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Covid 19

Coronavirus, il bollettino del 25 marzo spiegato: la Lombardia migliora, il picco si avvicina

“Sembra davvero che ci stiamo avvicinando al momento in cui il numero di casi attivi in Lombardia inizierà a scendere”. Giovanni Forti, data analyst di YouTrend commenta per noi i dati quotidiani del Bollettino della Protezione Civile: “Raggiungere il picco non vuol dire aver risolto il problema: la discesa sarà lunga”.
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La frenata continua. Lenta, ma continua. Ad oggi, mercoledì 25 marzo, i casi positivi al Coronavirus in Italia sono 74.386 (+5.210 rispetto a ieri) di cui 9.362 guariti (+ 1.036 rispetto a ieri), mentre i decessi sono 7.503 (+ 683 rispetto al giorno precedente). Sono questi i numeri dell'ultimo bollettino dell'emergenza Coronavirus nel nostro Paese reso noto oggi, 25 marzo, dalla Protezione civile (la consueta conferenza stampa sul bilancio aggiornato dell'infezione è saltata a causa di un problema di salute di Angelo Borrelli). Al momento risultano positive 57.521 persone. Tra i contagiati, 30.920 si trovano in isolamento domiciliare, mentre 23.112 sono ospedalizzati e altri 3.489 sono ricoverati in terapia intensiva. Ancora una volta le regioni più colpite risultano essere la Lombardia, l'Emilia-Romagna, il Veneto, le Marche e il Piemonte. Il totale dei tamponi effettuati è di 324.445.

“Sembra che la Lombardia stia davvero migliorando”. Giovanni Forti, 25 anni è studente di Economics all'Università di Pisa e alla Scuola Superiore Sant'Anna. Dal 2018 fa parte della redazione di YouTrend, dove di occupa della parte editoriale, dell'analisi dei dati e della produzione di data visualization e su YouTrend ha scritto diversi articoli sulla pandemia del Covid-19: “Oggi la Lombardia ha circa 1643 casi in più, a fronte ad un aumento dei risultati dei tamponi – spiega a Fanpage.it -. Sembra davvero che ci stiamo avvicinando al momento in cui il numero di casi attivi in Lombardia inizierà a scendere. Succederà quando le persone non più infette da Coronavirus – guarite o purtroppo decedute – supereranno i nuovi contagi”.

È questo il famoso picco?

Sì. Nel momento in cui questa differenza arriverà a zero, potremo dire di aver superato il picco in Lombardia.

In statistica, cosa significa poter dire di aver superato il picco?

Ci sono varie fasi nel corso di un’epidemia: all’inizio è molto rapida e segue una curva di diffusione esponenziale, o molto vicina a esserlo. Nel momento in cui vengono introdotte misure restrittive la pendenza della curva inizia a diminuire, e poi comincia a decrescere. Quando abbiamo un numero di casi costanti in nuovi giorni, possiamo dire che c’è stato un punto di flesso. Quando la curva comincia a calare, siamo al picco. Da lì, la curva comincia a scendere, e si entra in una nuova fase.

E noi siamo vicini al picco, quindi…

In Lombardia, però. Non stiamo parlando di un unico caso nazionale: in Italia ci sono diversi focolai. Per ora ci sono contesti in cui la situazione sta significativamente peggiorando. L'unica regione che si sta avvicinando al picco è la Lombardia, che comunque sta lievemente peggiorando.

Sì, però la Lombardia fa quasi la metà dei contagi da Coronavirus…

È vero, l’influenza della Lombardia sulla curva totale è molto significativa. Fino a che non siamo certi che in nessun altra regione succeda quel che è successo in Lombardia occorre rimanere prudenti, però.

 

Arrivano cattive notizie da altre regioni, oggi?

Abbiamo visto dati pessimi dei decessi nelle Marche e in Piemonte: questi possono essere due importanti campanelli d’allarme. Guardando il Mezzogiorno, Sicilia e Abruzzo si confermano come le realtà con la più alta crescita di casi positivi.

Altre notizie positive, invece?

Arrivano invece buone notizie della Val d’Aosta, una regione molto piccola che ha avuto un numero di casi sul totale degli abitanti molto importante invece oggi ha avuto un solo contagiato. Altri dati positivi – nonostante i contagi di massa di suore o di centri anziani – sono quelli del Lazio.

Torniamo al picco: una volta che inizia la discesa cosa succede? 

La velocità della discesa differisce da epidemia a epidemia. Noi abbiamo un solo caso di epidemia conclusa, quello cinese, che differisce di molto da quello italiano, a partire da un controllo molto più ferreo del decorso e degli spostamenti della popolazione. Prima di fare un confronto con la Cina bisogna mettere questi caveat.

Ok, mettiamoli. Ma in Cina la curva com'è calata?

La curva dei casi cinesi ha raggiunto il picco, è stata per 5 o 6 giorni attorno al picco, poi i guariti hanno iniziato a crescere, mentre calavano i nuovi contagi. Nel momento in cui è massimo il numero dei guariti e calano significativamente i nuovi contagi si ha il momento massimo di decelerazione dell’epidemia. Quando poi in ospedale rimangono i casi più difficili da gestire e comunque aumentano i contagiati si ha una fase di ulteriore rallentamento della discesa.

Quindi la discesa della curva dei contagi dipende anche dal numero dei guariti, che finora in Italia sono ancora pochi: solo 9362 su 74483 contagiati complessivi…

Per guarire dal Coronavirus serve qualche giorno in più rispetto a una normale influenza, questo ormai lo sappiamo. Questo spiega il ritardo della curva dei guariti rispetto alla curva dei contagi. I guariti – speriamo – aumenteranno col passare dei giorni. Semmai la velocità di questa crescita dipenderà da due fattori.

Quali?

Il primo è quanto efficacemente riusciremo a curare queste persone: se pian piano si svuotano le terapie intensive e aumentano i tamponi effettuati si possono riconoscere i casi più in fretta e le possibilità di un decorso positivo sono molto migliori.

Il secondo fattore?

La popolazione colpita in Italia ha un’età significativamente più alta, la curva dei guariti in Italia è più lenta perché più lento è il decorso. Questo potrebbe rallentare un po' la discesa della curva.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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