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Cayo Blanco di Sottomarina riapre e respinge le accuse: “Non siamo uno stabilimento razzista”

Il Cayo Blanco di Sottomarina ha riaperto. Ieri il Tar aveva respinto la richiesta di sospensione del provvedimento di chiusura emesso dal questore di Venezia ma oggi, con un nuovo decreto, ha disposto che il locale al centro di una vicenda di razzismo può riaprire. Il post su Facebook: “Siamo tornati”.
A cura di Susanna Picone
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Il Cayo Blanco di Sottomarina riapre i battenti. La terza sezione del Tar del Veneto questa mattina ha revocato il proprio decreto di rigetto della richiesta di sospensiva del provvedimento di chiusura dello stabilimento balneare che nei giorni scorsi era stato chiuso per una serie di episodi avvenuti tra l’estate scorsa e le ultime settimane. I giudici amministrativi hanno preso atto delle istanze presentate dalla proprietà del locale il 13 agosto. Il Cayo Blanco, uno dei locali più noti di Sottomarina, era stato chiuso per 15 giorni dal questore per un episodio di razzismo: un diciottenne italiano aveva denunciato di essere stato respinto all'entrata perché di colore. Il gestore del locale sin da subito si era scusato col ragazzo dicendosi estraneo all’episodio e dando la colpa agli addetti alla security e aveva presentato ricorso, respinto due giorni fa dal Tar. È stato poi inoltrato un nuovo ricorso d'urgenza, facendo presente il danno "grave ed irreparabile" che sarebbe derivato al locale da una chiusura imposta proprio nei giorni di Ferragosto e questa volta il Tar ha accolto le ragioni del gestore.

“Siamo tornati”, il post apparso subito dopo la decisione del Tar su Facebook. “Gli eventi già organizzati ci sarebbero costati 60.000 euro, senza contare i fornitori che sono altri 280.000 euro e i dipendenti che ho continuato a pagare nonostante non fossimo aperti”, ha spiegato Fabio Damian ribadendo che il Cayo Blanco non è uno stabilimento razzista. Il tribunale amministrativo ha considerato anche che il provvedimento di sospensione ha già avuto esecuzione per circa la metà della sua durata, sottolineando anche “la recente dissociazione della gestione dall’operato degli addetti alla sicurezza dipendenti da altra impresa, e questo ridimensiona la risonanza pubblica degli episodi contestati ed i rischi di pericoli per l’ordine e la sicurezza pubblica connessi all’esercizio”.

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