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Cadaveri fatti a pezzi a Tropea

Cimitero degli orrori di Tropea, parla un consigliere comunale: “C’è ancora molto da scoprire”

Lo scandalo delle tombe profanate nel cimitero di Tropea non si placa, ma ora c’è chi difende i tre presunti responsabili e parla di criminalità diffusa dentro e fuori dal camposanto. Tra i sostenitori di questa teoria c’è Massimo Cono Pietropaolo, consigliere di minoranza da sempre in contrasto con il sindaco Giovanni Macrì.
A cura di Francesca Lagatta
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«La fotografia macabra che ne viene fuori non è la fotografia di Tropea. La nostra è la città di don Mottola e Raf Vallone». A parlare, dopo giorni di polemiche, è Massimo Cono Pietropaolo, consigliere di minoranza con delega alla Pubblica Istruzione, ora rimessa, al Comune di Tropea. Il professore di latino e greco interviene sulla vicenda delle tombe profanate al cimitero cittadino e alle nostre telecamere parla di «descrizioni francamente esagerate».

La perla del Tirreno, a suo dire, non sarebbe quel covo di delinquenza e omertà che i fatti contestati dalla procura di Vibo Valentia avrebbero messo in luce. Le immagini diffuse dalla Guardia di Finanza, però, sembrano parlare chiaro, almeno per quanto riguarda la distruzione dei feretri: «Sicuramente ci sarà stato qualche atto irregolare, ma in quelle bare – dice, contrariamente a quanto sospettato negli uffici del procuratore Camillo Falvo – non ci sarebbero state delle persone».

Inoltre, il principale indagato della vicenda, il custode cimiteriale Francesco Trecate, è descritto da Pietropaolo come un lavoratore instancabile, che mai aveva destato dubbi sulla sua condotta, così come gli altri due indagati: «Non sono dei mostri come li hanno descritti».

Al tempo stesso, però, il consigliere d'opposizione riconosce l'esistenza di un sistema marcio, più ampio e trasversale, al di fuori delle mura cimiteriali: «La corruzione è sempre una concorrenza a due».

Il sindaco sapeva?

Giovanni Macrì è sindaco di Tropea dall'autunno del 2018 e in molti si chiedono se fosse a conoscenza di ciò che da tempo avveniva al cimitero. In una recente intervista a Fanpage aveva detto di non averne mai sentito parlare, per poi affermare che avrebbe addirittura denunciato i fatti, ma solo quando gli è stato fatto notare che un cittadino aveva fornito alla procura gli audio WhatsApp, dal contenuto inequivocabile, inviati al suo numero di cellulare pochi giorni prima dello scandalo. Tra gli atti, c'è anche la deposizione di un avvocato, il quale ha dichiarato che già nel 2019 si era rivolto due volte a Macrì (al momento non coinvolto nella vicenda giudiziaria) per denunciare la sparizione anomala della bara del nonno. A ciò, adesso, si aggiunge anche la dichiarazione di Pietropaolo, che dice di aver denunciato delle stranezze, per due volte, addirittura in consiglio comunale. «Mi è stato risposto che stavano provvedendo a fare loculi di urgenza e che sui muri perimetrali avrebbero ricavato almeno cento posti». Ma sulle tombe svanite nel nulla, neppure una parola.

Una lettera fa tremare la città

A Tropea la vicenda delle tombe profanate potrebbe essere solo la punta di un iceberg. La tesi di Pietropaolo è la stessa contenuta in una lettera anonima, nella quale la perla del Tirreno è descritta come una città mafiosa, asservita ai clan locali e in particolare alla potentissima cosca dei Mancuso. L'ignoto autore fa nomi e cognomi descrivendo, con minuzia di particolari, i presunti favori che avrebbero ricevuto alcuni commercianti vicini alle ‘ndrine locali. Si parla di abusi edilizi, autorizzazioni e concessioni illecite rilasciate dal Comune, tra il silenzio generale. Pietropaolo non conferma né smentisce le indiscrezioni: «Accertare questo tipo di eventuali irregolarità non è difficile, si va nell'ufficio nell'ufficio tecnico, si va alla polizia municipale e si acquisiscono i documenti. Sono verifiche che il Comune, la magistratura e la Guardia di Finanza possono fare. Ogni istituzione deve assumersi le proprie responsabilità».

Pietropaolo: «Falchi già pronti ad acquisire attività»

Il professore non entra nel merito della vicenda dei presunti favori ai commercianti in odor di mafia, ma fa una precisazione importante, difendendo l'altra parte dei commercianti, quella vessata dalle tasse e prossima al fallimento. «Di recente – dice – mi sono opposto a una norma molto insidiosa sui commercianti, quella che il sindaco ha fatto votare dalla sua maggioranza. Gli ho detto che, in questo periodo difficile, dobbiamo favorire la buona economia, che a Tropea per fortuna ancora c'è. Altrimenti chi è che penderà il posto di questi commercianti? Ci sono già i falchi pronti ad acquisire le loro attività. Noi dobbiamo aiutare questi poveri sventurati a non finire nelle mani della criminalità organizzata».

Nella lettera è citato anche Pietropaolo

«Mi hanno onorato di una citazione – dice con ironia il professore – , hanno detto che non c'è più opposizione». L'anonimo "informatore" ha citato anche il consigliere di minoranza accusandolo – falsamente – si essere passato in maggioranza, al fianco del sindaco. In realtà, il rapporto tra Pietropaolo, che si dichiara di sinistra, e il primo cittadino, schierato con Forza Italia, è tutt'altro che rose e fiori. L'illazione nasce dal fatto che nel novembre scorso, Macrì ha affidato a Pietropaolo la delega alla Pubblica Istruzione. La decisione non è piaciuta a molti cittadini, che l'hanno interpretata come un "tradimento" da parte del consigliere. E' cominciata così una vera e propria campagna di denigrazione, sfociata in pesanti insulti e minacce di morte. Così a gennaio Pietropaolo ha rimesso la delega, atto non ancora ratificato. «Ringrazio il sindaco che mi aveva affidato l'incarico unicamente in ossequio alle mie competenze, ma ho accettato solo per spirito di servizio nei confronti della città, non mi importa chi mi ha affidato l'incarico».

La questione "porto di Tropea"

A dimostrazione che tra Macrì e Pietropaolo non scorra (politicamente) buon sangue, c'è anche uno scontro tra i due dopo una nomina. «Sin dal primo momento – afferma Pietropaolo – ho dichiarato l'inopportunità che il sindaco affidasse la presidenza del porto all'avvocato Sandro D'agostino, perché proviene (ricopriva il ruolo di presidente, ndr) dal consiglio comunale sciolto per presunte infiltrazioni mafiose». Poi conclude: «La gestione del porto è da considerarsi quanto meno insufficiente, non mi pare che sia brillante».

N.B. A poche ore dalla pubblicazione del nostro articolo, il professore Massimo Cono Pietropaolo ha informato la redazione di Fanpage di aver rassegnato le dimissioni anche dall'incarico di consigliere comunale. 

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