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Delitto di villa Massoni, la furia dello psichiatra che ha massacrato il fratello

Il pomeriggio del giorno di Ognissanti, Marco Casonato, psichiatra e perito del Tribunale ha investito ripetutamente suo fratello Pietro nel parco della storica villa di famiglia. Sullo sfondo una faida tra fratelli durata anni.
A cura di Angela Marino
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Marco e Pietro Casonato
Marco e Pietro Casonato

Villa Massoni è una costruzione seicentesca immersa nel verde della campagna toscana. Fatiscente e bellissima, con le sue 26 stanze, gli affreschi evanescenti, l'enorme parco, popolato di statue e il fertile agrumeto, che fu la dimora preferita dagli intellettuali internazionali, oggi, invece, è teatro di un fratricidio. A insanguinare i suoi giardini è stato Marco Casonato, 61 anni, erede della famiglia che possiede l'edificio storico e custode legale dell'immobile. Eminente psichiatra, ricercatore all'Università degli Studi di Milano-Bicocca, perito del Tribunale che ha tra le sue competenze l'Analisi forense del testo giudiziario è oggi in manette per aver ammazzato il fratello Piero, medico del lavoro, il pomeriggio del giorno di Ognissanti.

Eppure era Pietro la ‘testa calda'. Medico del lavoro, l'ex dipendente dell'ASL era stato condannato a tre anni di reclusione dopo il ritrovamento, nella sua abitazione di Bagnolo, a Montemurlo, di un vero e proprio arsenale militare clandestino. Il dottore aveva collezionato mitragliette, pistole, un visore notturno, divise militari, 5400 munizioni e due parrucche che furono ritrovate nel 2007, durante una perquisizione per altro scopo. Secondo suo fratello, Marco, il fratello psichiatra, Pietro, aveva ‘dei problemi' e ‘aveva bisogno di aiuto'. Neanche il professore, però, sembrava essere immune da accessi di ira, tanto che i due fratelli erano già venuti alle mani rischiando di finire a processo per aggressione. Erano stati i loro legali, alla fine, a consigliarli di deporre la questione e ritirare le rispettive querele.

La villa ‘maledetta'

Al centro dei conflitti che dividevano quei due fratelli così diversi, eppure così uguali nel loro temperamento, era la gestione di villa Massoni, la proprietà che tutti gli invidiavano, ma che rischiava di finire in mani di altri per la loro incapacità di amministrarla. Risale al 2012 la raccolta firme – 27mila – per far inserire la struttura tra i patrimoni del Fondo ambiente italiano (FAI) e ottenere un finanziamento di 30mila euro. La mobilitazione, però, non è servita a ristrutturare per intero la bellissima villa di via della Rocca, che per tornare all'antico splendore necessita di interventi per milioni di euro. Tra progetti per la realizzazione di una SPA e l'ultima idea – che, secondo Marco avrebbe attirato l'interesse di investitori russi – quella di fare della antica villa dei duchi Cybo-Malaspina una residenza per anziani, la villa era rimasta pressoché intatta, salvo il processo in corso a carico di tutti e due i fratelli per ‘danneggiamento di edificio sottoposto a vincolo' riguardante proprio la villa.

La scintilla

Quando Piero aveva deciso di effettuare qualche miglioria al parco e ingaggiando un gruppo di operai Rom di etnia Sinti, per ripulire il verde dalle erbacce, la situazione era precipitata. Marco venne a sapere ben presto degli interventi e piombò a Massa, da Milano, in compagnia di un gruppo di esponenti di Forza Nuova. Sorpresi dall'irruzione dello psichiatra e del suo seguito, gli operai avvertirono il loro datore di lavoro, che si precipitò in via della Rocca. Ne nacque una gazzarra che si concluse, fortunatamente, senza danni. L'indomani il dottor (Marco) Casonato chiese chiarimenti in Procura riguardo alla legittimità di quell'intervento (la villa era sotto sequestro per il processo in corso), ma si sentì rispondere che era tutto in regola.

Il fratricidio

Difficile immaginare cosa sia accaduto nella mente di Marco Casonato, la mente dello psichiatra, l'uomo che, per inclinazione e per professione aiuta gli altri a controllare le passioni e che non controllava più le proprie. Il professore ha raggiunto il fratello, con il quale è scoppiata l'ennesima lite furibonda, in cui Marco si è ferito. Sotto gli occhi degli operai è salito su un furgoncino e ha investito il fratello. Poi gli è passato sopra più volte con il Doblò, prendendosi anche il tempo di girare intorno al corpo, osservandone il massacro. Poi è sceso dal furgone per salire a bordo di una Panda, iniziando quella fuga che l'ha portato sull’Aurelia in direzione Carrara. Svanita la rabbia cieca è sopraggiunta la consapevolezza, gelante, di essere un ricercato. Il professore ha telefonato a Valter Mattarocci, il suo legale. "È successa una cosa grave", gli ha detto, poi, forse su suo consiglio, si è costituito.

L'epilogo

Sarà il tribunale a stabilire se al momento dell'omicidio di Pietro il professore fosse lucido o se fosse annebbiato da una cortina di rabbia, quell'odio cieco che lo aveva contrapposto al fratello da sempre. Lo psichiatra, per ora, resta accusato di omicidio volontario.

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