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Processo sulla morte di Stefano Cucchi

Caso Stefano Cucchi, la procura impugna condanne ai carabinieri: “Non vanno concesse attenuanti”

La procura di Roma ha deciso di impugnare la sentenza del novembre scorso con cui i giudici della Corte d’Assise hanno condannato i due carabinieri Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo a 12 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale di Stefano Cucchi. Ilaria Cucchi: “Non posso che essere d’accordo”.
A cura di Enrico Tata
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Stefano Cucchi
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I carabinieri Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo sono stati condannati a 12 anni di carcere per l'omicidio preterintenzionale di Stefano Cucchi. Il maresciallo Roberto Mandolini, comandante della stazione Appia dove venne portato e picchiato Cucchi, è stato condannato a 3 anni e 8 mesi per aver manomesso le relazioni di servizio per proteggere i suoi sottoposti. Oggi la procura di Roma ha impugnato la sentenza di condanna della corte d'Assise di Roma perché, questo il parere dei pm, non è stato giusto riconoscere le attenuanti agli imputati. La sentenza è arrivata a novembre del 2019, dopo dieci anni esatti dalla morte di Stefano Cucchi.

Ilaria Cucchi: "Non posso che essere d'accordo"

"Non posso che essere d'accordo con la procura", ha commentato Ilaria Cucchi. A ottobre, nella sua requisitoria, il pm Giovanni Musarò aveva chiesto la condanna degli imputati definendo le loro pene "non esemplari ma giuste". Aveva chiesto 18 anni di carcere per Di Bernardo e D'Alessandro, e 8 anni per Mandolini.

"Non si tratta di un processo all'Arma dei carabinieri anche se nella vicenda Cucchi i depistaggi hanno toccato picchi da film dell'orrore. Questo è un processo contro cinque esponenti dell'Arma dei Carabinieri che come altri esponenti dell'Arma oggi imputati in altro procedimento penale, violarono il giuramento di fedeltà alle leggi e alla Costituzione, tradendo innanzitutto l'Istituzione di cui facevano e fanno parte", disse il 3 ottobre il pm nell'aula bunker del carcere di Rebibbia. Quello a Stefano Cucchi fu "un pestaggio violentissimo in uno stato di minorata difesa. Sono due le persone che lo aggrediscono. Colpito quando era già a terra con calci in faccia, di questo stiamo parlando. La minorata difesa deriva dal suo stato di magrezza. Venne fatto passare per un sieropositivo e tossicodipendente in fase avanzata, nulla era vero. Stefano Cucchi stava bene prima del pestaggio, ma altro venne fatto credere al Paese, insieme alle accuse agli agenti della polizia penitenziaria".

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