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“Mio padre, in cella senza una gamba”: la figlia in sciopero della fame

L’appello di una figlia per risolvere una vicenda kafkiana: “Lo faccio per mio padre, ma anche per tutti gli ammalati in carcere e per l’amnistia”. Carmela Rosciano è in sciopero della fame.
A cura di Gaia Bozza
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Carmela Rosciano è una ragazza minuta e decisa. Da quando suo padre, gravemente ammalato e senza una gamba, è ricoverato nel padiglione clinico San Paolo del carcere di Poggioreale, ha spesso gli occhi pieni di lacrime. Di preoccupazione e di rabbia: oggi è in sciopero della fame per appoggiare la protesta dei Radicali per l'amnistia e per sollecitare le istituzioni sul dramma che sta vivendo suo padre. Lancia un nuovo appello al ministro Cancellieri e al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: "Vi chiedo, con tutto il cuore, di intervenire urgentemente per una persona con gravi patologie e che sta rischiando la morte per pena. Ha compiuto un reato lieve, già gli erano stati dati i domiciliari. Che intervengano, il Presidente e la Cancellieri perché questa persona non sia un'altra vittima dello Stato. E che intervengano anche per Vincenzo Di Sarno e per gli altri ammalati che non sono idonei alla carcerazione".

Ristretto e ammalato – Carmela racconta una vicenda amarissima: "Mio padre, Angelo Rosciano,  è diabetico, ha ricevuto l'amputazione di un arto e rischia anche l'altro arto, che non è operabile; può solo deambulare, cioè camminare con la protesi per mantenere attiva la circolazione". Ma la protesi non ce l'ha, in carcere, perché non può entrarvi. "Vive in una cella molto piccola – continua –  persino l'ora d'aria la fa sulla sedia a rotelle". L'alimentazione? "E' un dramma: oltre al diabete non ha la colecisti, ma non ci sono alimenti specifici per le sue patologie. Mangia solo pasta, e il diabete schizza a valori molto alti". La paura è tanta, ci spiega Carmela, anche perché in carcere il padre non è seguito dai suoi medici e non può far affidamento sul costante monitoraggio di cui avrebbe bisogno: per gli esami specialistici, i detenuti devono essere  spostati nelle strutture ospedaliere ed è una prassi burocratica lunga.

Vicenda kafkiana – Il signor Rosciano, di professione elettrauto, viene raggiunto da una sentenza di condanna per ricettazione nel 2012. Un reato comune che non crea nessun allarme sociale, per di più accaduto  15 anni prima. "Aveva comprato due auto che sono poi risultate rubate – spiega Carmela – L'avvocato che ci assisteva in precedenza non seguiva la causa, che intanto è andata avanti. In seguito, con un altro avvocato, Pierluigi Spadafora, siamo riusciti ad ottenere gli arresti domiciliari". Ma poi il tribunale di Potenza, nonostante le condizioni di salute dell'uomo siano precarie, decide che Rosciano è nuovamente idoneo alla carcerazione. Al carcere di Sala Consilina (Salerno), dove era destinato perché il più vicino a casa, non lo accettano, viste le sue condizioni. E allora viene mandato a Poggioreale, che ha il centro clinico ma è anche il carcere più affollato d'Europa, dove più volte gli ex detenuti hanno denunciato condizioni disumane.

La raccolta firme – "Ho scritto già una lettera al ministro  della Giustizia Anna Maria Cancellieri e al presidente Napolitano, ho scritto anche al Papa – racconta Carmela –  In questa lotta anche una parte della politica mi è vicina. Con i Radicali abbiamo costituito il Comitato per Angelo Rosciano e stiamo raccogliendo firme per chiedere che gli vengano nuovamente concessi i domiciliari. A breve partirà una petizione online. Il progetto è che questo comitato si formi anche nel padiglione San Paolo, con altre persone ammalate". Perché scontare una pena non diventi una pena di morte.

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