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Diaz, le vittime del pestaggio tornano nella scuola 12 anni dopo

Dodici anni dopo i fatti della scuola Diaz a Genova, avvenuti tra il 21 e il 22 luglio 2001 durante il G8, alcuni dei reduci di quel blitz sono tornati nell’edificio. Il preside Aldo Martinis: “Penso che risanare una ferita inferta alla democrazia sia importante”.
A cura di Susanna Picone
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Dopo 12 anni alcuni dei manifestanti del G8 rimasti vittime dell'irruzione della polizia nella scuola Diaz di Genova sono tornati sul luogo dell'orrore. Dodici anni dopo la terribile notte tra il 21 e il 22 luglio del 2001. Sono tornati nell’edificio per cercare di superare il trauma vissuto a Genova. Le vittime del pestaggio sono state accompagnate dal nuovo preside dell’Istituto Pertini, Aldo Martinis, che ha promosso l’iniziativa, da alcuni medici e dai rappresentanti dei Genoa Social Forum del 2001. Tra di loro c’erano il giornalista inglese Mark Covell, che venne picchiato nel cortile esterno della scuola tanto da finire in coma, il collega Lorenzo Guadagnucci e il 70enne Arnando Cestaro, che riportò traumi agli arti inferiori e superiori. Sono andati alla Diaz anche Enrica Bartesaghi e suo marito, i genitori di Sara, una delle vittime dell’irruzione. Lei non ce l’ha fatta a tornare lì.

Le sensazioni dei manifestanti nei luoghi del pestaggio – La madre di Sara in un libro ha raccontato le violenze che la figlia ha dovuto subire nel 2001e nella scuola ha voluto vedere il bagno dove la ragazza è stata picchiata fino a perdere i sensi. I reduci del pestaggio si sono poi fermati nella palestra, al piano terra, dove stavano dormendo quando partì la carica. Guadagnucci ha ricordato quella sensazione di “stupore, di sgomento, di panico”, ha parlato di quell’”esperienza non comune di aver paura di morire”. Cestaro ha ricordato “le cose terribili viste” nella scuola, “il sangue dappertutto”. Anche Covell è apparso visibilmente turbato nel ritornare in quelle stanze. “Penso che risanare una ferita inferta alla democrazia sia importante. È quello che abbiamo fatto”, si è espresso così il preside Martinis ricordando una delle pagine più nere della nostra storia.

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