Camionista si uccide dopo schiaffo in pubblico: “Manager chiese alla famiglia di non parlare del suicidio ai colleghi”

Si è tolto la vita nel marzo del 2023 il camionista di 60 anni che lavorava per una nota azienda di logistica, la Af Logistics, oggi al centro di un fascicolo d'inchiesta per omicidio colposo nel quale sono iscritti i nomi dell'amministratore della società e del responsabile dell'ufficio di Rivalta che organizzava i turni. Prima del gesto inconsulto, come racconta la legale Pellerino a Fanpage.it, un altro tentativo di togliersi la vita tramite l'assunzione di farmaci.
"È avvenuto subito dopo Natale – ha spiegato l'avvocata che oggi segue la famiglia del lavoratore -. Già durante le feste aveva mostrato segni di malessere. Parliamo di una persona che amava il buon cibo e la compagnia. Durante quelle festività era rimasto sempre sulle sue, non mangiava e passava il tempo a dormire. Si sfogava con il figlio sulle sue condizioni lavorative, lui stesso aveva assistito a delle telefonate durante le quali l'uomo chiedeva un alleggerimento degli orari. Quella volta era stato salvato per poco, poi però nel marzo del 2023 si è verificata la tragedia".
L'uomo, secondo quanto appurato anche nel corso delle indagini, soffriva di crisi di panico e stress dovuti alle durissime condizioni di lavoro. Il 60enne sarebbe stato infatti costretto a saltare i riposi previsti dalla legge tra un viaggio e l'altro, con turni che si estendevano anche al sabato. "Poi c'è stato l'episodio dello schiaffo davanti ai colleghi – ha ricordato la legale Pellerino – che ha segnato una tragica svolta nella vicenda". Il camionista aveva infatti chiesto turni di lavoro più leggeri.
"Il settore della logistica – ha sottolineato la legale – è uno di quelli più soggetto allo sfruttamento. In questo caso anche i sindacati avevano denunciato maltrattamenti da parte dello stesso manager locale della società e veniva chiesto di rimuovere questo responsabile dal suo ruolo. Ancora oggi, a fronte della morte di un lavoratore, non è stato rimosso e neppure è stata aperta un'indagine interna".
Secondo quanto denunciato dalla famiglia del camionista 60enne, gli autotrasportatori erano costretti a saltare pause e riposi finanche con la sostituzione dei cronotachigrafi per il monitoraggio dei tempi di guida. "Tutto questo è stato verificato dall'ispettorato del lavoro – sottolinea l'avvocata -. Ogni giorno questo autista si alzava alle 4 del mattino e rientrava a casa tra le 19 e le 20, anche il sabato. Aveva provato ad opporsi agli orari massacranti, ma nessuno lo ha ascoltato. Quando ha insistito, è stato preso a sberle davanti ai colleghi".
Dopo il primo tentativo di suicidarsi e un periodo di tempo trascorso a casa, l'uomo ha nuovamente cercato di togliersi la vita, questa volta purtroppo con esito positivo. "Quest'uomo non aveva mai avuto problemi di salute se non quelli legati al lavoro. Era molto affaticato e non vedeva via d'uscita per via dell'età e per via della necessità di pagare il mutuo. Una delle condizioni per definire lo sfruttamento del lavoro è proprio lo stato di bisogno".
Secondo quanto spiegato dall'avvocata che tutela la famiglia della vittima, dopo i funerali la società avrebbe chiesto ai parenti del 60enne di non dire del suicidio agli ex colleghi dell'uomo. "Tramite me, la famiglia ha provato a ottenere almeno un risarcimento, sebbene nessun parente volesse lucrare su quanto accaduto – ha continuato l'avvocata -. La moglie di questo camionista ha dovuto vendere la casa e ha una pensione di reversibilità minima. Anche lei ha 60 anni e oggi deve svegliarsi alle 4 del mattino per andare a fare le pulizie. Con le parole, la società si è impegnata al risarcimento ma non vi è mai stata neppure una proposta o una presa di distanza dal rappresentante locale che, stando a quanto risulta dalle indagini, maltrattava i lavoratori".
Sarebbero infatti stati ascoltati tutti i dipendenti della società di logistica e almeno in 12 (molti dei quali dimissionari) hanno descritto un ambiente difficile e pieno di soprusi. "Più di una persona ha raccontato di cronotachigrafi cambiati per non far andare in pausa i camionisti. Dall'azienda non vi è stata alcuna presa di distanza nei confronti del responsabile che sottoponeva i lavoratori a questo trattamento".
"La famiglia non agisce per il risarcimento, sia chiaro. La loro principale preoccupazione è che queste cose possano accadere ancora. La moglie e il figlio di questo camionista desiderano che non vi siano più storie simili e stiamo agendo in questo senso. È stato stralciato il reato di sfruttamento del lavoro, noi riteniamo ci fosse, anche se l'impostazione della Procura resta molto coraggiosa sul profilo dell'omicidio colposo. Aspettiamo di leggere le motivazioni relative allo sfruttamento perché il pubblico ministero dovrà comunque fare una richiesta di archiviazione per il reato. La nostra principale preoccupazione al momento è che vi sia il rinvio a giudizio. Abbiamo saputo proprio oggi dal pm che è stata già depositata e che presto sarà trasmessa al gup".