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Cannabis, fioccano multe da 8mila euro ai farmacisti per “pubblicità di sostanze stupefacenti”

Parlare di cannabis medica, se sei un farmacista, può rappresentare un reato. Il ministero della Salute ha multato le farmacie per pubblicità indiretta di sostanze stupefacenti perché erano tra gli elenchi di motori di ricerca che mostravano la loro disponibilità di cannabis terapeutica. “Mai successo prima per altre sostanze”, commentano i dottori Paolo e Matteo Mantovani della farmacia San Carlo in provincia di Ferrara, tra quelle raggiunte dalla sanzione.
A cura di Mario Catania
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Parlare di cannabis medica, se sei un farmacista, può rappresentare un reato. E’ l’ennesimo paradosso a cui si assiste nei confronti di questa pianta, dopo le multe da oltre 8mila comminate a diverse farmacie che dispensavano cannabis. Il ministero della Salute ha multato le farmacie per pubblicità indiretta di sostanze stupefacenti perché erano tra gli elenchi di motori di ricerca che mostravano la loro disponibilità di cannabis terapeutica, una "promozione" vietata dalla legge sugli stupefacenti, la 309 del 1990, che appunto proibisce di fare pubblicità, anche indiretta, a questo tipo di sostanze.

La cosa che aveva lasciato basiti diversi esperti e professionisti del settore, è il fatto che, ad esempio, ci siano da anni centinaia di farmacie che sono presenti in motori di ricerca del tutto simili nei quali vengono indicate le scorte di morfina e oppiacei, ad esempio, sostanze stupefacenti molto più pericolose della cannabis, senza che nessuna multa sia mai stata comminata. “Mai successo prima per altre sostanze”, avevano infatti commentato i dottori Paolo e Matteo Mantovani della farmacia San Carlo in provincia di Ferrara, tra quelle raggiunte dalla sanzione.

Intanto alle farmacie è stato inviato un nuovo richiamo ufficiale d Federfarma. "Noi oggi – precisa Matteo Mantovani – per quanto riguarda l'informazione nuda e cruda su internet, e quindi far vedere le analisi degli estratti o parlare delle preparazioni galeniche che effettuiamo, da quello che si evince dalla circolare, non possiamo più farlo perché equivarrebbe a fare pubblicità. Su Facebook o sul sito non si può più parlare di cannabis, il rischio è quello di commettere un reato".

I dottori Matteo e Paolo Mantovani
I dottori Matteo e Paolo Mantovani

E a rimetterci saranno solo i pazienti; nonostante la cannabis a livello medico sia legale ormai da diversi da diversi anni sono in molti ad incontrare ancora diverse difficoltà nell’accedere alla terapia, sia per una percezione culturale ancora distorta del fenomeno, sia perché ancora oggi è un argomento poco noto ai medici italiani e così diversi farmacisti, che da anni dispensano e preparano la cannabis e i suoi derivati, erano diventati un ponte tra medico e paziente nell’ottica di portare avanti nel migliore dei modi i diversi piani terapeutici. “Nonostante su internet si faccia molta confusione ed il rischio è quello di far passare informazioni imprecise e fuorvianti, io non posso parlare di un farmaco, siamo a questi livelli”, sottolinea Mantovani. "Noi siamo comunque a disposizione di tutti i medici che ci chiamano o ci scrivono: continueremo a dar loro informazioni corrette in privata sede".

Il problema è che queste restrizioni contribuiscono a creare il caos. Già è complicato trovare un medico che la prescriva, poi, una volta ottenuta la ricetta inizia il calvario per poter capire in quale farmacia approvvigionarsi.

Dopo la multa di un anno fa erano stati presentati i ricorsi ai quali non c’è stato, per ora, alcun seguito. “Un farmacista, per l’interpretazione della legge 309 del 1990, per quanto riguarda l’informazione su internet non può parlare della propria attività riguardo la cannabis medica perché sarebbero considerate come pubblicità – precisa il dottor Matteo Mantovani – nonostante J-AX possa ad esempio promuovere la propria cannabis light, che è un prodotto non ad uso umano venduto senza alcun tipo di controllo e senza alcun valore medico. Inoltre si fa riferimento ad una legge che è stata emanata quando in Italia la cannabis non era legale dal punto di vista medico ed i farmacisti dovrebbero avere la possibilità di dire che cosa fanno e come la fanno: fare pubblicità o informazione a livello medico sono due cose completamente diverse”.

Per il futuro la richiesta è semplice: "Chiediamo leggi chiare per poter avere la possibilità di lavorare in maniera adeguata nell'interesse della corretta informazione scientifica, ma soprattutto dei pazienti".

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