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“Cara” Bologna: affitti sempre più alti e pochi immobili sul mercato, trovare casa è un’odissea

Col boom di turisti negli ultimi anni, molti proprietari preferiscono usare gli immobili per affitti brevi e per chi cerca un tetto è sempre più difficile riuscirci.
A cura di Beppe Facchini
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Trovare casa a Bologna sta diventando davvero un'impresa impossibile per tantissime persone. Famiglie, ma anche giovani, sia studenti che lavoratori, alla ricerca di un immobile o semplicemente di una stanza da affittare nel capoluogo emiliano, stanno infatti facendo i conti da qualche anno con un mercato che ha visto ridursi drasticamente la disponibilità di immobili in città per diversi motivi. Uno su tutti, un vero e proprio boom turistico cominciato già nel 2019 (+46% di arrivi dal 2013) e ripreso a spron battuto già dopo il primo lockdown, che ha convinto una grandissima fetta di proprietari ad affittare i propri immobili solo per brevi periodi o a trasformarli direttamente in bad & breakfast. Il centro storico, i monumenti e portici bolognesi, oltre alla cucina tradizionale emiliana, non sono gli unici motivi dell'aumento di turisti in città, ma è anche la posizione strategica di Bologna, a circa un'ora da altre importanti mete per i viaggiatori, soprattutto stranieri, a renderla attrattiva. “Molti proprietari, alla ricerca di un reddito più sicuro, si sono quindi lanciati in affitti turistici, tanto è vero che per la prima volta sono sorte tante società che fanno questo di mestiere: prendono in locazione degli immobili e poi li affittano ai turisti, garantendo al proprietario un certo canone” spiega a Fanpage.it Enrico Rizzo, presidente di Asppi Bologna, l'associazione sindacale dei piccoli proprietari di immobili.

Decidendo di locare appartamenti in questo modo, i ricavi sono certamente maggiori, oltre che più sicuri: non ci sono rischi di morosità e, qualora ne voglia tornare in possesso, il proprietario può farlo in qualsiasi momento. Rizzo, però, ritiene che la situazione attuale sia anche il risultato di “una mancanza da parte dei partiti di politiche sulla casa in questi anni”. Ad esempio, con il blocco degli sfratti introdotto in piena pandemia, “i proprietari si sono ritrovati con conduttori che non pagavano già prima del covid, comportando sfiducia nella locazione dei propri immobili”, prosegue Rizzo. Non solo: la scelta di non affittare più a studenti, nello specifico, è dovuta anche “alle problematiche che questo crea, come ad esempio il subentro di diversi studenti nei contratti, che poi rende molto difficile uno sfratto per finita locazione o per morosità”.

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Con un minor numero di immobili sul mercato, la conseguenza è che quelli che ci sono costano molto di più rispetto al passato, con la richiesta di maggiori garanzie nel momento in cui si stipula un contratto. Una su tutte, la fideiussione bancaria. Lo sanno bene anche Francesca, 21enne studentessa di Chimica alla ricerca di una nuova sistemazione da quattro mesi (“Adesso vivo con altre cinque persone e pago 396 euro per una singola”) e Andrea, 29enne che l'anno scorso si è laureato in Semiotica, in cerca di casa addirittura da luglio scorso. Attualmente condivide una stanza a 240 euro in un appartamento e, in attesa di trovare un'occupazione più stabile, si mantiene con dei lavoretti online. “Bologna ormai fa concorrenza a Milano, pur senza avvicinarsi neanche lontanamente a livello lavorativo -dice-. Sembra che si stia staccando un po' dalla realtà. E se non riesco a trovare casa, non escludo la possibilità di lasciare Bologna: non cerco una casa in centro a cento euro al mese, mi sto tenendo abbastanza largo col budget, ma la situazione è impossibile”. A renderla ulteriormente complicata, è anche la grande selettività che viene fatta per le poche camere a disposizione, con veri e propri “casting” e numerosi paletti posti non solo dai proprietari, ma anche da chi è in cerca di nuovi coinquilini. “Ormai è solo questione di fortuna” dice Francesca, spiegando come la ricerca attiva di una sistemazione venga fatta nella maggior parte dei casi su internet, sia tramite i portali dedicati che su Facebook, dove esistono decine di gruppi per annunci, all'interno dei quali bisogna davvero affrontare una corsa contro il tempo per essere i primi a rispondere per assicurarsi almeno una possibilità di trovare un tetto sulla propria testa, anche in pessime condizioni o a prezzi esorbitanti o addirittura senza regolare contratto. “Ho visto case condivise con altre quattro persone, con un solo bagno e senza salotto anche a 600 euro al mese -racconta ancora Francesca-. E la cosa che più mi preoccupa è che prezzi del genere sono comunque competitivi. Cioè c'è gente che li paga, li accetta, e quindi i proprietari continuano ad alzarli”.

