando il suolo, oltre all’aumento degli allagamenti e delle ondate di calore, causa la perdita di aree verdi, di biodiversità e dei servizi ecosistemici, con un danno economico stimato in quasi 8 miliardi di euro l’anno. Basti pensare che se cadono 10 millimetri di acqua su un prato uno solo rimane in superficie, mentre se cadono 10 millimetri di acqua in un parcheggio di un supermercato ne rimangono in superficie 6.

Andamento del consumo di suolo annuale netto a livello regionale dal 2006 al 2021. Fonte: elaborazioni ISPRA su cartografia SNPA
Andamento del consumo di suolo annuale netto a livello regionale dal 2006 al 2021. Fonte: elaborazioni ISPRA su cartografia SNPA

A livello regionale la Valle d’Aosta è la regione più virtuosa, quella cioè che è riuscita a consumare meno suolo; anche la Liguria è riuscita a contenere il nuovo consumo di suolo al di sotto dei 50 ettari, mentre Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Basilicata e Calabria si mantengono sotto ai 100 ettari. Gli incrementi maggiori sono avvenuti invece in Lombardia (con 883 ettari in più), Veneto (+684 ettari), Emilia-Romagna (+658), Piemonte (+630) e Puglia (+499). I valori percentuali più elevati si collocano anche quest’anno in Lombardia (12,12%), Veneto (11,90%) e Campania (10,49%).

In ambito comunale Roma conferma la tendenza dell’ultimo periodo e anche nel 2021 ha consumato più suolo di tutte le altre città italiane: in 12 mesi la Capitale ha perso altri 95 ettari di terreno. Inoltre, Venezia (+24 ettari relativi alla terraferma), Milano (+19), Napoli (+18), Perugia (+13), e L’Aquila (+12) sono i comuni capoluogo di Regione con i maggiori aumenti.

La pericolosità da frana e da alluvione in Italia

Secondo il rapporto del 2021 "Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio", anche in questo caso redatto dall'ISPRA, nell'anno preso in esame è aumentata la superficie nazionale potenzialmente soggetta a frane e alluvioni: l’incremento sfiora rispettivamente il 4% e il 19% rispetto al 2017. Quasi il 94% dei comuni italiani è a rischio dissesto e soggetto ad erosione costiera e oltre 8 milioni di persone abitano nelle aree ad alta pericolosità. Segnali incoraggianti invece per le coste italiane: dopo 20 anni, a fronte di numerosi interventi di protezione, i litorali in avanzamento sono superiori a quelli in arretramento.

Spiega il dossier che "nel 2021, oltre 540 mila famiglie e 1.300.000 abitanti vivono in zone a rischio frane (13% giovani con età < 15 anni, 64% adulti tra 15 e 64 anni e 23% anziani con età > 64 anni), mentre sono circa 3 milioni di famiglie e quasi 7 milioni gli abitanti residenti in aree a rischio alluvione. Le regioni con i valori più elevati di popolazione che vive nelle aree a rischio frane e alluvioni sono Emilia-Romagna (quasi 3milioni di abitanti a rischio), Toscana (oltre 1milione), Campania (oltre 580mila), Veneto (quasi 575mila), Lombardia (oltre 475mila), e Liguria (oltre 366mila)".

Il rapporto inoltre evidenzia che "su un totale di oltre 14 milioni di edifici, quelli ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata superano i 565mila (3,9%), mentre poco più di 1,5milioni (10,7%) ricadono in aree inondabili nello scenario medio. Gli aggregati strutturali a rischio frane oltrepassano invece i 740 mila (4%). Le industrie e i servizi ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono oltre 84 mila con 220mila addetti esposti a rischio, mentre quelli esposti al pericolo di inondazione, sempre nello scenario medio, superano i 640 mila (13,4%)".

La mappa delle zone a rischio idrogeologico

Al 2021 la popolazione a rischio frane in Italia residente nelle aree a pericolosità PAI elevata e molto elevata (P3+P4) è risultata pari a 1.303.666 abitanti (2,2% del totale). Le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio frane e alluvioni sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia e Liguria.

Popolazione a rischio frana
Popolazione a rischio frana

La popolazione a rischio alluvioni nello scenario di pericolosità idraulica media P2 è pari a 6.818.375 abitanti (11,5%)

Popolazione a rischio alluvione
Popolazione a rischio alluvione

Stando alla mappa, le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio frane e alluvioni sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia e Liguria.

Perché l’Italia è un territorio fragile

Quello italiano, dati alla mano, è un territorio estremamente vulnerabile. A causa dei cambiamenti climatici le precipitazioni sono diventate più rare ma molto più violente, tanto che sempre più spesso si parla di eventi estremi. A questi vanno sommate scelte sbagliate come la cementificazione selvaggia, il disboscamento, l'agricoltura intensiva, la cattiva gestione dei corsi d'acqua e l'abusivismo edilizio, che hanno comportato negli anni una profonda compromissione della copertura vegetale sul territorio nazionale.

A quelli antropici vanno aggiunti i fattori naturali, ovvero la predisposizione della Penisola al rischio idrogeologico. Il nostro è un territorio fragile per le caratteristiche geologiche, morfologiche e idrografiche. L'Italia è infatti un Paese geologicamente giovane e instabile, ricco di rocce friabili e impermeabili che favoriscono lo scivolamento in superficie dell’acqua piovana e un clima che alterna lunghe fasi di siccità a momenti di precipitazioni intense e concentrate in brevi archi temporali.

In questo quadro un’alluvione – che di per sé rappresenta un fenomeno naturale non necessariamente pericoloso – può diventare facilmente una minaccia concreta. Frane e allagamenti si sommano a scelte umane sconsiderate e a politiche di cattiva gestione del territorio che negli anni hanno aggravato una situazione già molto complessa.

La gestione del rischio idrogeologico in Italia

Troppo poco è stato fatto finora per mettere in sicurezza il territorio italiano. Come dimostra l'ultimo rapporto dell'ISPRA, infatti, la cementificazione sta proseguendo senza sosta anche a causa dell'assenza di una legge organica sul consumo di suolo. Ciò nonostante nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è stata prevista una spesa di 2,49 miliardi di euro finalizzata a "ridurre gli interventi di emergenza, sempre più necessari a causa delle frequenti calamità, e intervenire in modo preventivo attraverso un programma ampio e capillare".

Spiega il sito del Governo dedicato al PNRR: "Le minacce dovute al dissesto idrogeologico in Italia, aggravate dagli effetti dei cambiamenti climatici e dall’assenza di un’efficace politica nazionale di prevenzione sul territorio, compromettono la sicurezza della vita umana, l’agricoltura e il turismo, la tutela delle attività produttive, degli ecosistemi e della biodiversità, dei beni ambientali e archeologici. Per ridurre i rischi sono necessari interventi sia di tipo strutturale, volti cioè a mettere in sicurezza da frane o a ridurre il rischio di allagamento, sia non strutturale, concentrati sul mantenimento del territorio, sulla riqualificazione, sul monitoraggio e sulla prevenzione. Nelle aree colpite da calamità si provvederà al ripristino di strutture e infrastrutture pubbliche danneggiate, nonché alla riduzione del rischio residuo per tutelare l'incolumità pubblica e privata". Ora non resta che augurarsi che dalle parole si passi ai fatti. Ne va della sicurezza stessa di milioni di italiani.

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