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Secondo l'ultimo rapporto di SoloAffitti, una delle principali aziende di consulenza, gestione e tutela della rendita immobiliare, Bologna è attualmente la quarta città più cara dietro Milano, Roma e Trento. E in questo contesto, diverse società private, anche straniere, stanno investendo con la creazione di studentati anche di lusso, con tariffe non proprie per tutte le tasche. Uno di questi, è il The Student Hotel di via Fioravanti, inaugurato un anno fa da una catena olandese in un'area dove in passato, all'interno di uno stabile per molto tempo abbandonato (ex Telecom) c'era anche stata un'occupazione di famiglie indigente, poi sgomberate dalla polizia nel 2015. “Posti come questi sono un po' il simbolo di un modello di città che si sta andando a costruire” spiega Isa Gigliotti del collettivo Split, Spazio Per Liberare Il Tempo. L'anno scorso, poco prima dell'inaugurazione, diversi gruppi organizzati di universitari hanno fortemente criticato e protestato contro questo taglio del nastro, richiedendo piuttosto un altro tipo di politiche abitative. “Una doppia costa sui 400 euro e una singola circa 600-700 in su. Poi ci sono palestra, piscina, spazi per studiare -continua Gigliotti-. E la cosa che stupisce, nel momento in cui abbiamo parlato con chi ci vive, è che per tanti di loro è stata l'unica possibilità, perchè dopo mesi di ricerca, si è deciso anche di fare un investimento così gravoso sulle proprie spalle o su quelle delle proprie famiglie pur di non restare senza una casa. Purtroppo il divano dell'amico è comodo fino ad un certo punto” prosegue con ironia (ma non troppo) la studentessa, ricordando inoltre come ci siano state anche in diversi casi rinunce da parte di fuori sede nel trasferirsi a Bologna per gli studi, considerando anche la didattica a distanza ormai divenuta prassi, o di prediligere centri della provincia come ultima spiaggia, con prezzi più bassi ma con tutta una serie di altre questioni, a partire dalle spese per gli spostamenti. “Abbiamo proposto al rettorato di fare in modo che l'università si faccia garante degli studenti che cercano casa -prosegue-. E sappiamo inoltre che in centro ci sono tanti appartamenti vuoti e sfitti che potrebbero rappresentare delle soluzioni”.

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Ne è consapevole anche Emily Clancy, assessora alla casa e vicesindaca di Bologna, in carica con la nuova giunta dallo scorso autunno. “Il Comune deve diventare sempre di più un regista di mercato, cercando di fare incontrare domanda e offerta -spiega-. Purtroppo ci pare che dopo l'inizio della pandemia, gli appartamenti che erano stati sottratti all'accessibilità per famiglie, studenti e lavoratori, perchè messe sulle piattaforme turistiche per alloggi brevi, non stanno tornando in massa alla disponibilità all'affitto: servono leve per convincere i piccoli e i grandi proprietari e il canone concordato, ad esempio, va sempre più promosso e incentivato”. Per questo, assicura Clancy, uno degli obiettivi del mandato è quello di creare “un'agenzia sociale per l'affitto” per far incontrare domanda e offerta, facendo inoltre in modo che il comune diventi anche garante nei confronti di proprietari dubbiosi e preoccupati da eventuali morosità e, “allo stesso tempo, offrire a chi cerca casa alloggi con prezzi giusti, calmierati e accessibili, senza discriminazioni". Ad Amsterdam, continua la vicesindaca, si deciso di ridurre il numero di giorni a disposizione dei proprietari per affitti sulle piattaforme turistiche, ma questo è solo un esempio di cosa si potrebbe fare. Un'altra via da percorrere, infatti, è anche quella di aumentare il patrimonio pubblico, facendo pure pressione sul governo nazionale, per fare in modo che i comuni possano avere maggiori disponibilità di edifici, “perchè ci sono grandi immobili, ad esempio di Cassa Depositi e prestiti, Inpdap, Inps, anche vuoti da tanto tempo, che a un'amministrazione potrebbero essere magari ceduti per fare edilizia sociale o popolare e rispondere al bisogno di abitazioni che c'è nella nostra comunità”, dice ancora Clancy, che conclude, provando a trovare una soluzione alla questione: “Dobbiamo intercettare fondi, ristrutturare il patrimonio che abbiamo e pian piano aumentarlo”.

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